Dal 7 al 14 agosto

È bello per noi essere qui!

Diario del pellegrinaggio in Terra Santa dei giovani con il Vescovo

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Lunedì 8 agosto – in Galilea

Atterrato a Tel Aviv ieri nel primo pomeriggio, il nutrito gruppo di giovani della nostra diocesi ha iniziato la tanto desiderata esperienza del pellegrinaggio nella terra di Gesù, una “terra promessa”, insieme al Vescovo e sotto la guida del biblista dehoniano padre Sergio Rotasperti. Oltre trenta i partecipanti, che sono giunti nella mite Galilea per salire sul monte Tabor e sperimentare – ancora una volta di più – come il Signore si possa presentare in alcuni attimi di luce. La visita al luogo dell’Annunciazione, la casa di Maria, e la celebrazione in Basilica, hanno ancora di più posto l’accento su un Dio vicino, che condivide la nostra umanità, la nostra crescita, le nostre scelte…

Martedì 9 agosto – sul lago di Tiberiade

Le acque del lago si increspano appena, sotto il vento che sale ad accarezzare colline e profili antichi, immobili e pazienti come chi sa di aver visto cose meravigliose, da raccontare, ma che chiedono attenzione a chi le vuole ascoltare. E veramente qui le sponde del lago di Tiberiade raccolgono nell’abbraccio di uno sguardo parte della storia della nostra salvezza: la grandezza dell’amore divino che diventa storia umana, di grandi segni e piccoli gesti di relazione quotidiani. Perché qui Gesù vive nella casa di Pietro a Cafarnao, incontra Maria di Magdala, moltiplica pani e pesci e comincia a toccare i cuori come nessuno aveva fatto mai, e a compiere quei gesti che hanno esteso la sua fama come le onde in un lago, quando ci cade un sasso. Ma a fianco della prima meraviglia che nasce dal posare lo sguardo sugli stessi paesaggi, ne nasce un’altra: quella di scoprire che questi eventi, questi nomi, questi luoghi – per noi noti da sempre e sempre immaginati – sono reali, e si risolvono tutti nello spazio di qualche chilometro di strada, tra il lago e le colline. Come si fa allora a non immaginare che anche qui si siano consumate, duemila anni fa, quelle piccole dinamiche di paese, dove tutti conoscono tutti e il lavoro costa sudore, come accade nelle nostre comunità di montagna, in fila nelle valli come sulle sponde di un lago? Allora quei personaggi dei Vangeli che qui sul lago incontrano Gesù diventano persone reali, concrete: le possiamo immaginare camminare lungo le strade di queste colline, gettare le reti, lavorare la terra sotto un sole che picchia come un fabbro, e intanto coltivare nel cuore quelle parole di vita. Potremmo essere noi. Il paraplegico, il pubblicano, Pietro o sua suocera, Maria di Magdala, un sommo sacerdote: chi sono io? E in quale modo mi ha toccato lo sguardo di Gesù?

Mercoledì 10 agosto – nel deserto di Giuda

L’acqua è sempre stata, sin dall’antichità, una delle fonti a cui l’uomo è intimamente legato. Senza acqua non ci sarebbe vita, e di conseguenza non ci sarebbero comunità, amicizia, amore. Ed è proprio su questa via che il gruppo oggi ha dispiegato il suo cammino, la via dell’acqua e del suo apparente opposto, il deserto. Partiti di buona mattina dalla città di Gerico, ci siamo incamminati attraverso il Wadi Quelt, una valle scavata nel roccioso deserto di Giuda. A dare vita a questo territorio tanto inospitale quanto affascinante, qualche accogliente comunità beduina e una sorgente, Ein Quelt. Qui la silenziosa quiete del deserto viene colorita dal sussurro dell’acqua che scorre come a volerci dire che no, non siamo soli in questo cammino. E così ci accostiamo alla lunga via dell’acquedotto che parte da questa sorgente per un percorso di circa cinque ore, tra polvere e vegetazione, qualche chiacchiera e una buona compagnia, alla volta del santuario di San Giorgio in Kotziba. Camminando attraverso il deserto ci siamo messi sugli stessi passi di chi, ieri come oggi, nel deserto ci vive, di mercanti e viaggiatori, o ancora di chi ci va alla ricerca di qualcosa. Ma cosa si potrebbe mai trovare in una luogo così solitario? Forse la domanda corretta non è cosa, ma come. Un ultimo tratto di strada abbiamo scelto di percorrerlo in silenzio, in ascolto. In ascolto non solo di ciò che ci sta attorno, ma di come esso risuona dentro di noi. Ed è così che i canti degli uccelli dell’oasi si trasformano in pensieri, lo schiocco di qualche sasso che rotola mette un punto alle frasi che fluiscono nella nostra mente, la brezza che di tanto in tanto accarezza la nostra pelle ci prende per mano e ci conduce in riflessioni essenziali, segnate dalla spontaneità e dalla meraviglia per un creato così straordinario nell’ ordinario. In un raccoglimento così profondo abbiamo la possibilità di riconoscerci come la creatura che siamo, uomini e donne che, come l’acqua che attraversa il deserto, danno e ricevono vita, in comunione con i nostri compagni nel viaggio che è la nostra esistenza. Ci siamo allora posti una domanda: chi è il mio prossimo? Di chi siamo i buoni Samaritani? A chi cerchiamo di dare vita e pezzi di noi stessi? Dopo essere ridiscesi alle porte della città di Gerico, ci siamo rinfrancati dal caldo intenso e dalla fatica con un momento di relax e leggerezza presso le acque del Mar Morto, tra fanghi naturali, pietre roventi e tanto tanto sale.

