A cura di don Vito De Vido (6ª domenica del tempo ordinario - anno A)

Come essere davvero felici

Come possiamo pregare per la pace, se non riusciamo neppure a rivolgerci agli altri senza alzare la voce?

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Ci troviamo riuniti attorno a Gesù sul monte, insieme ai suoi discepoli. Gesù riprende alcuni tra i comandamenti che Dio ha dato a Mosè sul monte Sinai. Egli dice di non essere venuto a cancellare neppure una virgola di quel che fu scritto, ma dà una letture diversa dei comandamenti. La novità sta in quel ritornello ripetuto più volte: «Avete inteso che fu detto…, ma io vi dico».

Gesù desidera che i suoi discepoli vadano oltre all’osservanza solo esteriore dei comandamenti e della Legge. Egli ci chiede di avere un cuore nuovo, rinnovato secondo il suo: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore». Avere un cuore che ama oltre ogni misura, al di là del “ho fatto quel che potevo, di più non posso e non voglio”.

Non basta non uccidere. Occorre distruggere nel nostro cuore anche la volontà di uccidere, di far del male e di ferire l’altro, anche solo con le parole offensive. La fiamma del Vangelo purifica i nostri desideri di odio e di vendetta, che non ci portano soltanto a ripudiare l’omicidio, ma anche solo a pensare di ferire il nostro prossimo con parole violente. Vediamo come siamo lontani da questa parola evangelica!

Quanto spesso il mondo nei discorsi di ogni giorno, nei film, perfino in programma per i più giovani siano ricchi di violenza e di spirito di rivalsa. Respiriamo violenza verbale ogni giorno, attorno a noi e a volte anche nelle nostre case, nelle nostre famiglie. Come possiamo pregare per la pace, se non riusciamo neppure a rivolgerci agli altri senza gridare, alzare la voce, inveire con male parole chi ci sta accanto? Possiamo dire che siamo stati offesi, che un po’ di ragione ce l’abbiamo?

Ma Gesù ci chiede di non entrare in contesa, di non trascinarci fino davanti al giudice. Sappiamo che per cercare la pace si deve essere in due. Nessuno riesce a fare pace da solo, occorre che uno tenda la mano verso l’altro. E Gesù ci chiede di essere coloro che tendono la mano per primi. E di non respingere coloro che ci chiedono perdono. In questo Gesù è campione di perdono: chi più di lui ci ha dimostrato con i fatti e non a parole di saper perdonare? «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno», ripete a Dio, mentre gli trapassano mani e piedi con i chiodi. O ti sei allenato tutta la vita a perdonare, o non riesci mica a dirlo all’ultimo minuto…

Anche nei rapporti di coppia Gesù chiede di saper perdonare, di saper compatire, di saper accettare l’altro per quello che è e non cercare il modo per liberarsi di quel legame. Anche questo punto è difficile: perché chiede di lavorarci sempre, ogni giorno, di saper trasformare un cuore che si chiude davanti alle ferite, ad un cuore che nonostante le ferite sa aprirsi ancora una volta all’amore. Anche qui Gesù ci è d’esempio: «Quante volte ho voluto abbracciarvi come fa la chioccia che accoglie i suoi pulcini sotto le sue ali, e voi non avete voluto!». Il Cuore di Gesù è un cuore ferito dal rifiuto, ma che continua ad amare e desiderare di aver vicini anche coloro che lo tradiscono. «Amico» – dice a Giuda – «con un bacio mi tradisci?». E converte Pietro fino alle lacrime con un semplice sguardo al canto del gallo.

La nostra parola deve essere semplice, chiara, che non dia adito a fraintendimenti. Quante parole vuote nei nostri discorsi, quanti complimenti se non insinceri, comunque dettati dalla convenienza o dal tornaconto… il parlare del cristiano è come quello del Maestro: “sì” e “no” senza mutismo, senza impazienza o mancanza di carità. Parlare chiaro, limpido, con parole d’amore è quello che Gesù ha fatto. Al cristiano non occorrono giuramenti, perché la sua caratteristica è la sincerità, la verità, la parola onesta, gentile, ma anche ferma, giusta, che sa guidare le scelte nella famiglia, nel rapporto con gli altri, nella società.

Saper rinunciare anche a parte di sé (occhio-mano) è richiamo a non lasciarsi governare dalle passioni che potrebbero portarci lontano dal Vangelo e lontano da Gesù. Se non sappiamo governare pensieri, sguardi, azioni secondo l’esempio che Gesù ci ha insegnato, non dobbiamo dire “non sono capace”, ma chiederci: “Dove posso lavorare su me stesso per non cadere in tentazione? Che cosa mi allontana dal mio Maestro?”

Non sempre risulta facile fermarsi a riflettere, ma ci fa bene ogni tanto chiederci: “queste azioni, questi pensieri, mi portano verso la vita vera, o verso il fallimento? Verso la tristezza? Dove c’è più gioia? Nel donare se stessi a Dio e agli altri, o nel pretendere di prendere e impossessarsi delle cose e degli altri?”.