La Parola di Dio pone anche noi di fronte ad un dilemma. Il dilemma è quella situazione in cui sbagli comunque a dare la risposta. L’avevano pensata bene gli avversari di Gesù: è giusto pagare o meno il tributo a Cesare?
1. Prima di inoltrarci nel quesito in sé che – ripetiamo – è assai ben congegnato, è giusto parlare di un metodo in generale che caratterizzava lo stile degli ebrei di fronte ai rabbini, ai maestri. Il sapere progrediva sempre così, in uno scambio di opinioni, anche insidiose, tra i discepoli e gli esperti. Non solo del maestro che imbarazzava l’alunno con una domanda trabocchetto, ma anche viceversa: l’alunno che “prova” la bravura del maestro, interrogandolo con quesiti complicati. Al punto tale che in Israele oggi circola ancora un detto umoristico: se si trovano tre ebrei a discutere, avranno almeno quattro opinioni diverse!
Avviene anche in questo caso, con uno scopo però perfido: quello di incastrare Gesù, quasi di non lasciargli scampo dopo aver espresso il suo parere.
2. L’originalità che cogliamo immediatamente nell’episodio evangelico sta nello stile propriamente “didattico” adottato dal Signore. Si parte da una moneta, dall’oggetto più eloquente che c’era, nel senso che parlava con l’immagine sovraimpressa.
Fatta estrarre la moneta, Gesù chiede ai suoi interlocutori, a coloro che erano andati per metterlo alla prova: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Non avevano bisogno di ulteriori spiegazioni.
Gesù risponde a tono e indica il comportamento più giusto da assumere a livello politico, sociale ed economico, e non si fa sfuggire l’occasione per richiamarli ai loro doveri non solo civili, ma soprattutto spirituali e religiosi. «Restituite dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
3. È chiara la posizione da assumere, allora e sempre. C’è una giustizia divina che ti sollecita moralmente a vivere secondo la fede che professi, facendo il bene, e rendendo a Dio la lode che Gli spetta.
Possiamo qui trovare i dieci comandamenti, espressi in modo diverso, ma dai contenuti uguali, per quanto riguarda la spiritualità, ovvero i doveri religiosi. «Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio al di fuori di me. Non nominare il nome di Dio invano. Ricordati di santificare le feste».
Poi subentrano obblighi di carattere civile e morale, verso terze persone ed istituzioni: «Non rubare. Non dire falsa testimonianza. Non desiderare la roba d’altri». Sono questi i comandamenti di ordine sociale, politico ed economico di fronte ai quali bisogna avere la coscienza a posto.
I doveri religiosi come quelli civili, che sono giusti e rispondenti al rispetto della persona umana, della giusta distribuzione dei beni, vanno tenuti in debita considerazione da chi crede e anche da chi non crede.
Questa è vera sapienza!