L’orazione colletta di oggi comincia così: «Dio, che hai affidato alla nostra debolezza l’annuncio profetico della tua Parola, sostienici con la forza del tuo Spirito…». Molte volte i cristiani si sentono deboli di fronte al mondo, limitati e contati. Con il nostro Vangelo ci si sente poco significativi e inadeguati. Ecco perché Gesù dice: «Non abbiate paura degli uomini!».
A una certa timidezza di fronte al mondo, si finisce forse per aggiungere anche un atteggiamento di chiusura e di condanna addirittura. Qualcuno ha la sensazione – sbagliata! – che al giorno d’oggi tutti siano atei. Non ci si meravigli allora se i cristiani si trovano un muro davanti, fatto di pregiudizi e altrettante chiusure.
Per correggere l’approccio all’umanità di oggi, e trovare un giusto atteggiamento, è opportuno richiamare alla memoria le parole di san Giovanni XXIII all’apertura del Concilio: «Ci pare di dover dissentire da certi profeti di sventura che annunciano eventi sempre infausti… La Chiesa, sposa di Cristo, preferisca far uso oggi della medicina della misericordia, piuttosto che della severità. La buona Provvidenza ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani». Papa Giovanni aveva il coraggio della chiarezza, come il vangelo dice: Non c’è nulla di segreto che non sarà svelato.
Il vangelo oggi dice che occorre il coraggio di parlar chiaro, il coraggio di gridare il messaggio di Cristo dai tetti, il coraggio di non aver vergogna di Cristo di fronte agli uomini. Impariamo dal Concilio a essere Chiesa che va incontro agli uomini del nostro tempo, che ha stima e fiducia nel mondo d’oggi, accogliendo con amore le persone con tutte le loro storie, i problemi, la loro ricerca… Dio c’è nella loro vita anche senza doverlo nominare in continuazione.
Se il cristiano si mette in dialogo e in missione, non lo fa per un hobby personale, ma perché è mandato. È mandato dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Le difficoltà che il seguace di Gesù incontra sono previste in partenza e sono dovute al fatto che il rifiuto del Vangelo è rivolto a Cristo. Non dimentichiamo che è il Padre che attira a Cristo e apre le porte della fede.
Di fronte a Gesù c’è chi lo accoglie e anche chi lo rifiuta: è sempre stato così. «Il discepolo non è da più del maestro. Il servo non è da più del padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi».
Insomma, chi ha deciso di seguire Cristo non si aspetti un destino diverso. Se per Cristo il destino è la croce, non si meravigli se un po’ di croce tocca anche a lui. La via del Maestro illumina la via del discepolo: essa è storia non di fallimento ma di verità, non di assenza del regno ma di presenza. Cristo è sempre l’accusato nei tribunali di ogni tempo: capita ai suoi seguaci di doverlo difendere e per loro è un onore! «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio».
I motivi che sostengono il coraggio sono:
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- la certezza di essere nelle mani del Padre,
- la certezza di condividere la Croce di Cristo (e insieme anche la risurrezione!),
- la certezza che gli uomini nulla possono fare per toglierci la vita (quella eterna).
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È un coraggio che nasce dalla fede e porta a essere “Chiesa in uscita” per usare il linguaggio di papa Francesco… o, se si vuol usare il gergo calcistico, Chiesa – squadra che gioca in attacco anziché sempre in difesa!
Non occorre andare in giro con molte parole di Vangelo: è importante viverle. Nella missione non occorre far prediche… basta anche solo ascoltare e accogliere le tante storie di ogni esistenza. Tornando all’orazione di colletta: «Dio, che hai affidato alla nostra debolezza l’annuncio profetico della tua Parola, sostienici con la forza del tuo Spirito…».