Con la gioia di essere parte di una Chiesa in cammino, magari con “passo lento”, ma in cui è possibile riconoscere segni di speranza per il futuro: così si è conclusa domenica 8 luglio a Santa Cesarea Terme (Lecce) la settimana di “laboratorio” del Progetto Secondo Annuncio, ultima tappa di un percorso ideato a partire dal 2013 da fratel Enzo Biemmi.
Un progetto che ha visto coinvolte più di 40 diocesi italiane, in particolare del Nord e della Puglia, con circa 150 partecipanti ad ogni incontro annuale: la nostra diocesi era rappresentata, in questa ultima tappa, dal vescovo Renato, assieme a due sacerdoti e due laici.
Ma cosa significa Secondo Annuncio? In questi sei anni di lavoro estivo è andata via via chiarendosi il senso di questa espressione, soprattutto attraverso l’analisi di “buone pratiche pastorali”: oggi le comunità dei credenti sono nuovamente evangelizzate nella misura in cui sanno mettersi in ascolto di quello che le persone, nei loro passaggi di vita, concretamente esprimono. Ogni comunità è chiamata infatti a una continua conversione, a una rilettura della Buona Notizia portata da Cristo, alla luce di quanto vive in questo nostro tempo: la vita quotidiana diventa l’alfabeto per comunicare il Vangelo (conversione antropologica), la Chiesa, con l’aiuto dello Spirito Santo, lascia che questo annuncio la interroghi e la trasformi (conversione ecclesiologica), scoprendo, in modo a volte inaspettato, una nuova immagine di Dio, un Dio vulnerabile che ha bisogno dell’uomo (conversione teologica).
Le pratiche analizzate nei cinque anni del Progetto sono relative ai cinque passaggi di vita individuati come fondamentali nel Convegno ecclesiale nazionale di Verona del 2006: il generare e lasciar partire, l’errare (nel senso dell’andare, ma anche dello sbagliare), il vivere i legami e la loro fragilità, l’appassionarsi e il com-patire, ed infine il vivere il limite, la malattia, il proprio morire.
Il “cuore pulsante” della settimana consisteva proprio nell’ascolto e nell’analisi di esperienze raccontate non in quanto esemplari, ma perché esemplificative di realtà in atto nelle comunità ecclesiali italiane. L’ascolto delle “pratiche” era approfondito con il contributo di “esperti” (teologi, filosofi, biblisti, pedagogisti…) e poi analizzato in piccoli gruppi per coglierne ed evidenziarne limiti e “luci di posizione”. L’agire pastorale “virtuoso” nel campo della nuova evangelizzazione ha bisogno di essere raccontato e intrepretato in vista di una pastorale e di una catechesi che aprano a una stagione nuova nella fede. Si tratta di essere “pensosamente pratici”, di osare azioni anche “inopportune”, ma provvidenziali. Ispirazione e sostegno a un simile agire è sempre la preghiera, che, anche all’interno della settimana di lavoro, ha avuto un posto non secondario. Al mattino utilizzando il linguaggio dell’arte: pittura, scultura, musica, danza… sono espressione della profondità e spiritualità del nostro essere; alla sera utilizzando gesti semplici, simbolici, che, come tutti i riti, ci coinvolgono nel “celebrare” la vita che ci è donata.
L’esperienza di Santa Cesarea è conclusa, ma con la speranza che possa essere “lievito” per tutta la Chiesa, proprio a partire dalla sua espressione più ordinaria che è la parrocchia, comunità di credenti che, inseriti nel proprio territorio, vivono e testimoniano il vangelo ascoltando la Parola presente nella vita delle persone con dolcezza e rispetto, lasciandosi toccare e interrogare.
Zanin Lina