A cura di don Claudio Centa

Il vescovo Giulio Contarini

La serie archivistica “Visite pastorali” di Belluno inizia con la visita dell’estate 1526 - 1ª parte

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Visite di Giulio Contarini in: ADB, I, Visite pastorali, b. 1, fascicoli 4-21.

La serie Visite pastorali dell’Archivio Diocesano di Belluno inizia con i verbali di una visita svolta all’inizio dell’estate del 1526. Era vescovo all’epoca il veronese Galesio Nichesola (1509-1527); ricordo per inciso che egli è sepolto nella cattedrale di Verona in un suntuoso sepolcro marmoreo a parete, opera del celebre architetto Jacopo Sansovino. A svolgere la visita fu il vicario generale accompagnato dal notaio Bartolomeo Cavassico. Accadeva a Belluno, come a Feltre, che a stendere i documenti della curia continuavano ad essere notai pubblici, i cui scritti godevano di publica fides. Ecco allora che questi del 1526 sono i primi verbali di visita conservati nell’Archivio Diocesano, ma non i più antichi verbali pervenuti sino a noi. Verbali di visita di anni precedenti, stesi dal notaio Cavassico si trovano nel suo personale protocollo, che si trova nell’Archivio Notarile, conservato nell’Archivio di Stato di Belluno. Ricordo per inciso che lo stesso fenomeno riguarda anche la contemporanea attività curiale di Feltre: documenti stesi per la curia diocesana dai notai Tommazo Zanetelli e Giovanni Zanetelli, che fungevano anche da notai di curia, si trovano nei loro protocolli conservati nell’Archivio di Stato di Belluno.

Il vescovo Giulio Contarini (1519-1575)

I verbali delle visite pastorali si fanno molto corposi con l’episcopato di Giulio Contarini. Una parola va dedicata a questo insigne prelato, la cui attività pastorale aspetta ancora di essere studiata a fondo in una monografia scientifica, che illustri i vari ambiti del suo intervento e l’uso che egli fece dei vari mezzi pastorali indicati dal Concilio di Trento.

Giulio nacque Venezia intorno al 1519, figlio naturale di Federico Contarini. I Contarini costituivano uno dei più cospicui gruppi familiari appartenenti al patriziato veneziano, ramificato in varie denominazioni. Sulla vita di Giulio ebbe un forte influsso lo zio paterno Gaspare. Questi, senatore e diplomatico di spicco della Serenissima, era animato da profondi afflati religiosi e divenne presto una figura eminente della Riforma Cattolica. Era semplice laico quando nel 1535 papa Paolo III lo creò cardinale e l’anno successivo gli assegnò la diocesi di Belluno. Impegnato in missioni diplomatiche e nelle discussioni per la riforma della Curia e della Chiesa (ricordo che mentre Contarini era la punta di diamante dell’ala progressista della Curia, Tommaso Campeggi, vescovo di Feltre, era il punto di riferimento dei conservatori; i due uomini per altro si stimavano tra loro), Gaspare Contarini fece appena due rapide comparse a Belluno. Giulio nel frattempo era entrato nello stato ecclesiastico e dal 1541 lo zio cardinale si preoccupò di ottenergli dei benefici ecclesiastici che gli garantissero dei redditi.

L’anno seguente, il 25 agosto il cardinale Contarino morì e a questo punto fu la potente famiglia che ricercò l’intervento del Senato, affinché il papa assegnasse la diocesi di Belluno a Giulio. Paolo III non ebbe nulla da obiettare alle istanze provenienti dalla laguna e così a soli 23 anni Giulio divenne vescovo di Belluno: il papa lo dispensò dal difetto di età (l’età minima richiesta allora per essere vescovi era 27 anni) e dalla nascita illegittima (impedimento di defectus natalium, che impediva di ricevere l’ordinazione sacerdotale)

Nel giugno del 1546 Giulio giunse a Trento per prendere parte ai lavori conciliari. Se l’era presa assai comoda il giovane (27 anni) vescovo bellunese: il concilio era al lavoro da sette mesi, da dicembre dell’anno precedente. Il 10 luglio lesse il suo lungo intervento sul tema dottrinale più spinoso, quello che aveva originato la ribellione di Lutero: la giustificazione dell’uomo nel peccato originale. Tentò un approccio conciliante verso la dottrina dei riformati, ma con espressioni che, ad esser comprensivi, possiamo definire ardite e ad essere veritieri dobbiamo dire, fuor di dubbio, arrischiate. Tra i padri conciliari più zelanti alcuni esternarono vivacemente la loro contrarietà e serpeggiò il sospetto di eresia.

Giulio non prese più parte ai lavori degli altri due periodi del concilio tridentino, si concentrò invece in un’intensa attività pastorale nella sua diocesi di Belluno.

Geografia della diocesi di Belluno nel Cinquecento

La diocesi che Contarini si trovava a governare era la meno appetibile della terraferma veneta: essa insisteva su un territorio povero e reso impervio dalla presenza di alte montagne, che ritagliano valli disagiate e difficilmente raggiungibili; la diocesi di Belluno era considerata quasi un esilio per coloro che erano mandati dalla laguna a svolgervi azione di governo. La parte centrale del territorio diocesano era costituito da un settore della vallata del Piave, a sud di questo la conca dell’Alpago e a nord due ben delimitate valli montane: Zoldo e l’Agordino. La diocesi contava in tutto 15 parrocchie: 11 erano antiche pievi, e tre parrocchie di più recente istituzione, inoltre una pieve di salto: la pieve di Mussolente, enclave nel territorio della diocesi di Treviso e infine una serie di cappellanie attorno alla pieve della cattedrale. Se la popolazione della città si aggirava sui 4.000 abitanti, la popolazione della diocesi superava appena i 20.000.

Familiarizziamo un po’ con la geografia ecclesiastica di Belluno nel Cinquecento. Nell’ampia vallata del Piave, procedendo da est ad ovest troviamo le pievi di 1) Lavazzo, 2) Cadola, 3) della cattedrale, il cui territorio è organizzato nelle seguenti cappellanie dipendenti dal Capitolo: San Pietro in Campo (Sargnano), Cusighe, Bolzano, Libano, Orzes, Tisoi, San Fermo di Baldeniga; sulla sponda sinistra del Piave le pievi di: 4) Castion, 5) Limana; a destra del Piave le pievi di: 6) Sedico, 7) Sospirolo, 8) San Gregorio; le altre tre pievi corrispondevano alle tre valli contigue alla vallata del Piave: 9) Pieve d’Alpago, 10) Pieve di Zoldo; 11) Agordo. Mentre l’Alpago e la Valle di Zoldo continuavano ad essere due vastissime pievi, il cui territorio corrispondeva a quello dell’intera vallata, non così per Agordo che aveva subito un frazionamento territoriale nel suo settore settentrionale con la nascita delle seguenti tre parrocchie: 12) Canale d’Agordo (1458), 13) Cencenighe (1534), 14) Alleghe (1542); 15) in territorio trevigiano la pieve di Mussolente.

Le visite pastorali di Giulio Contarini

L’attività visitale di Giulio Contarini è nettamente distinguibile in due periodi. Il primo periodo comincia nel 1547, l’anno seguente al suo passo falso che gli fece abbandonare il Concilio, e va fino al 1559. In questi tredici anni Contarini visita ogni anno, salvo l’eccezione di tre anni (1550, 1555, 1556), alcune parrocchie della diocesi. Da notare che la zona da lui maggiormente visitata è l’Agordino: per ben cinque volte si reca nella pieve di Agordo, tre volte a Canale, Alleghe e Cencenighe, per tre volte visita le cappellanie del Basso Agordino. In quegli stessi anni, importanti pievi come Sedico, Castion e Zoldo vengono visitate una sola volta, mentre la pieve di Cadola non è mai visitata ma, ciò che è sorprendente, nemmeno quella di Limana, così vicina a Belluno che il vescovo, con un cavallo che andasse al passo, avrebbe potuto raggiungere in un ora o poco più.