Giovedì 11 agosto – a Betlemme

Siamo arrivati ieri sera a Betlemme e questa città, che ci fa superare la metà del nostro viaggio, ci ha lasciati con tante domande nel cuore. Dio qui si fa carne nella vulnerabilità di un bambino che nasceva in una grotta buia duemila anni fa e proprio in questo luogo la nostra guida ci chiede di riflettere sul dono prezioso della nostra vita. Il valore di essa si rende evidente poi con l’incontro di testimoni che, seppur in modo differente, dedicano il loro tempo e le loro energie a contivarne la dignità. Siamo stati in visita ad un campo profughi in territorio palestinese (Aida) che crea occasioni di incontro per i bambini e i giovani, poi in una comunità di suore (Familia religiosa del Verbo Encarnado) che si prende cura di bambini con disabilità. A Betlemme «non c’era posto nell’alloggio» per Maria e Giuseppe, oggi ci sono persone che si impegnano per creare luoghi sicuri in cui crescere e siamo grati di averle incontrate proprio qui, nella città in cui l’Amore è sceso tra noi per farsi conoscere.

Venerdì 12 agosto – a Gerusalemme

«Ora i piedi, o Gerusalemme, si fermano davanti a te!». Arrivati a Gerusalemme, passando per il Monte degli Ulivi, ci siamo tuffati nel giardino del Getsemani, luogo caro a Gesù, dove era solito sostare. Qui abbiamo avuto modo di respirare, nella brezza fra gli ulivi, la sua profonda umanità. Proprio lì Gesù, più di ogni altro momento e non senza difficoltà, si è abbandonato alla volontà del Padre, iniziando la sua Passione. Su di essa abbiamo riflettuto percorrendo assieme la Via Dolorosa attraversando quei luoghi che davvero hanno segnato le ultime ore di Gesù. Dal Getsemani, alla fortezza Antonia, ricordando la figura di Simone da Cirene e culminando il percorso con la visita al Golgota e al Santo Sepolcro. Il sacrificio più grande di Gesù è fondamento della nostra fede e ci ha fatto capire quanto effettivamente sia importante abbandonarsi alla sua volontà. Una volontà già disegnata che ci indicherà il sentiero della vita. Per concludere la giornata ci siamo avventurati fra le vie della Città Santa, raggiungendo il muro occidentale e attraversando il suq arabo, godendo della strabiliante multiculturalità di questa realtà urbana.

Sabato 13 agosto – al Santo Sepolcro

Appena sorge il sole, verso le sei, entriamo nella città di Gerusalemme e la attraversiamo. Camminiamo verso il Santo Sepolcro per celebrarvi l’Eucaristia, all’ora giusta secondo le regole dello status quo. Qui, stiamo presso la croce, sul luogo detto del Cranio. Dopo questo, ci avviamo. Entriamo al cenacolo e ci sediamo e qui ascoltiamo la Sua parola: è in mezzo a noi. Lo seguiamo da lontano. Alla casa del sommo sacerdote, dove il suo discepolo lo rinnegò, preghiamo. Verso mezzogiorno visitiamo gli operatori di pace presso un ospedale. Una di loro ci parla e noi la interroghiamo. Capiamo ancora che è in mezzo a noi. Ora, poiché il tempo di ritornare alla casa da cui siamo usciti si avvicina, fino a sera riposiamo e ci divertiamo. Al tramonto ci rechiamo all’albergo. Ceniamo e preghiamo, come al solito. Restiamo con lui, perché «si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».