Transizione ecologica, cammini e un prete di montagna

Riabitare la montagna

A Col Cumano il forum di Greenaccord dedicato ad Albino Luciani (15-17 luglio)

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Che cosa significa riabitare la montagna, fare in modo che si ripopolino i piccoli centri e promuovere la cura del territorio montano? Con questo tema di sfondo, si apre venerdì 15 luglio il forum di Greenaccord, dedicato alla montagna e al lavoro necessario per monitorarne i fenomeni di rischio. Si apre celebrando il ricordo di Albino Luciani – Giovanni Paolo I, alla soglia della sua beatificazione. Per questo il luogo scelto è il Centro a lui dedicato a quarant’anni esatti dalla sua fondazione, il centro dove per due giorni si parla del valore della montagna attraverso la rilettura del pensiero di uno dei suoi più grandi, appassionati, figli ed estimatori.

«Papa Luciani adorava le sue montagne e le conosceva perfettamente, amava molto camminare, conosceva flora e fauna e il beneficio della vacanza e del riposo a contatto con la natura. Direi che Albino Luciani, nella sua semplicità, viveva senza saperlo e in modo naturale lo spirito della Laudato si’, e avvertiva l’esigenza della profondità dell’essere in sintonia e in armonia con il creato». Con questa introduzione di Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord onlus, che si occupa dal 2003 di formare i giornalisti sui temi dell’ambiente e della transizione ecologica, si apre il forum davanti alle maestose Dolomiti, al cui cospetto sembra più facile ricondurre l’uomo al rapporto equilibrato con la natura. «Greenaccord da sempre stimola i giornalisti a seguire l’attualità con lo scopo dell’approfondimento, della formazione. Il tema ambientale ha bisogno della totalità del contributo e della condivisione, perché la sensibilità ambientale diventi sostenibilità reale». Concludendo così il suo saluto introduttivo, Cauteruccio ringrazia per l’accoglienza il Centro Papa Luciani e saluta il direttore don Davide Fiocco, che sottolinea come un Centro da dedicare alla catechesi, ma anche alla spiritualità e alla cultura, sia il migliore modo di celebrare la figura di Giovanni Paolo I. «Lui aveva il pallino del giornalismo, e ricordava, da Papa, il suo vecchio maestro di Feltre che gli diceva: “tu scrivi bene, fanne la tua punta di diamante”».

I due sindaci che fanno gli onori di casa, Ivan Minella per Santa Giustina e Flavio Colcergnan per Canale d’Agordo, dove Albino Luciani nacque nel 1912, mettono immediatamente l’accento il primo sulla potente azione catalizzatrice del Centro – che è un luogo frequentato dai giovani, che realizza tanti eventi nazionali e internazionali, perché si può essere piccoli ma con un luogo di altissimo spessore – e il secondo sulla distorsione per cui la montagna è considerata solo un parco divertimento per le vacanze, senza percepire la fatica che invece costa viverla. Colcergnan comunica che il bisogno di dare sicurezza a chi abita in montagna si traduce in lavoro per l’integrità sociale, per i servizi e per l’integrità del territorio: «la montagna è stata fatta a pezzi da interventi fuori posto che hanno distrutto il tessuto sociale, è questo che va ricostruito, è questo il messaggio che vorrebbe sentire Albino Luciani».

Con mons. Renato Marangoni, vescovo di Belluno-Feltre, «entriamo nell’ambiente del nostro Albino Luciani, perché la montagna dice quello che siamo e cerchiamo e Luciani aveva questa consapevolezza». L’espressione del Salmo 121 – «Alzò gli occhi verso i monti» – nelle parole del Vescovo diventa una chiave di lettura della vicenda culturale e spirituale di Albino Luciani: «Le montagne – specificatamente le Dolomiti – costituiscono uno scenario di vita formidabile, in cui Giovanni Paolo I ha continuato ad attingere e a comprendere se stesso e gli eventi della storia, quella che più direttamente egli ha vissuto, ma anche la grande storia. Dal piccolo e dal particolare Albino Luciani è sempre risalito, con un percorso originalissimo e acculturato, al grande e all’universale». La fatica di vivere in montagna, acquisire una sorta di sapienza della montagna vivendola, è visione e rappresentazione della vita. Dentro la dinamica del vivere, sapere cogliere il dialogo di intimità e scambio tra la gente e le proprie montagne è in collisione con un commercio del turismo che tutto questo distrugge, perché «c’è un ambiente da conoscere pienamente e non da usare e abusare, il rischio di travisare la comunicazione intima della montagna è perdita di amore e sottrazione di pudore, spegnimento di passione», conclude il Vescovo. Il turismo consumistico è senza amore e senza pudore, e inconsapevolmente porta a questo. La visione positiva di Luciani, che alzava gli occhi verso i monti e portava dentro di sé questo incredibile paesaggio lontano, provocava la sensazione di un oltre non prendibile, il termine di paragone con cui lui si spingeva a interpretare la vita, sempre, attraverso le montagne.

A seguire è intervenuta Patrizia Luciani, dedicando la sua relazione ad “Albino Luciani, un prete di montagna”, in cui la studiosa ha evidenziato «alcuni aspetti sui quali la personalità di Luciani sembra essere stata particolarmente segnata dalla sua crescita e formazione in una piccola comunità della montagna bellunese e dal rapporto con una natura maestosa e insieme austera: l’esperienza della povertà, dei dolorosi distacchi legati all’emigrazione dei genitori, l’essenzialità e la riservatezza nelle relazioni, l’umiltà, il forte senso comunitario». Inoltre ha sottolineato in Luciani una «sensibilità ecologica, orientata al riequilibrio delle risorse a livello planetario che anticipa tematiche care a papa Francesco».

A concludere la sessione dedicata alla montagna e alla conversione ecologica è Loris Serafini, direttore della Fondazione Papa Luciani di Canale d’Agordo, riferendosi al silenzio dei monti che parla al cuore: «Il silenzio è una dimensione fondamentale della montagna. In passato la montagna era per i montanari che l’abitavano una madre severa che faceva guadagnare duramente ai propri figli la sopravvivenza grazie alle loro fatiche e al loro sudore». Così fu anche per il futuro papa Albino Luciani, per il quale la montagna, oltre che il principale mezzo di sopravvivenza, fu anche fonte di ispirazione e di spiritualità. «Grazie al silenzio che vi regna – conclude Serafini – Luciani poté trovare ristoro nella preghiera e coltivare la propria vocazione. Nel corso della vita, il suo rapporto con la montagna si trasformò, fino a sublimarsi in una occasione unica per incontrare Dio nell’intimo, grazie all’essenzialità e al silenzio». Così si ricorda il cardinale Luciani, fattosi di nuovo pellegrino, come quando era bambino, nel santuario montano di Pietralba/Weissenstein, dove trascorre parte dell’estate per ritrovare il suo rapporto con Dio e la Madonna, e dove avrebbe passato l’estate del 1978, se non fosse stato eletto Papa.