Più volte in questi ultimi mesi sono stati convocati a Roma i referenti diocesani per il Cammino sinodale delle Chiese italiane. Incontri molto arricchenti e nello stesso tempo piuttosto faticosi per i ritmi di lavoro. Nell’ultimo incontro – 25-26 maggio – si è avvertito un cambio di passo, anche nei segni: non capita spesso di partecipare a una celebrazione con tutti i vescovi italiani, radunati nella Basilica Vaticana alla vigilia della Pentecoste. Di seguito nell’aula Paolo VI, l’incontro con papa Francesco: 200 vescovi e 330 referenti insieme al Vescovo di Roma, primate d’Italia.
L’incontro con papa Francesco
Nel suo breve saluto il Papa ha ricordato che «questo cammino è cominciato 60 anni fa, quando San Paolo VI, alla fine del Concilio, si è accorto che la Chiesa in occidente aveva perso la sinodalità». E alle Chiese italiane ha affidato quattro consegne: la prima, «continuate a camminare»; in secondo luogo, «fare Chiesa insieme», precisando: «Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di sentirsi corresponsabili». Nella terza consegna – «essere una Chiesa aperta» – il Papa ha cominciato a staccarsi dal testo scritto, riscaldando di passione le sue parole.
«Dovremmo domandarci quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito ed è arrabbiato con la Chiesa. Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi. Ricordate questo, chiamate tutti: giusti, peccatori, sani, malati, tutti, tutti, tutti…».
In realtà, l’aggettivo “tutti” è risuonato dodici volte nella sala Nervi; poi il Papa ha aggiunto la sua preoccupazione per comunità cristiane che si mostrano «un po’ troppo autoreferenziali. E l’autoreferenzialità è un po’ la teologia dello specchio: guardarsi allo specchio, maquillage, mi pettino bene… È una bella malattia questa, una bella malattia che ha la Chiesa: autoreferenziale, la mia parrocchia, la mia classe, il mio gruppo, la mia associazione… Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di “neoclericalismo di difesa” – il clericalismo è una perversione, e il vescovo, il prete clericale è perverso, ma il laico e la laica clericale lo è ancora di più». Quindi la quarta consegna: «essere una Chiesa “inquieta” nelle inquietudini del nostro tempo».
Infine una battuta che ha sorpreso e divertito i presenti: dopo aver citato il passo in cui Basilio Magno definisce lo Spirito Santo come «armonia» – per dire che il lavoro del Sinodo non è opera nostra, ma è nelle mani dello Spirito Santo – il Papa ha soggiunto: «Quando sono entrato uno di voi mi ha detto un’espressione molto argentina, che non ripeto, ma ha una bella traduzione in italiano, che forse lui dirà… Una cosa che sembra disordinata». Ha ricordato l’evento della Pentecoste: «Quella mattina era peggio! Disordine totale! E chi ha provocato quel “peggio” è lo Spirito: Lui è bravo a fare queste cose, il disordine, per smuovere… Ma lo stesso Spirito che ha provocato questo ha provocato l’armonia… Non bisogna avere paura quando ci sono disordini provocati dallo Spirito; ma averne paura quando sono provocati dai nostri egoismi o dallo Spirito del male».
Al lavoro per i passi futuri
Dopo un momento conviviale per festeggiare il 65° compleanno del vescovo Renato, è venuta l’ora di confrontarsi con i referenti delle altre diocesi italiane. In un intreccio con l’Assemblea dei vescovi, il Comitato nazionale e l’assemblea dei referenti, in questi mesi si stanno elaborando le Linee guida per la “fase sapienziale”, che costituiranno il passaggio tra il biennio dell’ascolto (2021-2023) e la cosiddetta “fase profetica”. Questo strumento sarà presentato al Consiglio Permanente della CEI l’8 luglio: accompagnerà la fase di discernimento, passo successivo del Cammino sinodale italiano.
«La sfida è quella di intrecciare il vissuto diocesano con le riflessioni nazionali, in una circolarità virtuosa che valorizzi l’apporto locale, arricchendolo con il contributo di esperti e di rappresentanti del mondo ecclesiale, sociale e culturale». La rete dei referenti diocesani, che costituisce la grande novità dei primi due anni di ascolto, continuerà a operare con il neonato Comitato Nazionale e con i Vescovi: «Con questa metodologia, tutte le componenti del popolo di Dio avranno voce e saranno partecipi delle scelte condivise che verranno prese nella “fase profetica”».
L’assemblea è stata aperta dal cardinal Matteo Zuppi, presidente della CEI, che ha sottolineato: «La Chiesa in Italia è viva. Non esercitiamo un ruolo, ma siamo una casa: abbiamo davanti un grande sforzo missionario». Gli ha fatto eco monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, che ha offerto un’illuminata sintesi del percorso che i dieci anni del pontificato di Francesco hanno fatto compiere alla Chiesa universale nell’orizzonte della sinodalità. «Se il concilio Vaticano I aveva sancito il primato del Papa, il concilio Vaticano II richiamò la collegialità dei vescovi; ora il Sinodo allarga l’orizzonte su tutto il popolo di Dio; è la nota dinamica ecclesiale: uno, alcuni, tutti».
Nell’incontro di Roma i referenti diocesani hanno lavorato in 36 tavoli di lavoro, per individuare i temi principali, emersi dalle sintesi diocesane (anno 2021-2022) e dai “Cantieri di Betania” (2022-2023), che sono stati racchiusi sotto cinque “costellazioni tematiche”: «1. La missione secondo lo stile di prossimità; 2. I linguaggi, la cultura, la proposta cristiana; 3. La formazione alla fede e alla vita; 4. La corresponsabilità; 5. Le strutture». Per la Chiesa italiana è arrivata l’ora di «attivare un discernimento operativo», che sarà la fase sapienziale del cammino sinodale, con una convinzione: «Sarebbe inutile e frustrante continuare a ripetere che la realtà non è più quella di prima…, se non si riuscissero a individuare i passi da compiere, i ponti da costruire con pazienza ma con decisione».
Se l’immagine dei cantieri comporta l’idea di sporcarsi le mani, quella delle costellazioni dice un’apertura di ampi orizzonti, ma anche la ricerca di un orientamento per il cammino della Chiesa.
Giulia De Pra e don Davide Fiocco
referenti diocesani per il Cammino sinodale