«Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca» (papa Francesco)

Dove vanno le nostre parrocchie?

La mappa delle collaborazioni, in cui 158 comunità parrocchiali condividono le aspettative e uniscono le risorse per camminare insieme

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Che cosa sta succedendo alle nostre parrocchie? Che cosa tramano in diocesi? E in fondo dove va la Chiesa intera? È vero quanto papa Francesco diceva nel 2015 a Firenze alle Chiese italiane: «Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca».

I numeri sono numeri

Vale anche per la nostra diocesi e i numeri parlano chiaro. Nel 1974, quando le due diocesi di Belluno e Feltre erano ancora separate, contavamo 193.516 abitanti, suddivisi in 168 parrocchie, con 264 preti diocesani e 66 preti religiosi; nel 1985, con le diocesi ancora separate, gli abitanti erano 195.189, le parrocchie ancora 168 e contavamo 249 preti diocesani, cui ci aggiungevano 52 religiosi. Nel 1993 – dopo la fusione delle diocesi e l’applicazione della revisione del Concordato – le parrocchie erano diventate 158, gli abitanti 184.875, i preti diocesani erano 232, quelli religiosi 51. Nel 2011, invariato il numero delle parrocchie, gli abitanti erano 184.916, i preti diocesani sono 201, i preti religiosi 36. Nel 2023, sempre con 158 parrocchie, gli abitanti dovrebbero essere circa 175.000, i presbiteri diocesani 122, i preti religiosi 7. Riassumiamo il calo dei preti diocesani: 264, 249, 232, 201, 122. Di questi ultimi, la metà ha più di 75 anni.

Ormai le parrocchie che vivono nella situazione “normale” – ideale e idealizzata – di una comunità cristiana con il suo pastore “in esclusiva” sono rimaste nove: Cortina d’Ampezzo, il cui parroco ha 58 anni; Libano, il cui parroco ha 85 anni; Limana, dove il parroco ha 68 anni; Laste, il cui parroco ha 64 anni; Lozzo, il cui parroco ha 77 anni; Meano, il cui parroco ha 74 anni; Paderno, il cui parroco ne ha 76; Salce, il cui parroco ha 49 anni, mentre quello di Vodo ne ha 71.

La storia insegna

Ma non è da cristiani farsi prendere dall’angoscia. Impariamo ad alzare lo sguardo sull’orizzonte e a considerare i tempi lunghi della storia: purtroppo facciamo fatica a ricordare quante cose siano cambiate, sia nella storia della Chiesa, sia nella storia della nostra piccola realtà, che fino al 1986 era fatta di due diocesi. Nella sola diocesi di Belluno fino al 1300 c’erano soltanto 11 pievi; nel 1847 c’erano 42 parrocchie, alle quali Gregorio XVI aggiunse una ventina di comunità del Cadore; nel 1949 le parrocchie erano 87, poi vennero gli anni in cui si fondarono le nuove parrocchie, la più giovane delle quali è quella di San Gervasio a Belluno. Più complicata la storia di Feltre che nel 1585 – come ci ha recentemente raccontato don Claudio Centa sul sito diocesano – contava 90 preti, ma aveva un territorio che arrivava a Pergine e Lavarone. Curioso che nel 1780 nel territorio di Cesiomaggiore ci fosse un prete ogni 216 abitanti. Epoche diverse, numeri diversi, presenze diverse.

Nella sua storia bimillenaria la Chiesa si è sempre dovuta adattare a situazioni nuove. Non facciamo mistero di quei contesti in cui la sua presenza è sparita: per esempio, nel V secolo le Chiese dell’attuale Tunisia e Algeria, che pur avevano vissuto la gloriosa stagione di Agostino, vennero schiacciate dai Vandali ariani e poi azzerate dall’arrivo degli Arabi; o ancora l’attuale Turchia, che fu la culla della Chiesa nascente, con fiorenti comunità, oggi ridotte a esigua minoranza. Ma – evitando atteggiamenti lamentosi e fatalistici – lasciamo risuonare le parole che papa Francesco usò nella medesima circostanza citata: «Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo». Innanzitutto ricordiamoci che la Chiesa è nelle mani di Dio.

La sfida attuale

Ma alla Chiesa di Belluno-Feltre rimane davanti la sfida di adattare la sua vita a una diversa presenza di ministri ordinati e a una maggiore condivisione di forze tra le comunità parrocchiali esistenti. È il lungo cammino che negli ultimi anni ha portato il Consiglio Pastorale Diocesano a elaborare la “Carta d’intenti”, approvata nell’assemblea sinodale del 25 settembre 2021: «Le nostre 158 comunità parrocchiali sentono, con consapevolezza nuova, che è necessario incrociare lo sguardo, condividere le aspettative, raccogliere e unire le risorse per camminare insieme». Poi l’11 novembre 2022, nella ricorrenza di San Martino, venne pubblicato il documento con la Mappa delle collaborazioni: questa non è ancora un dato di fatto, ma è un progetto verso il quale dovranno tendere i nuovi Consigli pastorali parrocchiali recentemente costituiti. Questo progetto non comporta soltanto una razionale distribuzione del clero disponibile, alla luce dei numeri impietosi di cui sopra; si tratta di una condivisione di attività, di iniziative, di forze, nell’obiettivo declamato nella citata “Carta d’intenti”, per cui non devono essere moltiplicate a ogni costo le celebrazioni e le iniziative, ma a ogni costo devono diventare incontro tra “comunità sorelle”, che ritrovano nel mistero celebrato la loro unione più profonda.

