OTTOBRE MISSIONARIO – Quattro nostri missionari ci accompagnano durante il mese missionario

«Essere Chiesa qui è un dono e una sfida…»

Dobbiamo smettere di sentirci pochi e stanchi per scoprire la potenza dello Spirito che c’invia fuori

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Ottobre è il mese tradizionalmente missionario. Quest’anno il nostro Ufficio Missionario ha voluto proporre alle parrocchie della nostra diocesi quattro testimonianze di missionari bellunesi e feltrini, una per settimana, dal Perù, dalla Repubblica Democratica del Congo, dall’Argentina e dal Pakistan. Riportiamo i passaggi più significativi di quelle testimonianze.

Padre Sergio dal Perù
Lima, 23 agosto 2019. «Ormai 11 milioni di persone hanno popolato le dune desertiche che formano la periferia di Lima…
Essere Chiesa qui è un dono e una sfida, accompagnare la gente nella precarietà delle abitazioni, la salute, l’alimentazione… cercando di aiutare un po’.  Non raggiungiamo che una minima parte della popolazione e ci sentiamo una goccia d’acqua, incapace di dissetare questo deserto. Allo stesso tempo non ci stanchiamo di ricordarci che è Gesù che salva il mondo, e non smette di mandarci missionari davanti a lui.
Anche i nostri laici sono usciti dalla cappella per vivere la Via crucis un po’ più in su, in zone di recente occupazione: «Se sapessi padre, quante famiglie! e quanti bambini senza Battesimo…  quanta gente ha bisogno di Dio e non sa dove cercarlo!»
Così alcuni lasciano ad altri il proprio incarico nella cappella per poter uscire e andare un po’ più in là, perché la missione ti chiama, ti apre orizzonti, ti risveglia gioia e fantasia. Grazie a Dio, perché ne abbiamo sempre bisogno! Bisogno di smettere di sentirci pochi e stanchi per scoprire la potenza dello Spirito che c’invia fuori dal seminato a vivere la fede davvero.
Non solo per noi consacrati, ma per ogni battezzato, sì, per tutti è un dono immenso lasciare tutto, e poter precedere Gesù là dove lui non vede l’ora di andare. Solo questo ci rinnova sempre: è la Gioia del Vangelo che sana il mondo, e me per primo…»

Padre Flavio dal Congo
Congo, 30 luglio 2019. «Quando si parla del Congo ormai tutti pensano a Ebola, insicurezza per gruppi armati, lotte tribali, diamanti, oro, coltan, che sanno di sangue. Sono purtroppo tutte realtà che non posso negare e che vivo in qualche modo in prima persona anch’io. Però questa non è tutta la realtà di qui. Anche un cielo nuvoloso riserva pur sempre uno squarcio di sole che fa sperare che il temporale finisca e ci sia un giorno migliore. Io vivo in foresta con i Pigmei e continuo a credere e sperare in questo giorno migliore in cui anche loro possano vivere da uomini figli di Dio, essere riconosciuti dagli altri come tali e possano progressivamente integrarsi con le altre tribù, visto che anche la foresta viene ormai loro rubata, invasa dai cercatori d’oro e dai tagliatori d’alberi. È un momento per loro molto difficile. Questo loro mondo si scontra ora, giorno per giorno, con le realtà completamente diverse “della nostra civiltà”… e ne escono perdenti. Il nostro sforzo è di accompagnare gli adulti a un’integrazione meno traumatica possibile, cercando di salvaguardare anche i loro valori e cercando di rispondere allo stesso tempo alle emergenze in cui si trovano. Pensando poi al futuro, stiamo facendo uno sforzo grande perché i bambini possano andare a scuola, in modo che la nuova generazione possa avere le basi per leggere, scrivere, contare, farsi valere e difendersi, senza vergognarsi o negare di essere Pigmei…» 

Suor Dionella dall’Argentina
Neuquén, 25 luglio 2019. «Dopo 35 anni di missione in Ecuador, come Abramo, Dio mi chiede a 75 anni di “lasciare…” e di iniziare un nuovo viaggio come missionaria nella lontana Patagonia. La vita missionaria non é facile, ma mi dà felicità.
Il Buon Dio mi chiama per nome e mi invia, in questo tempo difficile, a testimoniare e a condividere con tanti fratelli e sorelle la vita, la fede, la speranza…
L´incontro personale e comunitario con Gesù m’incoraggia, mi spinge, mi dà forza e mi rende leggera, nonostante le mie povertà, per l’Annuncio del Vangelo della Gioia in altre periferie, con gente di diversa etnia e religione, semplice e povera.
Lui, il mio Signore, mi chiede di essere donna e donna consacrata di misericordia, e mi fa incontrare famiglie, ammalati, anziani, giovani, bambini, persone prive di libertà nelle carceri, per stare con loro in un profondo e attento ascolto dei loro bisogni, problemi, speranze, lotte, gioie, in un dialogo rispettoso e prudente, per essere illuminata dalla luce della Parola e l’annuncio del Regno di Dio.
Gesù è fedele! Questa é la ragione del mio essere discepola e missionaria ed Egli m’invita a scoprire in ogni volto, sguardo, parola, sorriso, lacrima, atteggiamento… la tenerezza di un Dio fatto uomo…» 

Suor Agnese dal Pakistan
Karachi, 2 settembre 2019. «Vivo in una megalopoli da 15 milioni di abitanti affacciata sul Mar Arabico e gestisco, con una comunità di Missionarie Paoline, una libreria religiosa. Quando sono arrivata 40 anni fa, rimasi colpita da come mi hanno accolto pur essendo straniera. La relazione con le persone è indubbiamente la gioia più grande che ho avuto. È emozionante l’attenzione quando parli loro di Gesù. Quando vedono un film sulla storia del Nazareno spesso si commuovono.
La blasfemia è una piaga grave nel paese. Se una persona viene accusata di bestemmia contro il Profeta (Maometto) ti mettono in prigione, senza verificare se è vero o falso. Spesso sono casi di ritorsione tra persone che hanno problemi personali, d’invidia o altro.  Oltre agli estremisti, per fortuna, ci sono gruppi di islamici con cui si può dialogare.
Alcuni cristiani che vivevano vicino a noi se ne sono andati. Non c’era futuro per i figli. Sono emigrati soprattutto in Australia, Canada e Inghilterra.
Sono molto grata ai bellunesi che sono così sensibili verso le missioni, che danno del loro per le persone povere. Ripenso all’enorme sforzo che avete fatto per aiutare le persone colpite dal terremoto. Questi segni, oltre a alleviare la sofferenza delle persone, mi ricordano le mie origini. Gente di montagna che ama la sua terra, ma che sa guardare anche oltre…»

Edieffe