A cura di don Alessandro Coletti (28ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Per che cosa vogliamo giocarci la vita?

Le ricchezze sono utili, a volte sono indispensabili, ma non dobbiamo dimenticare mai che sono strumenti

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Tutti noi abbiamo fatto l’esperienza, magari facendo una gita in montagna, di dover passare un fiumiciattolo o un torrente. Non c’è un ponte, ma non voglio bagnarmi i piedi o rischiare di scivolare. Il trucco lo conosciamo: butto delle pietre un po’ grandi in mezzo all’acqua e camminando o saltando su questi sassi passo tranquillamente dall’altra parte. Quelle pietre mi sono servite, sono state importanti… ma nessuno si sognerebbe, finito il passaggio, di mettersele nello zaino per usarle da un’altra parte. Sarebbe uno sforzo inutile. Quelle pietre, che erano state così comode, diventerebbero motivo di fatica. Sarebbe da stupidi o, per usare un termine più biblico, da stolti.

Le ricchezze, ci dice il Vangelo, sono come quei sassi. Sono utili, a volte sono importanti, a volte sono anche indispensabili ma non dobbiamo dimenticare mai che sono mezzi, strumenti. Accumulare soldi solo per il gusto di accumulare è da stolti, da stupidi. Altrimenti i soldi diventano i padroni della nostra vita, diventano un peso che ci rallenta nel cammino verso la nostra meta: la santità. “Il denaro è un ottimo servo ma un pessimo padrone” ma è tanto facile diventare schiavi di ciò che abbiamo. E allora ci chiudiamo in noi stessi, ci chiudiamo agli altri. “Il denaro è come il concime, che serve solo quando è sparso”. Il rischio è che ci capiti succede quello che è successo al tale di cui parla il Vangelo: andarsene via tristi. Facciamo attenzione! Perché il mondo ci dice che più possiedi e più sei felice. Gesù ci dice: “Sarai tanto più felice quanto donerai!”.

Il Signore ci vuole felici. Felici di una felicità vera, profonda. E ci dà anche la ricetta per essere davvero felici: il primo ingrediente è la sapienza: la capacità di vivere bene la nostra vita, di gustarcela e di capire bene il valore delle cose. La sapienza non si impara sui libri di scuola o sui banchi dell’università; la sapienza si impara facendo tesoro della vita, guardandosi intorno, facendo proprio lo stile di chi ha vissuto una vita piena: la sapienza però ancora prima è dono di Dio! Il modello della persona sapiente nella Bibbia è Salomone. Il primo Libro dei Re racconta che mentre si trovava a Gabaon, Salomone, durante la notte, sentì Dio in sogno. E Dio gli fece una promessa straordinaria: «Chiedimi ciò che io devo concederti». Salomone, ancora giovane, chiede a Dio la sapienza per governare bene il suo popolo. A Dio la risposta piace molto, tanto che promette a Salomone non solo la Sapienza ma anche tutti i doni che avrebbe potuto chiedere. La sapienza per valutare bene cosa vale davvero nella vita… “L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce”. Quante persone si ammalano per possedere cose, titoli, per accumulare sempre di più… e poi magari perdono la salute e si accorgono che tutta questa brama di possedere non valeva niente. Quanti attori famosi sono sani, ricchi e belli e tanto infelici… hanno tutto e non hanno niente! Il Signore ci dice: “Siate saggi, date il giusto valore ai beni”. «Chi punta unicamente sui beni terreni risulterà perdente nonostante le apparenze di successo, la morte lo coglierà con un cumulo di cose ma con una vita mancata. La scelta dunque è tra essere e avere, tra una vita piena e un’esistenza vuota, tra la verità e la menzogna», ha detto papa Giovanni Paolo II.

Nella basilica di san Francesco a Siena c’è un dipinto molto bello di Ambrogio Lorenzetti che rappresenta Ludovico D’Angiò che riceve il saio da francescano. Era erede al trono del regno di Napoli ma rinuncia al trono per seguire Cristo. Al potere terreno ha preferito un tesoro in cielo. Sempre in questo quadro si vede il fratello minore Roberto che riceve la corona rifiutata dal fratello… Ma una cosa che salta all’occhio sono i due sguardi: Ludovico è sereno, gioioso, Roberto pensoso, quasi triste con il gomito sulla gamba e il viso appoggiato sulla mano. Chi dei due ha guadagnato di più?

Il giovane ricco del Vangelo se ne va triste. È un bravo ragazzo, buono fin da piccolo, un giovane di quelli che magari ce ne fossero tanti in tutte le parrocchie. Ma essere buono non gli basta… Vuole qualcosa di più. Il Signore gli indica la strada… quel giovane sa che seguire Gesù lo renderebbe felice ma i beni lo incatenano. Il Signore guarda anche noi con uno sguardo d’amore, ci chiama a seguirlo. Non tutti siamo chiamati a lasciare tutto. Qualcuno è chiamato a seguirlo come mamma, come papà, anche come politico, come marito o moglie, come laico consacrato, altri come prete, diacono o suora. Ma tutti siamo chiamati a seguirlo. Il premio? Una vita piena qui e una vita eterna nell’aldilà.