A cura di don Roberto De Nardin

Dio ha tanto amato il mondo

Siamo sollevati nella giusta postura del credere quando vediamo questo amore

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Quante volte, tornando indietro con gli anni, nel periodo dello sviluppo ci si è sentito dire: “Sta’ su dritto con la schiena!”. O qualcosa del genere. Comunque ci è arrivato uno sprone per una postura migliore, un invito a correggere posizioni errate per una crescita regolare e per evitare, crescendo, forti limitazioni e fastidiosi dolori articolari. Questo invito di allora, con i dovuti distinguo, lo vogliamo fare nostro anche oggi; non è per la nostra colonna vertebrale ma per un pilastro di più profondo, che ha a che fare con la vita interiore. “Sta’ su, dritto!” Come la lordosi, la scoliosi e altre deviazioni strutturali possono infatti permanere o aggravarsi per una prolungata posizione errata, così tanti mali spirituali traggono la loro origine da una “postura” di fede deformata, non più allineata col Vangelo. E da questo scompenso può svilupparsi – e fossilizzarsi – un modo di guardare la vita sempre al ribasso, una cattiva comprensione di Dio, delle curvature anomale che accentuano troppo alcuni aspetti non mettendo in giusta luce gli altri, dei carichi inutili e dannosi che portiamo malamente e che alla fine ci sfiancano. È proprio ora di sentirsi dire: “Sta’ su, dritto con la schiena!”

«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo». Nicodemo era un buon uomo, rispettabile, istruito, interiormente predisposto ad accogliere l’annuncio del maestro di Nazareth; eppure si muove al buio, di notte, senza farsi compromettere da ciò che prova; incontra Gesù e si sente fare questo discorso difficile e complesso. In quell’oscurità Gesù esprime un annuncio stupendo che arriva anche a noi, spesso immersi nelle nostre notti… Fa riferimento all’episodio dell’Esodo quando Mosè, per salvare il popolo dal morso di serpenti velenosi, ne innalza su un’asta uno di bronzo perché tutti, alzando gli occhi e guardandolo, possano essere guariti. È una figura, un simbolo che rimanda ad altro: egli stesso annuncia infatti che verrà posto in alto proprio perché chi crede in Lui possa alzare lo sguardo, per trovare in quel segno di condanna, di sconfitta e di fragilità – che è la croce – la Vita vera: quella che rinasce sempre, quella che ci fa nuovi, quella che trova sempre una speranza, quella che pone nell’amore la sua libertà. Straordinario dono che ci preannuncia la Pasqua ormai vicina e ci fa stare su, dritti…

Raddrizzati va bene, ma per vedere cosa dunque? Tutto, come prima; ma da un’altra prospettiva. «Dio ha tanto amato il mondo» – continua Gesù a spronarci in questa quarta domenica di Quaresima. Vediamo un amore che ci precede, che non va inventato, perché c’è già. E lo si può scoprire anche guardandosi intorno, pur nelle enormi contraddizioni di questo mondo, e del nostro stesso cuore. L’evento della salvezza investe infatti tutto il Creato ed è già all’opera e continua il suo inesorabile percorso; agisce sempre per la salvezza e mai per la condanna. «Dio ha tanto amato il mondo». Siamo sollevati nella giusta postura del credere quando vediamo con occhi nuovi e ci accorgiamo che corrispondere a questo amore non significa accollarsi di uno sforzo titanico che poggia sulle nostre già sature spalle o sui nostri fragili piedi d’argilla, deformando la nostra stessa umanità. No, il suo peso è leggero; la bella notizia è proprio che siamo già amati preventivamente da Lui, e che questo amore accompagna sempre noi e il mondo intero. Non ci lascia soli, mai. Che sollievo, che “fisioterapia” dell’anima…che dono credere così! Una postura nuova e corretta ci viene donata e ci permette di dire con gioia insieme a san Paolo: Sì, per grazia siamo stati salvati!

La vicenda narrata nelle Cronache ci ammonisce tuttavia ancora: Il limite rimane e le ferite alle volte sanguinano; il mondo stesso, con la sua folle corse, ci investe di dolore, di guerra di ingiustizia. La nostra stessa fedeltà è minata dal peccato che la può sciupare. Tutto questo è accaduto ad Israele e può accadere anche a noi non è colpa di Dio, è frutto delle nostre scelte. La sua promessa tuttavia non viene meno e, attraverso strade impensate, veniamo rimessi in carreggiata… Continuiamo allora la nostra strada sacramentale verso il centro della nostra fede. La percorriamo con il desiderio di una “schiena dritta”, sostenuti dalla sua Presenza che ci precede e ci accompagna. «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo».