A cura di don Roberto De Nardin (3ª domenica di Avvento - Anno B)

Dio c’è, ma non sono io!

La vera gioia infatti sta nel riconoscere che il Salvatore della nostra vita non siamo noi

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

«Dio c’è, ma non sei tu. Rilassati!»: è un’espressione celebre, che credo molti di noi hanno sentito. Una maglietta con questa stessa frase qualche anno fa l’ha regalata don Gino Rigoldi, prete milanese, noto cappellano del Carcere minorile “Beccaria”, a un notissimo – a dir poco – politico italiano, di cui ovviamente non menziono il nome. Prima che, con la giusta fregola, ve lo andiate a cercare in rete, è bene comunque sapere come questa medesima T-shirt starebbe bene addosso a moltissimi di noi, me compreso. «Rilassati: Dio c’è… ma non sei tu» – “che gioia!”, mi viene da aggiungere, davvero! Ma acquisire la consapevolezza di una tale gioia non è così semplice, c’è un cammino da fare. E una nuova tappa ci è ora offerta in questo splendido tempo di Avvento.

Infatti, è proprio la gioia il leitmotiv di questa III, detta appunto “Gaudéte”. Una gioia che nasce e si sviluppa dalla Parola che ci è donata, sostenuti, ancora una volta, dalla compagnia del nostro Giovanni Battista. Non certo un tipo particolarmente gioioso; all’apparenza, tutt’altro: più inflessibile censore dei costumi, più tonante tromba di conversione che espressione giuliva della letizia evangelica. O almeno, di quella che intendiamo noi, comunemente. La gioia di Giovanni, per cui immaginiamo abbia camminato interiormente tutta la vita, è stata invece la profonda e stabile serenità di sapere, e di testimoniarlo fino alla fine, come il vero Messia della sua vita non fosse lui, pur con la sua vibrante spiritualità, ma un Altro, che doveva venire, dopo di lui.

Giovanni con la propria presentazione “in negativo” ci mostra la sua identità, essenzialmente gioiosa: «Dio c’è, ma non sono io!». La vera gioia infatti sta nel riconoscere, con semplicità di cuore, che il Salvatore della nostra vita non siamo noi; siamo limitata voce che grida, a volte a squarciagola, nei deserti esistenziali di questa vita; e, tuttavia, siamo certi che questa voce non andrà perduta, non sarà dimenticata ma anzi, sempre è e sarà accolta. Ancora di più: essa, pur nella sua fragilità, raddrizza e prepara la via del Signore. Che gioia sarebbe allora pesare il reale valore delle nostre parole, dei nostri gesti, della nostra stessa vita – e quanto di essa resta agli altri nascosta! – proprio come una semplice voce che grida, che vigila, che a volte non è subito accolta ma che, in realtà, sta preparando la venuta del Signore in questo mondo. Senza clamore dei megafoni, senza andare in televisione, senza pensarsi noi i salvatori della nostra vita. Ma come ordinaria possibilità di far conoscere a chi incontriamo cosa significa “amore di Dio”; consapevoli che Egli è alla nostra portata, ci cerca, ci viene incontro, ci chiama per nome. Siamo semplice voce. La sua in noi. Qui sta la vera gioia. «Tu chi sei?» – chiedono i benpensanti conoscitori della loro religione – «Io non sono il Cristo» – risponde l’uomo che ha scoperto la gioia della sua fede. il mondo ha bisogno di sapere; è morboso di facili eroi, di sfavillanti messia, di “mi piace” divinizzati: tutti palliativi che rappezzano le questioni più grosse, tamponano l’asfissia di vivere e non rispondono alla domanda “Chi sono?”. Allora ci aiuti la figura del Battista: gli ci insegna che dove non c’è più gioia, si cerca solo di imporre il proprio “io”. Ma ora è “D-io” che vogliamo incontrare… e – c’è poco da fare – non siamo noi. Per fortuna.