A cura di don Renato De Vido (23ª domenica del tempo ordinario - anno A)

La correzione in vista del perdono

Il perdono non è un’emozione, ma una decisione; non nasce all’improvviso, ma è un percorso

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Quanto Gesù pensa, vuole, desidera, sogna la sua Chiesa, la sua comunità! Per farlo, va al centro di un problema che affligge ogni raggruppamento umano, dal più naturale che è la famiglia a quello più ampio che è la Chiesa. Per una volta, non propone il sogno dell’unità indefettibile, ma tiene conto, realisticamente, magistralmente, del cancro della disunione.

1. Gesù non parlava dai tetti in su, e si rendeva benissimo conto che anche i credenti in lui avevano e avrebbero avuto le stesse difficoltà di relazione con il prossimo. L’essere suoi seguaci non dispensa dagli ostacoli propri della nostra condizione umana, anzi li acutizza. Ci si illude che la religione ci faccia automaticamente migliori, quindi più disponibili e meno carichi di difetti. Come succede ai fidanzati, che pensano che stare insieme renda automaticamente impeccabili i propri rapporti.

Chiesa non è la somma di iniziative programmatiche che riempiono le agende e disperdono anche energie preziose, bensì lo sforzo per porre nel cuore della Chiesa stessa un perno che permette a tutto il resto di girare bene. La Chiesa che non cessa di rimanere mistero e popolo deve usare gli stessi strumenti di Cristo: si è avvicinato ed ha incontrato sempre… concretamente, perché il Vangelo è sempre concreto!

2. La medicina offerta dal Signore è molto liberante: quella del perdono. Chi si allena nella comprensione degli altri, diluisce le manchevolezze altrui con un senso di accettazione, di tolleranza. Chi cerca di non inciampare continuamente sui difetti e sui torti subiti, un po’ alla volta cammina più spedito. Il non riuscire a perdonare, viceversa, diventa un laccio, una schiavitù, una dipendenza psicologica, un condizionamento. L’unica alternativa è quella di provare, di non fissare una misura al nostro perdono, e di sperimentare anche la libertà interiore che si conquista attraverso il perdono.

3. Il percorso della comunità cristiana ha però anche altre caratteristiche. Anzitutto quella della correzione fraterna, e usiamo apposta questo termine così fuori moda. Se mio fratello sta sbagliando, se è evidente il suo errore, non è detto che io debba girarmi dall’altra fingendo di non vedere. Tra me e lui si è insediato l’errore: come rimuoverlo? Come liberare mio fratello da quel laccio che lo tiene prigioniero? Partendo ancora una volta dall’amore che dovrebbe ispirare il mio intervento.

La correzione è in vista del perdono, anzi è già accoglienza e perdono. Si corregge perché si ama… Il banco di prova più frequente è il modo con cui educhiamo i bambini: se vogliamo loro bene, i nostri rimproveri non assumono mai l’aria della cattiveria e del nervosismo. Che ci fa problema, tuttavia, è che non sempre abbiamo le disposizioni d’animo giuste per fare un’osservazione o per riceverla dagli altri.

Il perdono non consiste in un’emozione, ma in una decisione. Non nasce come evento improvviso, ma come un percorso.