A cura di don Renzo Roncada (4ª domenica di Quaresima - Anno A)

L’oscurità può essere sconfitta

Non basta possedere la vista, bisogna anche imparare a guardare

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Parliamo oggi di luce, non perché le giornate si fanno più lunghe, ma perché il Vangelo ci parla di luce. È così semplice: basta accettare la luce di Dio per credere; non come i farisei che non accettano la luce, ma come quel cieco che ha accettato di vedere.

L’oscurità può essere sconfitta. Qualcuno, un giorno lontano, si è messo a proclamare: «Io sono la luce del mondo». Il Vangelo ce ne dà conferma. A un uomo cieco dalla nascita si sono aperti gli occhi. È stato miracolato da quella luce. Di fronte a una cosa del genere ci si aspetterebbe una manifestazione di meraviglia, di stupore e invece la scena descritta da Giovanni è penosa e ridicola: dubbi, discussioni, addirittura una scomunica: «È un peccatore». Più che cercare la luce si cerca di mettersi al riparo dalla luce. È come quel chierichetto di tempi passati che alla sveglia mattutina della mamma per andare a servire la messa, risponde: «Lasciami ancora qui a letto, è troppo presto, la luna non si è ancora spenta…». Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

A questo punto fa eco una certezza assoluta: «Una cosa sola so: ero cieco e ora ci vedo». Un piccolo fatto contro una montagna di chiacchiere. I farisei detengono il potere, l’ex cieco l’esperienza. Ha incontrato uno che gli ha spalancato gli occhi. Possono dire quello che vogliono. Lui si tiene la sua guarigione. Non è certo disposto a chiudere gli occhi per le discussioni degli altri. Si potrebbe richiamare qui la prima lettura: «L’uomo guarda l’apparenza, Dio guarda il cuore». Tradotto per la nostra epoca sempre pronta a giudicare gli altri: «Non è consentito guardare solo in superficie: il trucco, la divisa, le forme esteriori, le tessere… bisogna guardare la realtà, la sostanza». Nel nostro caso guardare a Gesù portatore di vita e di luce.

La testimonianza del credente dovrebbe essere basata su un incontro, su un contatto diretto. Allora si può testimoniare con semplicità e con sicurezza: dite quello che volete, ma io ci vedo. Dopo quell’incontro la mia vita è cambiata, sono trasformato. Ho creduto a quello che mi ha detto: «Va’». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. La verità l’ho imparata non dai libri, ma da una persona.

È così la nostra esperienza? Bisogna allora fare la scoperta decisiva. Scoprire Dio. «Colui che parla con te è proprio Lui». C’è il Dio costruito dagli intellettuali, il Dio del codice, dei ricchi, di destra e di sinistra: è il Dio delle tenebre. Deve finalmente venire il momento di credere nel vero Dio: «Il Dio che parla con te». Quando il mondo comincia a darti nausea allora è il momento di ascoltare quelle parole: «Sono io che ti parlo». Quando vengono meno tutti gli appoggi umani e vedi buio, allora è il momento di accettare il dono della vista. Quando ci riconosciamo ciechi dalla nascita, allora è il momento di credere nella luce.

E per concludere. Non basta possedere la vista. Bisogna anche imparare a guardare, perché c’è una grossa differenza tra il guardare dei farisei e il guardare dell’ex cieco.