Il cardinal Parolin visita la Cooperativa Arcobaleno

Una visita privata, che incoraggia il cammino di Villa San Francesco e della Cooperativa Arcobaleno

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A volte anche perdere una scommessa può essere soddisfacente. Tempo fa a un prete vicentino amico di Villa San Francesco, Aldo Bertelle aveva indicato una foto del cardinal Pietro Parolin esposta presso il Museo dei sogni dicendo: «Questo non ce la farai mai a farlo venire qui». E invece è venuto.

Di buon mattino, sotto la pioggia battente, il Porporato è arrivato alla Cooperativa Arcobaleno, accolto da Bertelle e dal vescovo Renato. Una visita guidata al museo e alle varie realizzazioni raccolte al piano terra della struttura.

E poi la celebrazione eucaristica, in una sala gremita. Nell’omelia il Cardinale ha fatto dettato una riflessione, muovendo dal saluto che i cristiani orientali usano porgersi nei giorni della Pasqua: «Cristo è risorto», a cui si risponde: «È davvero risorto».

«Ma non è facile credere alla risurrezione di Gesù», osserva il Cardinale. Ci sono segni che la indicano, ma sono segni “deboli”, come il sepolcro vuoto e le apparizioni. Però, «mentre la sua morte era stata vista da una grande folla…, Gesù apparve a poche persone e fuori dai riflettori. Avrebbe potuto prendersi la rivincita sui suoi avversari, imponendosi a loro, confondendoli, umiliandoli, ma non percorre questa strada. Egli si comporta umilmente nella gloria della risurrezione come nell’annientamento del Calvario. Sceglie di affidare la verità della sua risurrezione alla testimonianza di pochi amici, alle donne che non avevano mai smesso di credere in lui».

Anche oggi – osserva il Porporato – esistono segni della risurrezione: «facciamo forse fatica a scoprirli, perché anch’essi, come duemila anni fa, sono segni “deboli”». E ha ricordato quanto siano rumorosi i segni di guerra che schiacciano soprattutto l’Ucraina e Gaza, ma anche in altri parti della terra.

Ma «la risurrezione è all’opera… anche nel mondo d’oggi, là dove prevale l’amore, là dove non si pretende di salvare se stessi, ma, come fa Gesù, si spende la vita per gli altri». E qui ha osservato: «È quanto si sta facendo in questo luogo… Voi, cari amici, siete un segno della Risurrezione di Gesù dai morti. Un segno certo “debole”… ma un segno importante, prezioso, necessario». Donde l’incoraggiamento: «Continuate a operare per la pace, a camminar sulla via della pace, come hanno fatto quelli di cui avete voluto raccogliere le scarpe, “già consumate di bene”».

Dopo la celebrazione, è stato possibile porre al Segretario di Stato alcune domande, a cominciare dalla preoccupazione per la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas. Il Porporato osserva:

«Già il Santo Padre ha ricordato più volte, in maniera esplicita, che ci sono degli scambi di liste di cui la Santa Sede si fa tramite e mediatore, liste di prigionieri da una parte e dall’altra, affinché venga presa in considerazione la loro situazione e possano essere liberati. È un lavoro avviato da tempo e che speriamo possa produrre sempre più frutti, anche perché dietro ogni persona, c’è una famiglia, delle mamme, dei papà, delle spose e dei figli che attendono che attendono con tanto impazienza e ansia la liberazione dei loro cari».

Quanto al conflitto in Ucraina, non si vede ancora una soluzione, mentre desta preoccupazione l’arruolamento da parte di Putin di altri 150 mila soldati.

«Purtroppo, ho letto la notizia ieri e questo mi ha profondamente addolorato, perché evidentemente sono segni che vanno in senso contrario a quella che dovrebbe essere la ricerca della pace. Più si investono forze e risorse negli strumenti di guerra – e purtroppo gli eserciti tante volte sono questo – meno si riuscirà a costruire la pace. È un momento difficile, perché la guerra va avanti da due anni con vittime, distruzioni, lutti e lacrime. Speravamo che si potesse intravedere un cammino, ma non perdiamo la speranza e cerchiamo di lavorare in maniera discreta, fuori dai riflettori, perché si possa arrivare a qualche passo in avanti. Prima o dopo la pace dovrà tornare e speriamo che sia una pace giusta, che rispetti le persone e anche il diritto internazionale».

Israele sta liberando le forze militari da un ospedale che ha occupato. Pare prossima trattativa tra Hamas e Israele.

«Lì le speranze ci sono. Ci sono delle trattative, non si è interrotto ogni dialogo anche se è un dialogo e delle trattative che avanzano con grande difficoltà e resistenze. Davvero speriamo, ed è l’auspicio, che le posizioni radicale non prevalgano sulla moderazione che caratterizza esponenti dell’una e dell’altra parte. Io ho paura di queste situazioni, quando sembra che qualche cosa si possa ottenere e c’è sempre qualcuno che mette la bomba che fa scoppiare tutto e impedisce di concludere. Io spero che nel caso di Israele e della Palestina – è questa la soluzione che la Santa Sede ha sempre proposto – che si possa arrivare a stabilire questo sistema dei due Stati, che secondo noi è l’unica maniera per poter vivere in pace, sicuri nei propri confini e in collaborazione reciproca. Poi c’è tutto il discorso dello status di Gerusalemme che è un altro punto delicato».