Un piccolo episodio di Chiesa in uscita. Mettiamo due cristiani giovani universitari, Andrea e Chiara, che vogliono riflettere insieme con la sensibilità, appunto, dei giovani, sul periodo che stiamo vivendo. Metti il desiderio di condividere tutto ciò con chiunque sia interessato; metti una piattaforma online che consente di lavorare in assemblea, di dividersi in gruppi e di tornare nella “stanza” principale senza scollegarsi, di mostrare una lavagna condivisa, o un padlet con concessione alla lingua di Shakespeare, che ognuno può completare dal suo device… ed ecco l’incontro di sabato 6 giugno proposto dalla pastorale giovanile della diocesi di Belluno Feltre «Ok, adesso esco… per quale porta?».
«Ci stiamo pian piano avvicinando a un ritorno alla “normalità”, dopo questi mesi particolari che abbiamo vissuto… Sì, ma quale “normalità”? Crediamo sia giusto fermarci un attimo a pensare a se e cosa è cambiato, in questo periodo, nella nostra percezione della vita di tutti i giorni»: così presentava l’iniziativa il sito diocesano www.chiesabellunofeltre.it E in effetti l’idea del ritorno alla normalità è stato smontato come un lego: la normalità non è una questione di pre e post Covid. «Alcune cose del periodo pre Covid le lascio volentieri confinate a febbraio 2020» dice Andrea Genuin, di Caviola, moderatore dell’incontro assieme a Chiara Luchetta e invita i giovani presenti, una ventina, collegati da Zoldo a Valdobbiadene via Santa Giustina e Cadola, a condividere in gruppo che cosa trattenere e cosa buttare della vita di un giovane pre Covid-19 e lo stesso della vita durante la pandemia.
«La parola normalità fa rabbia: tornare alla normalità vuol dire non avere coscienza di quello che è successo», dice uno dei partecipanti. Per i giovani presenti, la vita nella pandemia si è fatta apprezzare per il tempo dilatato, per le case ritornate tali e non solo luoghi del cambio della borsa della biancheria di settimana in settimana, nella partenza per la propria sede universitaria; per il silenzio e per lo spazio liberato dall’invadenza degli esseri umani. In tutti gli interventi, la necessità di riprogettare la propria esistenza, a partire dalla coscienza che la pandemia ha dimostrato come «siamo tutti in relazione tra noi». Una dinamica in cui è presente il rapporto con Dio: «venuto a mancare l’appuntamento fisso domenicale, si è aperta una porta», dice uno dei partecipanti.
Sorella Elisa Busatto, della comunità Assekrem di San Giovanni di Livinallongo, riassume il pomeriggio con tre parole chiave: limite, legame, sapere. E conclude con una punta di sano orgoglio: «siamo giovani che ci sono. Qualsiasi esigenza voi abbiate, non esitate a parlarne con qualcuno, anche con noi».