Dal 1559 al 1569 trascorrono dieci anni senza visite pastorali. Contarini riprenderà la sua attività nel 1569. Il Concilio nel grande decreto di riforma del 1563 aveva stabilito che il vescovo aveva l’obbligo di visitare l’intero territorio della sua diocesi ogni due anni. Contarini inizierà a dare realizzazione a ciò sei anni dopo, nel 1569. Due le visite pastorali condotte da Contarini dopo il concilio di Trento, entrambe diluite nel tempo, ma solo la prima rivolta a tutto il territorio della diocesi.

Vale la pena riferire il calendario di questa prima visita:

  • 1569: Limana;
  • 1570: Mussolente, Lavazzo, Pieve di Zoldo, Alleghe, Canale, Cencenighe, Agordo, Sospirolo, San Gregorio, Sedico, Cadola, Pieve d’AlpagoM
  • 1571: San Fermo di Baldeniga.

La successiva visita si svolse nel biennio 1573-1574. Il primo anno Contarini visitò le pievi, tra loro confinanti, di Lavazzo e di Zoldo e, manco a dirlo, l’arcidiaconato di Agordo. L’anno seguente visitò la città di Belluno. Contarini uscì di vita l’anno seguente, la sera del 7 agosto 1575 e, come da suo desiderio, venne inumato in cattedrale.

Giulio Contarini ad Agordo nel 1549

L’avvio del diario della seconda visita di Giulio Contarini ad Agordo (ADB, I, Visite pastorali, b. 1, fasc. 5, doc. 1, f. 1r; vedi la foto) è studiatamente solenne; il notaio lo ha voluto abbellire anche con un capolettera particolarmente ornato. Ahinoi, mani improvvide hanno apposto obbrobriose scritte in lapis! Vale la pena che vi trascriva le prime righe del testo, per sentirne il tono solenne:

«In nomine Domini nostri Iesu Christi amen. Anno ab eius gloriosissimo ortu / millesimo quingentesimo quadragesimo nono, indictione septima, die vero veneris quinto ju- / lii pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Pauli divina providentia Papae III /anno quintodecimo, Reverendissimus Dominus Julius Contareno Dei et Apostolicę Sedis gratia episcopus /  et comes Bellunensis dignissimus, cupiens, ex debito officii sui humeris suis impositi, uti bo- / num et vigilantem decet pastorem gregem sibi ac curę suę divinitus commissum visi- / tare…».

Il vescovo si mise in viaggio da Belluno per raggiungere Agordo venerdì 5 luglio 1549 con numeroso stuolo. Infatti lo accompagnavano il canonico Giovanni Egregi, vicario generale, Giovanni Salce, arcidiacono di Agordo, Francesco Vielmo, economo diocesano, quattro curiali e Giovanni Francesco Mazzocco notaio coadiutore della curia: insomma una comitiva di nove persone. Vengono ospitati per la sera dal nobile Matteo Doglioni. Il giorno seguente, al mattino presto, il vescovo col suo seguito assiste alla Messa nella certosa di Vedana. Pranzato dal loro ospite e in procinto di partire, alla comitiva si aggiunge un decimo componente: Nicolò Barzetto, canonico della cattedrale.

Mentre la comitiva si stava avvicinando ad Agordo, venne loro incontro un gran numero di fedeli guidati da Giuliano Vergerio, vice arcidiacono, e dagli altri sacerdoti della pieve. Vescovo, preti e fedeli si recano in chiesa e si limitano a recitare il Padre Nostro, perché essendo il giorno ormai al tramonto, il vescovo con i suoi collaboratori si ritira in canonica.

Un’ultima osservazione: al lettore attento non sarà sfuggito che l’arcidiacono Giovanni Salce (titolare della pieve di Agordo) parte da Belluno col vescovo per andare ad Agordo, mentre ad Agordo si trova un sacerdote, Giuliano Vergerio, che ne fa le veci. Ma se il titolare della pieve era Salce, perché non viveva ad Agordo? Siamo prima della conclusione del concilio di Trento, che costrinse i titolari delle parrocchie a risiedere. All’epoca le parrocchie, molto spesso, si davano in affitto dai titolari e venivano prese in affitto da altri sacerdoti. Ma di questo, per dirla con i finali delle puntate del mitico Tintin, ce ne occuperemo in un’altra puntata.