San Giovanni Bosco e i Salesiani a Belluno
Il 31 gennaio ricorre la memoria liturgica di san Giovanni Bosco (1815-1888), sacerdote piemontese, definito l’apostolo della gioventù. Egli, infatti, profuse tutte le sue energie nell’educazione dei giovani per i quali fu padre, maestro e amico e garantì loro protezione e istruzione strappandoli dalla vita di strada. A questo fine diede vita a varie opere e soprattutto alla Pia Società di san Francesco di Sales, i Salesiani, presenti in tutto il mondo. A Belluno gli è stata dedicata la moderna chiesa parrocchiale del popoloso quartiere di Baldenich, costruita tra 1962 e 1964 e consacrata il 4 giugno 1966. Nella parete di fondo della cappella del Santissimo, a destra dell’altare, il pittore lombardo Pietro Cortelezzi nel 1967 ha affrescato le tappe principali della vita del santo, dal sogno fatto all’età di 9 anni (di cui quest’anno ricorrono i 200 anni), grazie al quale egli capì la sua vocazione, fino alla morte e alla sua gloria in cielo. Il riquadro all’estrema destra visualizza i ritratti di due sacerdoti salesiani davanti alla chiesa bellunese di San Rocco e sullo sfondo il profilo del Monte Serva: sono don Mario Signorini (a destra), uno dei primi tre salesiani giunti a Belluno il 23 ottobre 1924 con incarico di direttore, e don Enrico Terraneo (a sinistra), rettore per tanti anni di quella chiesa. La Comunità salesiana bellunese si appresta così a celebrare in quest’anno il significativo traguardo dei 100 anni di presenza e servizio nel capoluogo. La prima sede, affidata loro dall’allora vescovo di Belluno mons. Giosuè Cattarossi, è stata proprio la chiesa cittadina di San Rocco con l’annesso orfanotrofio fondato nel 1855 dal sacerdote bellunese don Antonio Sperti. I Salesiani erano stati chiamati a Belluno per continuare l’opera pia e caritatevole dello Sperti e a lui intitolarono il loro primo collegio che sorse in piazza Piloni, un edificio in stile neoclassico – oggi non più esistente – che vediamo in qualche vecchia fotografia di quell’area. Qui i Salesiani avviarono un convitto per studenti (dal 1925), un frequentato oratorio festivo per la gioventù cittadina (dal 1926), nonché il teatro con il “Cinema Famiglia”.
La Comunità salesiana bellunese rimase all’Istituto Sperti di piazza Piloni fino al 1957 (al suo posto, nel 1960, sarebbe sorto il Centro diocesano Giovanni XXIII). In quell’anno si trasferirono nel nuovo istituto appena costruito nel pianoro di Quartier Cadore, in quel tempo in via di espansione, dove peraltro, dal 1951, proprio ai Salesiani era stata assegnata dal vescovo Muccin la neonata parrocchia di Borgo Pra con la chiesa di San Giuseppe; primo parroco è stato don Edoardo Furlano. Il grande edificio è stato intitolato alla contessa Giuseppina Agosti (1871-1955), generosa benefattrice, sensibile verso gli orfani e i figli degli operai, la quale volle destinare il suo intero patrimonio alla fondazione di un istituto per l’istruzione professionale della gioventù e ne affidò la realizzazione ai figli di Don Bosco.
Oggi, dopo 100 anni, la Comunità salesiana bellunese – con l’Istituto Agosti (scuola media riconosciuta nel 1964, a cui si affiancò la scuola primaria a partire dal 2001), l’adiacente Parrocchia con annesso oratorio, la scuola dell’infanzia (inaugurata nel 1972 e fino a pochi anni fa seguita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice) – continua con immutato zelo a portare avanti lo spirito e il messaggio di Don Bosco e si prepara a ricordare il suo santo con una serie di appuntamenti. Si inizia venerdì 26 gennaio, alle 20:30, con un incontro per genitori dal titolo “Far Web”, condotto da Roberta Gallego, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Belluno: una riflessione sul tema delle opportunità e dei rischi del mondo di internet e dei social network. Sabato 27, alle 15, festa in oratorio per tutti i ragazzi del catechismo e del gruppo Amici di Domenico Savio. Domenica 28 la santa Messa alle ore 11 presieduta dal Vescovo Marangoni. Il 31, all’Agosti, S. Messa per gli studenti della scuola, a seguire mattinata di giochi; alle 14:30 spettacolo in palestra; alle 18:30, nella chiesa parrocchiale, santa Messa per tutti. Infine, il 3 febbraio, il ritrovo annuale degli ex-allievi alle ore 16, che si concluderà con una santa Messa in ricordo di don Vittorio Bertozzo, scomparso nell’ottobre scorso.
La pala di Don Bosco di Luigi Cima
Nella chiesa di San Rocco, nell’altare minore di sinistra, è ancora custodita la pregevole pala che i Salesiani di Belluno commissionarono al pittore di Villa di Villa Luigi Cima (1860-1944) in occasione della canonizzazione del loro fondatore, avvenuta il 1° aprile 1934, 90 anni fa: un altro anniversario salesiano per questo 2024 appena iniziato. Luigi Cima dipinse la pala nel 1933; ne esiste anche un bozzetto, che è stato esposto alla mostra monografica “Tra i maestri del vero. Luigi Cima”, allestita a Mel nel 2022. Ritenuto il più bel quadro di Don Bosco, piacque anche ai Superiori di Torino che lo scelsero quale immagine ufficiale per la canonizzazione del santo. Tra le opere pittoriche raffiguranti Don Bosco, quella di Cima è la più conosciuta e diffusa, anche sotto forma di santino. San Giovanni Bosco, con indosso l’abito talare nero, ha un atteggiamento benevolo e inclusivo, il volto animato da grande dolcezza. Si piega quale interlocutore amabile verso i suoi ragazzi, figure vive tratte dal vero, disposti attorno a lui, chi con gioia chi con curiosità; uno di questi, alle spalle del santo, cerca di catturare la sua attenzione. Le mani del sacerdote esprimono accoglienza, protezione e benedizione: una mano è poggiata con gesto paterno sulla spalla di uno dei ragazzi, l’altra è aperta verso il gruppo sulla sinistra. In primo piano, ai lati, due giovani – uno con gli attrezzi da lavoro, l’altro con un quadernone – richiamano la formazione professionale e quella scolastica assicurata dal santo. Sullo sfondo si innalza la mole del tempio di Santa Maria Ausiliatrice di Valdocco (Torino), cuore dell’opera salesiana. Luigi Cima infonde alla scena un senso di profonda umanità grazie alla sua pittura di aderenza al vero. Come ha osservato Antonella Alban, nel catalogo della mostra sopra citata, «per il suo realismo esplicito i committenti gli avevano contestato i bambini ricoperti di umili stracci, costringendolo a cambiare la foggia degli indumenti». Nella pubblicazione realizzata nel 1974 per i 50 anni dell’opera salesiana a Belluno, si apprende inoltre che il pittore “a rendere più viva e parlante al cuore dei bellunesi la sembianza del Santo di Torino, prendeva ispirazione dalle sembianze del santo Vescovo di Belluno Giosuè Cattarossi”.
Giorgio Reolon