Questo processo si incrocia poi con il cammino sinodale sulla corresponsabilità nella Chiesa, che papa Francesco ha attivato per la Chiesa universale e che le Chiese italiane hanno assunto con impegno e decisione. Il nostro cammino si arricchisce quindi nel confronto con le altre realtà italiane e può legittimamente avere l’ambizione di dare un contributo particolare a diocesi che vivono situazioni analoghe alle nostre. Non siamo da soli ad affrontare questo nuovo stile di vita ecclesiale.

È uno studio che sta coinvolgendo proprio in queste settimane i preti della nostra diocesi che per tre settimane consecutive si stanno incontrando a Col Cumano, per condividere lo sguardo che hanno sul proprio vissuto pastorale e sulla realtà in cui si trovano e per chiedersi come continuare questo cammino con le possibilità reali che ci sono.

Durante l’estate scorsa un parroco ha usato sul bollettino parrocchiale questa efficace metafora: vogliamo una parrocchia “bonsai” da custodire nel vaso di casa? Oppure accettiamo la sfida di lasciarla crescere come un larice sulle nostre montagne? È il senso della sfida intrapresa.

Davide Fiocco


La mappa delle collaborazioni

Ecco allora la mappa delle 29 collaborazioni in via di costruzione.

Convergenza foraniale di Agordo – Livinallongo

      1. Arabba, Pieve di Livinallongo
        Colle Santa Lucia, Pescul, Selva di Cadore
      2. Rocca Pietore, Caprile, Santa Maria delle Grazie, Alleghe, Laste
      3. Caviola, Falcade
        Canale d’Agordo, Vallada
        San Tomaso, Cencenighe
      4. Agordo, Taibon, La Valle
      5. Frassenè, Gosaldo, Rivamonte, Tiser, Voltago

Convergenza foraniale di Ampezzo – Cadore – Comelico

      1. Auronzo Villagrande, Auronzo Villanova, Auronzo Villapiccola
        Vigo, Lorenzago, Pelos
        Lozzo
      2. Domegge, Vallesella, Calalzo
        Pieve, Perarolo, Pozzale
        Tai, Nebbiù
        Valle, Venas, Cibiana
      3. Santo Stefano, Campolongo, Costalissoio
        San Pietro, Costalta
      4. San Nicolò, Danta
        Padola, Candide, Dosoledo
      5. Cortina d’Ampezzo, San Vito, Borca, Vodo

Convergenza foraniale di Belluno

      1. Mussoi, Bolzano Bellunese, Tisoi
      2. Antole-Sois, Bes, Salce
      3. Cattedrale, Loreto, Santo Stefano, Borgo Piave, San Gervasio
      4. Cavarzano, Sargnano, Cusighe
        San Giovanni Bosco
      5. Castion, Visome, Levego-Sagrogna
        Limana

Convergenza foraniale di Feltre – Lamon – Pedavena

      1. Caupo, Seren del Grappa, Rasai, Valle di Seren
        Tomo, Porcen
      2. Duomo, Sacro Cuore, Santa Maria degli Angeli, Zermen, Anzù, Nemeggio, Sanzan, Villapaiera
      3. Arina, Lamon, San Donato, Aune, Servo, Sorriva, Zorzoi, Faller
      4. Arson, Villabruna, Foen, Vellai, Pren, Vignui
        Facen, Norcen, Pedavena, Travagola
      5. Farra di Feltre, Boscariz, Mugnai

Convergenza foraniale di Longarone – Zoldo – Alpago – Ponte Nelle Alpi

      1. Dont, Fornesighe, Forno di Zoldo, Fusine, Goima, Mareson, Pieve di Zoldo, Zoppè di Cadore
      2. Fortogna, Igne, Longarone, Ospitale di Cadore, Castellavazzo, Codissago, Podenzoi
      3. Cadola, Col di Cugnan, Quantin
        Polpet, Soverzene
      4. Pieve d’Alpago, Tignes, Chies d’Alpago, Lamosano, Borsoi, Spert, Tambre
      5. Cornei, Puos d’Alpago, Sitran
        Farra d’Alpago, Santa Croce del Lago

Convergenza foraniale di Sedico – Santa Giustina

      1. Bribano, Roe, Sedico
      2. Gron, Mas-Peron, Sospirolo
        Orzes, Libano
      3. San Gregorio nelle Alpi, Paderno, Meano, Cergnai, Santa Giustina
      4. Cesiomaggiore, Soranzen, Pez