A cura di don Vito De Vido (4ª domenica di Avvento - anno A)

Non temere, Giuseppe

Il Signore si rivela agli umili e fa splendere di speranza i cuori

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Nel nostro itinerario verso il Natale, con Maria e Giovanni Battista, incontriamo la figura di Giuseppe. Di Giuseppe il Vangelo non ci riporta neppure una parola. Neanche un “sì”. Però ci racconta alcune cose di lui, quelle essenziali, che adempiono le Scritture: egli è della discendenza del re Davide, proprio quello a cui Dio aveva promesso di far sedere per sempre sul suo trono uno uscito dalla sua famiglia. Giuseppe sarà stato anche di famiglia reale, ma si ritrova a fare il falegname a Nazaret, lontano da Betlemme, la città d’origine della sua famiglia, e da Gerusalemme, la città del re. Ormai da secoli sul trono di Gerusalemme non siede uno della famiglia del re Davide. Anzi, il re che occupa il trono di Gerusalemme è quel perfido Erode che ordinerà la strage dei bambini di Betlemme.

Giuseppe vive un’esistenza tranquilla, come tutti gli altri abitanti di Nazaret, il Vangelo ce lo descrive come uomo giusto, e impegnato con Maria: sono promessi sposi. Ma la sua vita è sconvolta, quando Maria viene a confidargli di essere incinta. Giuseppe sta male. È deluso. E pensa ad una soluzione che possa salvare sia l’onore della propria famiglia, ma senza mettere in pericolo la vita di Maria, che per la Legge di Mosè avrebbe dovuto essere lapidata come adultera, accusata proprio dal futuro marito tradito. Giuseppe è così sfinito che si addormenta. È durante il sonno che Dio si fa sentire, attraverso un messaggero: «Non temere, Giuseppe».

«Non temere». Com’è bella questa parola di Dio per Giuseppe. È la stessa che usa nei riguardi di Maria. E Gesù la adopera sia con i discepoli quando si trovano in difficoltà, sia dopo la Risurrezione, con le donne: «Coraggio, non abbiate timore, sono io». Non temere, è molto di più di non avere paura. Quando siamo in difficoltà abbiamo il diritto di vivere i nostri sentimenti: paura, angoscia, ansia, agitazione, dolore, sconforto, pianto. Forse abbiamo fatto tutti l’esperienza da bambini in su di come siano fastidiosi, e a volte controproducenti quelle frasi che – con tutte le buone intenzioni – ci vengono rivolte: «Sta’ tranquillo, non è niente, finiscila di piangere, non starci male, smettila di lamentarti…». Certo, sono dettate dall’affetto, di chi non vuole vederci star male. Forse anche noi le abbiamo usate con i nostri bambini, con i nostri famigliari e amici. Forse ce le siamo ripetute anche noi stessi. Ma ci sono servite? Ci hanno fatto bene? Hanno fatto star meglio le persone accanto a noi?

In Giuseppe solo, deluso, imbrogliato da Maria e anche da Dio leggiamo anche la nostra vita. Lo strato superficiale delle cose ci fa agire con il sentimento, l’istinto: rabbia, delusione, pianto. Poi Giuseppe passa alle soluzioni. Inutile piangersi addosso. Ora c’è da trovare una via d’uscita. Sposarsi e far finta di niente è esclusa da Giuseppe a priori. Assolutamente no. Ma neppure denunciare Maria e ucciderla a sassate non è una buona soluzione. Ecco l’idea che salva sia l’onore dell’uomo tradito, e salva la vita a Maria, perché vada sola per la sua strada: rompere il fidanzamento in segreto.

Ora Giuseppe può dormire. Quando si dorme non si lavora, non si pensa, non si agisce. È proprio in questo momento che Dio prende in mano la situazione e risolve il problema.

  • «Non temere». Ci permette di restare con i nostri dubbi e le nostre paure, ma ci offre anche una via d’uscita.
  • «Prendi con te Maria». È la voce del cuore e dell’affetto. Resta fedele al tuo primo progetto, alla famiglia che avevi pensato di formare con Maria.
  • «Quel che è generato in Lei viene da Dio». Questa parola di Dio per Giuseppe suona strana, ma la fede gli fa compiere il passo decisivo verso la vita, verso la gioia, verso la serenità.
  • «Nascerà un figlio e tu lo chiamerai Gesù». Non ti viene tolta la gioia della paternità. Ti viene affidato un compito importante. Tu sarai padre, questo significa dare il nome a questo bambino misterioso.
  • «Egli salverà il popolo dai suoi peccati». Giuseppe entra per il portone nella storia della Salvezza, non per una porta laterale, non di nascosto, né con l’imbroglio.

Chi è questo Bambino, lo sa Maria e lo sa Giuseppe. E lo sa Dio. Gli altri lo sapranno. I pastori e i magi a Natale lo cercano. Erode lo cerca per ucciderlo. Simeone e Anna lo riconoscono come il Messia salvatore. Giovanni Battista lo annuncia presente. I suoi discepoli sono chiamati per nome a seguirlo.

E ora anche noi, in questo Natale che si avvicina, siamo chiamati a scegliere: celebrare il Natale con l’imbroglio (solo superficialmente) o sinceramente (accogliendo Gesù per quello che è, cioè Figlio di Dio)?