Abbiamo chiesto, nella colletta d’inizio, una cosa più grande di noi: «Fa’ che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni». È quell’avverbio “costantemente” che ci spaventa, perché significa sempre, assiduamente, senza tentennamenti. Data la nostra incapacità, ci servono allora tutti i richiami, le segnalazioni della fede che dice al credente: “la tua destinazione è il cielo”.
1. La festa dell’Assunzione di Maria è una di queste segnalazioni forti; e dovrebbe essere di efficacia immediata. Assunta al cielo, infatti, vuol dire che Dio le ha dato subito quello che ogni creatura umana si aspetta dopo la prova di fedeltà superata nell’esistenza terrena. Il cielo, chiaramente, non è un luogo, ma uno stato; è la comunione senza diaframmi con la vita stessa di Dio; è il frutto maturo di quanto si semina nella fatica quotidiana; è la pienezza di ciò che è stato avviato. Ci uniamo anche noi al canto di Maria che loda l’iniziativa generosa del Signore; e la nostra lode la onora.
2. Questa festa riapre la nostra mente e il nostro cuore a un’altra prospettiva: oltre alla terra, il cielo. Alzando gli occhi verso Maria assunta in cielo vediamo, in piena luce, quel che rimane (e, dunque, ciò che vale) di questa nostra esistenza, dopo che la morte vi avrà posto fine. In un certo senso possiamo dire: tutto. Il corpo, il corpo di una donna, di una madre, soprattutto, tiene come scolpita in sé tutta un’esistenza: gioie, ferite, emozioni, paure, illusioni… Nel corpo di Maria è rimasto certamente il freddo della notte di Betlemme, al pari del dolore straziante del Calvario, il contatto gelido con il cadavere del Figlio, adagiato senza vita nel suo grembo. E poi: lo stupore, nei suoi occhi e nel suo cuore, nel ritrovarlo vivente.
3. Maria non si è data niente di suo, e proprio per questo ha potuto ricevere in pienezza. La glorificazione del suo corpo, allora, altro non è che il dono finale, il completamento. Vien da pensare: non poteva che andare così. Certo: questo è un privilegio: la Madonna ha superato e supera qualunque personaggio storico, le è successo quello che non è ancora successo a nessuno, o meglio quello che è successo soltanto a Cristo, e ne avanza! San Giovanni Damasceno, già nella certezza che Maria non era semplicemente “morta” come tutti, ma che ha fatto l’esperienza dolce del passaggio, osa immaginare così il suo transito:
«Verosimilmente arrivò il Re presso sua Madre per accogliere, con le mani divine e incorrotte, la sua anima santa, incontaminata e senza macchia. Ed ella, verosimilmente, disse: “Nelle tue mani, Figlio mio, consegno il mio spirito”. Accogli la mia anima, a te cara, che hai conservato irreprensibile. A te, e non alla terra, affido il mio corpo, custodiscilo intatto, tu che ti sei degnato di abitarlo e, nascendo, l’hai conservato vergine. Portami accanto a te, affinché dove sei tu, frutto delle mie viscere, sia anch’io, nella tua stessa dimora» (san Giovanni Damasceno).
Il seme della Pasqua è inesorabilmente presente nella nostra persona.