A cura di don Ezio Del Favero

115 – Dalla neve all’orchidea

Alla fine, chiudendo gli occhi, la dea si trasformò in un fiore bellissimo, tutto bianco, che esprimeva tutta la sua luminosità e il suo cuore tenero.

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Vi era un tempo in cui la terra era popolata da soli spiriti immortali e le montagne si alzavano innevate su tutto il pianeta. Un giorno la neve si sciolse a causa del calore del sole, dando origine a ruscelli e a bellissime cascate. Scendendo dalle montagne e dalle colline, le acque si riversarono nei mari e negli oceani.

Successivamente, ancora una volta a causa del calore del sole, l’acqua evaporò formando le nuvole e creando così una specie di barriera tra il pianeta e il cielo, cosicché l’astro celeste non fu più in grado di inviare i suoi raggi alla terra.

Ma ciò non durò a lungo. Un giorno infatti vi fu un forte acquazzone, col compito di aiutare il sole a sfondare la coltre delle nuvole. Dopo il terribile acquazzone apparve un bellissimo arcobaleno gigante, con i suoi 7 colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.

Sorpresi dal quel singolare fenomeno, gli spiriti immortali che abitavano sulla terra accorsero freneticamente per prendersi un posto sopra l’arco che scintillava di colori diversi. Quando tutti furono accomodati, iniziarono a cantare, a ritmo di danza.

Ma l’arco variopinto non poté sopportare a lungo il peso di quegli esseri danzanti, per cui a un certo punto cedette e crollò. Allora la terra si ricoprì di una pioggia di scintille multicolori: uno spettacolo a dir poco magico! Le scintille variopinte che colpirono gli alberi si trasformarono in fiori di ammaliante bellezza.

Fu così che nacquero le orchidee, che iniziarono a moltiplicarsi, rendendo splendida la foresta.

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La parabola di origine Maori (raccolta in Nuova Zelanda), con la fantasia e la poesia tipiche delle popolazioni semplici che vivono a stretto contatto con la natura, spiega l’origine di un bellissimo fiore i cui petali hanno un profumo straordinario e una forma elegante, quasi regale. Presso i Maori, ma anche presso altre popolazioni in tutti i continenti, la bellezza dell’orchidea ha attirato molta attenzione, al punto che essi hanno iniziato ad associarvi segni e superstizioni. Ad esempio, ritengono che la Phalaenopsis (orchidea molto comune, il cui nome dal greco significa “che ha l’aspetto di farfalla”) esalti la bellezza e il fascino femminili, mantenga il benessere nella propria dimora, protegga dagli spiriti maligni, carichi di energia positiva e altro. In alcuni testi di magia la Phalaenopsis è elencata come ingrediente in diverse pozioni assieme ad ambra grigia, miele, muschio, testicoli di gallo, code di lucertole e mandragora.

L’orchidea è nota agli studiosi da oltre 3.000 anni. Ma sarebbe apparsa nel tardo Cretaceo. A conferma di ciò, è stata rinvenuta un’ambra (di circa 15-20 milioni di anni fa), in mezzo alla quale vi era un’ape con un pollinarium (insieme di due o più pollinodii, strutture presenti nelle Orchidacee formate da granuli di polline agglutinati).

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In un’altra parabola – raccolta tra gli Indios dell’Amazzonia – si racconta: «Una volta gli dei vivevano sulla terra. La dea Orchidea si distingueva tra loro per la sua bellezza speciale. Nata dall’amore del dio dell’onestà e della dea della gioia, vedeva ogni cosa sulla terra con occhi luminosi e cuore tenero. Alcuni dei la condannarono per la sua incapacità di notare il male e l’oscurità nel mondo. Si dicevano: «Orchidea non è intelligente, manca di saggezza!». Ciò diede origine a una grossa discordia tra gli dei, che si divisero in due gruppi, alcuni dalla parte della giovane dea, altri suoi nemici che divennero addirittura una minaccia per la sua vita.

Il dio delle arti, di nome Archie, era innamorato di Orchidea. Essa lo aveva conquistato per la sua bellezza, ma la loro visione della luce era ben diversa. Secondo il dio, l’arte sarebbe stata impensabile senza ombre; per la giovane dea, secondo la sua visione estremamente positiva e luminosa, nessun’ombra sarebbe dovuta esistere. Per Archie, la visione della dea rischiava di essere nociva per le sue forme artistiche, che sarebbero state penalizzate senza ombre: una minaccia per il suo operato, addirittura per la sua esistenza. Per cui perse la ragione e un giorno rapì la giovane dea. Per questo, il dio delle arti fu severamente punito dal grande Consiglio degli dei. Esso fu cacciato dal mondo degli esseri immortali e Orchidea fu condannata all’eterna ricerca di un amante. Alla fine, chiudendo gli occhi, la dea si trasformò in un fiore bellissimo, tutto bianco, che esprimeva tutta la sua luminosità e il suo cuore tenero.

Guy de Maupassant: «Orchidee: esseri prodigiosi, inverosimili, figlie della terra sacra, dell’aria impalpabile e della calda luce».