A cura di don Ezio Del Favero

116 – Le ragazzine dal cuore buono

Il cavaliere, udendo i belati e le urla di gioia, ritornò sui suoi passi..

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Un ricco signore abitava in città e aveva due figlie adolescenti, distinte, educate, semplici e generose, sempre disposte a fare del bene.

Anche quell’autunno il padre e le ragazzine si diressero nella dimora di montagna. Il signorotto della zona in quel periodo era impegnato a cacciare i lupi che da qualche tempo devastavano il territorio. Le due ragazzine, accompagnate da un anziano domestico, assistettero in paese alla festa autunnale dove sfilarono il signorotto e i cacciatori, tra il suono dei corni, le urla degli addestratori e l’abbaiare dei cani che correvano dalla foresta al luogo della festa. Quel giorno furono catturati cinque lupi.

Verso sera, dopo la festa, i cacciatori si dispersero e le ragazzine con il domestico si misero in cammino per tornare a casa. Ai confini della foresta, incontrarono un’anziana disperata con il volto tra le mani. Tra i singhiozzi, ella invocava il cielo. Le ragazzine chiesero compassionevoli: «Nonnina, che cosa ti fa piangere così?». «Ahimè! Ho perso tutto! Sono vedova senza figli e quindi priva di ogni sostegno. A costo di tanti sacrifici ero riuscita ad acquistare due caprette bianche, diventate col tempo le più belle capre della zona. Le avevo portate a pascolare qui vicino, quando improvvisamente, spaventate dalla caccia che si stava svolgendo, sono fuggite nella foresta. Le ho inseguite finché ne ho avuto la forza, chiamandole con forti grida… ma poi le ho perse di vista e credo che non le rivedrò mai più!».

Una delle ragazzine disse: «Ti aiuteremo noi a ritrovare le capre!». La donna precisò: «Accorrono se le chiami e mangiano nella mano. La più forte porta una campanella al collo, in modo che la si possa udire anche da lontano. Spero solo che i cani o i lupi non le abbiano già divorate! Se riuscirete a riportarmele ve ne sarò eternamente grata!».

Le ragazzine si misero a correre, col vecchio servitore che già brontolava per lo sforzo. Percorsero un sentiero tortuoso, a volte prestando un orecchio attento, a volte chiamando a voce alta i nomi delle capre. Ma senza risposta. Vollero addentrarsi ancora più in profondità nella foresta, ma il servitore fece di tutto per fermarle, osservando che, se si fossero allontanati troppo, non avrebbero potuto lasciare la foresta prima del buio.

Effettivamente stava iniziando il crepuscolo. L’anziana, sempre nello stesso posto, pregava per le sue benefattrici. sperando solo che non fossero tornate a casa loro e stessero ridendo della sua ingenua credulità. Stava già pensando di tornare nella sua capanna, quando le si avvicinò un uomo a cavallo: «Nonnina, hai per caso visto due ragazzine e un anziano domestico?». Lei rispose: «Li ho visti, sì! Dovevano andare in cerca delle mie capre nella foresta, ma sospetto che mi abbiano presa in giro e che vogliano farmi passare la notte sotto le stelle». «Sono incapaci di farlo! Gli sfortunati ispirano in loro il solo desiderio di essere utili. Senza dubbio si saranno persi. Approfitto del chiaro che ancora rimane per andare in loro soccorso».

Il cavaliere entrò nella foresta. Poco dopo l’anziana sentì un belato lontano e poi il suono di una campanella e si disse: «Eccole le mie capre! Le ragazze me le stanno riportando. Ho fatto male a dubitare di loro!». In effetti, ai limiti del bosco apparvero le due ragazzine coperte di sudore, ciascuna tenendo una capra con un fazzoletto attaccato alle corna. I loro vestiti erano strappati, le loro scarpe erano tutte disfatte, ma il loro viso era radioso di quell’inesprimibile ebbrezza che una buona azione produce. Le seguiva il vecchio servitore, trascinandosi a fatica. Aveva rimproverato le ragazzine per la preoccupazione che avrebbero dato al padre tornando a casa tardi, ma poi il successo della loro impresa lo aveva zittito.

Come esprimere la gioia dell’anziana signora nel rivedere le sue capre, l’unico sostegno della sua esistenza? Le bestiole belarono nel rivedere la loro padrona e le leccarono le mani. Mentre le mani delle ragazzine, baciate dalla donna, furono bagnate dalle sue lacrime di gratitudine: «Grazie, grazie infinite! Siete degli angeli che mi hanno salvata con tanta dedizione e coraggio!».

Il cavaliere, udendo i belati e le urla di gioia, ritornò sui suoi passi e si commosse di fronte alla scena che gli si presentò davanti. Propose alla donna anziana di assumerla come sorvegliante degli animali domestici del suo cortile. Ella accettò con gioia quel compito, che bene si adattava alle sue abitudini e che le avrebbe assicurato un futuro di serenità… E così tutti vissero felici!

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La parabola – tratta da un’idea dello scrittore francese Jean-Nicolas Bouilly – insegna che la compassione e la benevolenza contribuiscono a creare un ambiente e quindi un mondo più felice, non solo nelle favole.