Il nostro Ufficio Missionario sta raccogliendo le esperienze e le riflessioni dei missionari e delle missionarie bellunesi e feltrini non più giovani, sia ancora in missione che rientrati in Italia, per preparare il nuovo numero della rivista “Notizie”, sul tema “Alla sera della vita”.
Suor Agnese dal Pakistan
Suor Agnese Grones, Missionaria Figlia di San Paolo, è nata a Pieve di Livinallongo nel 1942. E’ stata missionaria in Canada dal 1969 al 1979. Nel 1980 è stata trasferita in Pakistan, dove vive attualmente a Karachi, assistendo i poveri della capitale e gestendo la libreria delle Paoline.
Suor Agnese “alla sera della vita”
«Alla sera della mia vita e dopo 40 anni di missione in Pakistan, mi sento di dire che ho potuto assaporare l’amore di Dio verso di me e la sua presenza tangibile nei momenti difficili del mio cammino. Lui mi chiede di abbandonarmi totalmente. Io cerco di farlo attraverso la preghiera, il silenzio e con la vita tra la gente, essendo testimone del suo amore. Non è quello che facciamo che dà valore alla mia esistenza, ma la mia presenza tra le persone in modo gioioso. Sento la responsabilità verso i giovani di essere esempio di preghiera e amore per la missione. Sono felice di dare ancora il mio contributo alla diffusione della parola di Dio. Infine ringrazio proprio Lui perché è stato mio compagno fedele!»
Padre Aldo dal Paraguay
Padre Aldo Trento, della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, è nato a Faller di Sovramonte nel 1947. In Paraguay dal 1989, ha svolto diverse attività sociali in favore dei bambini della strada e della gente abbandonata. Ha costruito un poliambulatorio, una scuola, organizzato due cooperative (una che raffina e vende il miele del deserto del Chaco e l’altra che fabbrica e vende detersivi). È impegnato non solo nell’ambito parrocchiale, ma nella scuola, nell’ospedale, nelle attività con i campesinos. Porta avanti la clinica per malati terminali, poveri, affetti da AIDS, cancro e una scuola per bambini poveri.
Padre Aldo e il testamento di Adolfina
«Ritornato in Paraguay dall’Italia e dal Portogallo, ho avuto una commossa sorpresa che conferma quanto dice Gesù: “Le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”; o “Se non diventerete piccoli come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”.
Adolfina, una donna di 60 anni, madre di 7 figli e che ha vissuto sulla strada raccogliendo le lattine della Coca Cola e altro, è cosciente che presto morirà. Non ha mai avuto un marito. La sua lunga degenza fra noi è stata felicissima: godeva di tutto, si commuoveva perché poteva fare colazione, il pranzo, la merenda, la cena… Cose che non ha mai saputo cosa fossero, avendo vissuto sempre sulla strada. Adesso con la serenità di un bambino in braccio a sua madre sta preparandosi a morire.
Perciò ha voluto redigere un testamento dicendo a chi lasciava tutto quello che aveva. Dice nel testamento: “Lascio la capanna (però per noi è qualcosa di molto peggio) al mio figlio più piccolo; i soldini ricavati dal lavoro di ricamo nella clinica (saranno 20 euro) una parte al mio figlio piccolo, una parte ai miei amici di malattia e una parte desidero darli al Santissimo Sacramento, il direttore generale della Clinica; e infine l’unico animale domestico che tengo, un’oca, al padre Aldo, perché il 25 di marzo, festa dell’Annunciazione, in cui si inaugura il termine dei lavori strutturali della clinica, possa fare festa in onore della Divina Provvidenza con tutti gli amici”.
Non solo mi sono commosso fino alle lacrime, ma ho pensato ai mille di amici, di famiglie, bambini, giovani che con tanta fatica riescono a vivere e che hanno permesso questo miracolo della clinica nuova, ma anche a coloro che vittime del terribile e odioso potere del denaro (cui avevo chiesto la collaborazione) sono insensibili a Cristo che soffre e muore. Ma non parlo di estranei, parlo di cristiani, cioè di uomini appartenenti a Cristo, a cui mi sono permesso – solo per Cristo e non per me, che “nudo sono nato e nudo morirò”- di chiedere un aiuto perché la lunga fila che aspetta per morire qui, si accorciasse.
Perciò, questa povera donna che ha vissuto sulla strada mi ha lasciato tutto ciò che aveva, lo ha lasciato a Cristo: un’oca. Amici, che schiaffo per me e per ognuno! e ci fa pensare all’obolo della vedova. Grazie a quanti con la loro semplicità e con il loro affetto mi sostengono insieme a padre Paolino in un’opera non voluta in modo assoluto da me, ma sbocciata come un fiore da quell’abbraccio di Giussani, il 25 marzo, festa dell´Annunciazione, in via Martinengo. Anche il regalo di Adolfina, l’oca, è frutto di quella tenerezza».
Edieffe – J.Soccal