Un richiamo importante sulla sintonia con il Concilio Vaticano II

Non lasciamoci derubare di questa ricchezza

Spunti di riflessione sulla formazione liturgica nelle sue dinamiche

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La presentazione di altri capitoli della lettera apostolica “Desiderium desideravi” continua la rilettura dei messaggi e delle proposte suggerite da Papa Francesco al Popolo di Dio perché si attui, come comunità e come singoli individui, una seria e vitale “formazione liturgica”.

L’attualità reale del Mistero pasquale

Il settimo capitolo (nn. 24-26) ha come titolo l’espressione: “Lo stupore per il mistero pasquale: parte essenziale dell’atto liturgico”. Dice il Papa:

«Se venisse a mancare lo stupore per il mistero pasquale che si rende presente nella concretezza dei segni sacramentali, potremmo davvero rischiare di essere impermeabili all’oceano di grazia che inonda ogni celebrazione. Non sono sufficienti i pur lodevoli sforzi a favore di una migliore qualità della celebrazione e nemmeno un richiamo all’interiorità: anche quest’ultima corre il rischio di ridursi a una vuota soggettività se non accoglie la rivelazione del mistero cristiano. L’incontro con Dio non è frutto di una individuale ricerca interiore di Lui ma è un evento donato: possiamo incontrare Dio per il fatto nuovo dell’incarnazione che nell’ultima Cena arriva fino all’estremo di desiderare di essere mangiato da noi. Come ci può accadere la sventura di sottrarci al fascino della bellezza di questo dono?».

Una formazione liturgica seria e vitale

Il capitolo ottavo presenta nei suoi molti numeri (dal 27 al 47) il significato e il valore della formazione liturgica. Il Papa invita a fare riferimento alle precise indicazioni offerte dal Concilio Vaticano II e dalle riforme che ne sono scaturite, fissate nei libri liturgici proposte alle Comunità cristiane. Richiama il Papa al n. 31 la realtà, non giustificata, di chi non accetta la riforma sopra accennata.

«…Se la Liturgia è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia” (Sacrosanctum Concilium, n. 10), comprendiamo bene che cosa è in gioco nella questione liturgica. Sarebbe banale leggere le tensioni, purtroppo presenti attorno alla celebrazione, come una semplice divergenza tra diverse sensibilità nei confronti di una forma rituale. La problematica è anzitutto ecclesiologica. Non vedo come si possa dire di riconoscere la validità del Concilio – anche se un po’ mi stupisce che un cattolico possa presumere di non farlo – e non accogliere la riforma liturgica nata dalla Sacrosanctum Concilium che esprime la realtà della Liturgia in intima connessione con la visione di Chiesa mirabilmente descritta dalla Lumen gentium. Per questo – come ho spiegato nella lettera inviata a tutti i Vescovi – ho sentito il dovere di affermare che “i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano” (Motu Proprio Traditionis custodes, art. 1).La non accoglienza della riforma, come pure una sua superficiale comprensione, ci distoglie dall’impegno di trovare le risposte alla domanda che torno a ripetere: come crescere nella capacità di vivere in pienezza l’azione liturgica? Come continuare a stupirci di ciò che nella celebrazione accade sotto i nostri occhi? Abbiamo bisogno di una seria e vitale formazione liturgica».

Parlando poi di questa realtà all’interno dell’esperienza ecclesiale, il Papa indica due aspetti: «La formazione alla liturgia e la formazione dalla Liturgia. Il primo è funzionale al secondo che è essenziale» (DD34). Il documento accenna alla formazione nei seminari e insieme parla di una “formazione permanente” che è esigenza sia per i ministri che per tutti i battezzati: «Per i ministri e per tutti i battezzati, la formazione liturgica in questo suo primo significato, non è qualcosa che si possa pensare di conquistare una volta per sempre: poiché il dono del mistero celebrato supera la nostra capacità di conoscenza, questo impegno dovrà per certo accompagnare la formazione permanente di ciascuno, con l’umiltà dei piccoli, atteggiamento che apre allo stupore» (DD 38).

Il secondo aspetto della formazione liturgica si realizza nella esperienza liturgica dove è necessario essere in grado di porre e di comprendere i simboli. Viene poi data un’indicazione precisa. «La domanda che ci poniamo è, dunque, come tornare a essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere? Sappiamo bene che la celebrazione dei sacramenti è – per grazia di Dio – efficace in se stessa (ex opere operato) ma questo non garantisce un pieno coinvolgimento delle persone senza un adeguato modo di porsi di fronte al linguaggio della celebrazione. La lettura simbolica non è un fatto di conoscenza mentale, di acquisizione di concetti ma è esperienza vitale» (DD 45). Qui si accenna a un cammino spirituale che porta ad acquisire l’atteggiamento interiore che ci permette di porre e comprendere i simboli liturgici nella loro varietà e totalità. Sono momenti semplici di esperienza celebrativa, di gesti posti senza una totale comprensione, ma che dall’azione dello Spirito Santo producono i frutti desiderati. Quest’iniziazione progressiva al linguaggio simbolico diventa bagaglio importante del singolo e della comunità. Il Papa afferma che di questa ricchezza acquisita non possiamo farci derubare.

Giuliano Follin

(continua)