1° gennaio 2018

A Belluno, in cammino per la pace

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Tre tappe quest’anno per il Cammino della pace, organizzato l’1 gennaio dalla diocesi di Belluno-Feltre, dal Teatro comunale di Belluno al sagrato del Duomo sul tema «Migranti e rifugiati in cerca di pace», scelto da papa Francesco per la cinquantunesima Giornata mondiale. Il maltempo della mattina e il gelo del pomeriggio hanno sconsigliato a molti potenziali partecipanti di uscire di casa: tuttavia più di qualche decina di presenti si sono incontrati puntuali, alle 17, al Teatro comunale, per accendere la propria candela, simbolo di speranza in un mondo ancora dilaniato da guerra e violenza.
Il diacono Francesco D’Alfonso ha dato lettura degli organizzatori dell’iniziativa: molti uffici diocesani, l’associazione gruppi «Insieme si può…»; tra gli organizzatori del Cammino per la pace anche l’associazione islamica «Insieme per il bene comune», l’Azione cattolica, la comunità Ba’hai. Accodandosi a uno striscione che recava il tema della giornata, il corteo ha attraversato spiazza dei Martiri per arrivare alla prima tappa.

«Belluno è bella perché c’è la pace»

Nella prima tappa Elisa Di Benedetto, giornalista e responsabile della scuola di italiano per migranti «Penny Wirton» di Limana, ha descritto l’esperienza della scuola e dei suoi volontari: «Siamo un gruppo che ogni lunedì si ritrova per insegnare la lingua italiana ai giovani accolti a Limana, aiutarli a conoscere la nostra cultura e i servizi sul territorio». «Abbiamo riflettuto con i nostri allievi – ha detto la Di Benedetto – su perché Belluno sia la città italiana dove si vive meglio, e la risposta è stata unanime da parte loro: perché a Belluno c’è la pace. E l’accoglienza è fondamentale per costruire la pace. «Il primo passo verso l’accoglienza – ha proseguito Elisa Di Benedetto – è considerare chi arriva sul nostro territorio come persone, evitando i termini utilizzati per definire la loro condizione e il loro status giuridico: migranti, richiedenti asilo, profughi, rifugiati. Cominciamo a considerarli esseri umani: uomini, donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace»: parole, queste ultime, del magistero sia di papa Benedetto che di papa Francesco. «Chiamarli per nome – ed è ancora la voce di Elisa Di Benedetto a risuonare in piazza dei Martiri – significa riconoscerli come persone, incontrarli, conoscerli, stabilire un legame. È impegnativo, perché richiede coinvolgimento e ci costringe a superare le barriere e ad assumerci la responsabilità, verso queste persone e verso la nostra comunità». Ancora un cenno all’esperienza di Limana: «funziona proprio perché si è creata una sinergia tra diverse realtà: il mondo del volontariato, le cooperative che gestiscono l’accoglienza, il Comune, che ha creduto al nostro progetto, mettendo a disposizione gli spazi, E poi ci sono la biblioteca, la parrocchia e le altre comunità religiose…». Un allievo della scuola, Abdoulaye, ha ribadito la necessità della pace con un augurio di pace in molte lingue, compreso il latino. La prima tappa ha registrato anche un brevissimo intervento della comunità musulmana, che ha ribadito, per bocca di Assia Meraga, che «per costruire la pace serve la giustizia».

Una lingua da reimparare

Il corteo ha quindi attraversato porta Dante per dirigersi a Palazzo Rosso. All’esterno del municipio ha preso il microfono l’assessore alla cultura del Comune di Belluno Marco Perale; da storico, ha ricordato come quella stessa piazza cento anni or sono fosse zona di guerra, e Anicet Zoungoula, congolese, a Belluno da vent’anni: «dopo tante esperienze condivise mi sento bellunese – ha detto – e a chi arriva qui in Italia dico: non basta stabilirsi, bisogna imparare a essere italiani, nella cultura, nella storia, nelle regole». Anicet Zoungoula è parte attiva dell’associazione «Popoli insieme», che si è accollata, assieme alla diocesi, l’organizzazione dell’annuale Festa dei popoli che si tiene a maggio. Nella seconda tappa, è stato proclamato anche parte del messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace. È stato dato risalto ai quattro verbi che, citati nel messaggio, quasi lo riassumono: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
Un ultimo breve tratto è stato percorso per raggiungere il Sagrato del Duomo. Anche qui è stato letto parte del messaggio del Papa. L’ultimo intervento è stato del vescovo Renato Marangoni, che, riferendosi alle esperienze delle scuole di italiano per migranti, ne ha colto la dimensione simbolica: se è un dovere insegnare l’italiano, «dobbiamo reimparare l’italiano anche noi: dobbiamo reimparare quella lingua, frutto di tanti sedimentazioni di accoglienza e di dialogo, che ci consenta di comunicare con gli altri». «Agli amici immigrati dico: aiutateci a reimparare l’italiano, aiutateci a reimparare la nostra cultura, aiutateci a reimparare la capacità di accogliere il Vangelo». La seconda e la terza tappa del cammino hanno avuto come sottofondo la musica sparata dagli altoparlanti della pista di ghiaccio di piazza Duomo, che non hanno voluto o potuto interrompere i loro decibel: «mi chiedo – ha detto il Vescovo – dove è il cuore della nostra gente, quando persone dicono di avere sulla scrivania il tasto da schiacciare per lanciare i missili».
Con i saluti e gli auguri il Cammino per la pace si è fermato in piazza Duomo, con l’invito a partecipare alla celebrazione eucaristica che sarebbe iniziata di lì a poco in Cattedrale.

don Giuseppe Bratti