A cura di don Renzo Roncada (5ª domenica di Pasqua)

Impiegati come pietre vive

Ogni volta che troviamo uno scartato, un escluso, un discriminato, abbiamo la sorpresa di trovare Dio

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Anche nelle prime comunità cristiane cominciano alcune lamentele, un po’ di malcontento. Non c’è da stupirsi, da quando l’uomo è uomo, è sempre stato così. Gli apostoli prendono subito in mano la situazione; si discute assieme e si adotta una soluzione comune (sinodo). Si arriva così a una distribuzione di compiti: per i preti il compito dell’annuncio della Parola e della preghiera e per i diaconi il servizio di provvedere a quelli che si trovano in difficoltà economiche. I primi sette diaconi vengono scelti non perché sono esperti in affari, ma perché onesti e pieni di Spirito Santo e quindi pieni di sapienza.

Bisognerebbe che nella chiesa chi è incaricato delle faccende materiali fosse prima un grande esperto delle cose dello spirito. Tutti i credenti, al di là dei loro doveri, devono partecipare a un’impresa comune: costruire la chiesa di Dio. San Pietro, nella seconda lettura ci ricorda che: «Anche voi venite impiegati come pietre vive». Nel tempio di Dio la pietra fondamentale è Cristo, ma nella chiesa tutti i battezzati sono chiamati ad esercitare il loro specifico sacerdozio e a proclamare nel mondo «le opere meravigliose di Dio». L’uomo ha bisogno di un volto per incarnare l’idea in cui crede. Esempi non mancano: per milioni di uomini Mao dà il volto al maoismo; Martin Luther King dà il volto alla non violenza; papa Giovanni XXIII, alla bontà. Cristo, per noi, è il volto di Dio Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre».

Pietro, per una volta, fa i complimenti: «Onore a voi che credete». Io credo tuttavia, che, per meritarci le felicitazioni dell’apostolo, dobbiamo vivere la fede nella convinzione di essere degli scartati allo stesso modo di Cristo. Potremmo fare qualche esempio:

  • se il nostro modo di pensare non si integra nei ragionamenti dei sapienti di questo mondo;
  • se la nostra fedeltà non si adatta agli ossequi formali, ma è schietta e sincera;
  • se la nostra povertà non è disponibile ai progetti di grandezza;
  • se la nostra parola profetica disturba la realizzazione dei progetti dei potenti;
  • se non accettiamo le regole del successo, dell’ipocrisia, dei compromessi, della carriera;
  • se ci ostiniamo ad essere pietre vive nonostante gli insuccessi o le critiche;
  • se ci confondiamo con gioia con tutti gli scartati, i rifiutati i disprezzati della terra…,

…allora: «Onore a noi che crediamo». Tutto questo possiamo impararlo nei gruppi della spiegazione del vangelo presenti in quasi tutte le parrocchie.

Sì, crediamo alla possibilità di costruire, oltre che la Chiesa anche il mondo come pietre gettate via, ma vive. Un modo per seguire Cristo è proprio quello di imboccare la strada delle umiliazioni da parte di quelli che pensano di saperne di più, ma sanno solo se stessi. Teniamo presente che tutte le volte che troviamo uno scartato, un escluso, un discriminato, un offeso, abbiamo la sorpresa di trovare Dio e di ricostruire il regno di Dio.

Domenica scorsa Cristo si definiva la porta, oggi si rivela come la strada. La strada per arrivare al Padre. Tommaso ha però bisogno di precise indicazioni: «Come possiamo conoscere la via?». Filippo, invece ritiene che sia necessaria una visione spettacolare per risolvere tutti i problemi: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gesù fa capire ad entrambi che ciò che manca a loro e a noi è uno sguardo illuminato dalla fede, l’unica che permetta di scorgere in lui, sia la strada, sia il volto del Padre.

Ciò che manca agli apostoli e ciò che manca soprattutto a noi, è la conoscenza profonda del Maestro: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto». Ciò che ci manca non sono le visioni, ma una fede capace di mostrare a tutti cose meravigliose: “Chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi”.

Collegando insieme le tre letture, si possono individuare tre elementi essenziali del nuovo popolo che nasce dalla pasqua:

  1. una Chiesa che deve essere trasparente;
  2. una Chiesa di costruttori;
  3. una Chiesa che cerca di capire, per essere in grado di mostrare agli altri la strada giusta da percorrere.

Solo in questa prospettiva la Chiesa manifesta di essere in rapporto stretto con Cristo, «via, verità e vita».