A cura di don Renato De Vido (15ª domenica del tempo ordinario - anno A)

Non ritornerà a me senza effetto

La prima e più importante richiesta che viene fatta all’uomo è quella di ascoltare

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«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, così sarà della mia parola, uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto».

Lo ha detto, quasi commovendosi, il profeta Isaia. Quante volte, nonostante il nostro definirci credenti, abbiamo dubitato della Parola di Dio! E quante volte il cambiamento repentino di qualche persona è dovuto esclusivamente ad una parola che si è rubata il cuore!

1. Cerchiamo di non fare lo sbaglio di volgere l’attenzione sui vari predicatori anziché sul quel predicatore che è Cristo! Anche riflettendo sulla parabola, non andiamo a cercare le molte ragioni dei fallimenti della predicazione… e non cerchiamole soprattutto negli altri.

Se ciascuno di noi avesse il dono e la pazienza di meditare a fondo, comprenderebbe  che la Parola di Dio non ha come fine i progetti degli uomini, ma la realizzazione dei desideri e dei piani di Dio. È dunque sempre e comunque efficace anche quando sembra non avere alcun effetto sulla nostra vita personale.

Se è vero che ha sempre effetto nella nostra vita, è anche vero che questo effetto cresce o diminuisce anche attraverso la nostra cooperazione. Le due polarità devono attrarre la nostra riflessione.

2. «Ecco, il seminatore uscì a seminare e mentre seminava, una parte cadde». La spiegazione che ne segue trasforma gli uditori in agricoltori. Guardiamo bene al nostro orto, cioè al terreno che ciascuno è. Cristo ha grande fiducia nell’uomo che ascolta e che porta con sé la parola. La parabola porta a essere collaboratori del divino seminatore.

Se ascoltiamo senza capire, siamo strada asfaltata. Se siamo entusiasti, ma fragili, volubili, privi di radici, siamo terreno sassoso. Se siamo ansiosi per gli affari e per la nostra economia, abbiamo spine che crescono, che tentano di spadroneggiare. Il terreno buono è descritto da questi verbi: ascoltare, fruttificare, fare.

La prima e più importante richiesta che viene fatta all’uomo è quella di ascoltare: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore». Qui l’ascolto è concepito non come un semplice esercizio del cogliere suoni e discorsi ma piuttosto come un atteggiamento, una disposizione del cuore.

3. A gettare nel mondo la sua Parola è Gesù, che non si è limitato ai suoi. A loro ha detto: «Beati i vostri occhi, i vostri orecchi che ascoltano…», ma poi ha parlato a tutti, uomini e donne, dotti e analfabeti, ricchi e poveri, piccoli e grandi…

Non crediamo che gli apostoli fossero terreno facile per Gesù. Questi nostri problemi di accoglienza e di docilità ce li avevano anche loro, tali e quali: vediamo nel corso del Vangelo che spesso non capiscono, non vogliono accettare il modo di Gesù di essere messia, ricercano sé stessi, sono litigiosi e nel momento cruciale fuggono.

Hanno di buono che restano sempre con lui, disponibili a seguire il Signore, a ricominciare dopo le cadute, a mettersi di nuovo all’ascolto.