Cosa di più scontato per il fedele di oggi che a nominare i vescovi sia il Papa. Ma si tratta di una prassi che ha fatto tardi la sua comparsa: il Papa cominciò in maniera limitata a riservare a sé le nomine dei vescovi alla fine del Duecento, e fu nel corso del Trecento, durante il periodo della loro residenza ad Avignone, che i Papi arrivarono a riservare su quasi tutte le diocesi la prerogativa di sceglier essi i vescovi. La cosa durò lo spazio di un mattino: nel corso del Quattrocento i sovrani degli Stati, solleciti a non vedere in ruoli chiave degli stranieri, reclamarono e di fatto riuscirono ad esercitare la prerogativa di nominare i vescovi.
La Repubblica di Venezia, nella sua espansione sulla Terraferma iniziata dopo la fine della guerra di Chioggia (1381), aveva ben chiaro, come ogni Stato dell’epoca moderna, che il controllo del territorio comportava l’assicurarsi nelle sedi episcopali degli ecclesiastici che fossero dei leali sudditi. Perciò estese alla designazione delle cariche vescovili un sistema collaudato per l’assegnazione di benefici minori nella città di Venezia: il sistema delle probae. Con esso il Senato metteva ai voti a quale ecclesiastico assegnare una diocesi resasi vacante. I motivi di questo sistema consistevano nell’avere nelle cariche ecclesiastiche sudditi fidati piuttosto che estranei e ridurre la libertà di scelta del papa. Nel 1413 si stabilì che agli episcopati di Treviso, Ceneda, Padova, Vicenza, Verona e Zara si doveva provvedere attraverso la “proba” in Senato; nel 1422 il sistema venne esteso alle sedi di Feltre e di Belluno; particolare punto di contrasto con Roma la sua applicazione per la sede di Aquileia. Con una legge del 1437 il Senato stabiliva che i benefici ecclesiastici dovevano essere assegnati ai sudditi veneti.
Ma il candidato designato da Venezia non entrava automaticamente in possesso della diocesi. Bisognava ottenere il riconoscimento da Roma e questo dava origine a veri bracci di ferro tra Venezia e Roma: talora Venezia la spuntava, talaltra Roma imponeva il suo designato. Gravi conflitti tra la Santa Sede e Venezia si ebbero lungo il Quattrocento anche per assegnare le sedi di Feltre e di Belluno. Va aggiunto che gli ecclesiastici scelti da Venezia risiedevano in diocesi ed erano pastori zelanti, quelli scelti dal Papa erano curiali che raramente si facevan vedere in diocesi.
Nel 1490 moriva a Roma il vescovo di Feltre Angelo Fasolo, amico del veneziano Paolo II e per l’assegnazione della diocesi feltrina si aprì una grave contrapposizione tra Venezia e la Santa Sede. Nel gennaio 1491 il governo veneto scrisse al suo ambasciatore a Roma, Ermolao Barbaro, di ottenere il riconoscimento dell’assegnazione della diocesi di Feltre ad Andrea Trevisan, che conosceva bene i problemi di quella città per esserne già stato rettore (un prefetto dei nostri giorni) appena due anni prima, nel 1489. La sua più memorabile opera era stata aver avviato la costruzione di fortificazioni murarie per Feltre. Roma da parte sua aveva deciso di nominare vescovo di Feltre Giovanni Robobello (1491-1494). Questi era dottore in utroque iure (diritto canonico e diritto civile), era stato canonico di Aquileia fino al 1485, quando venne nominato vescovo di Ossero, nell’isola di Cherso (Croazia); il 6 gennaio 1491 il papa gli assegnò la diocesi di Feltre. Si trattava di un passaggio della diocesi feltrina in famiglia, dal momento che il vescovo Robobello era nipote del defunto vescovo Angelo Fasolo. Venezia da parte sua era ferma nelle sue richieste. Giovanni Robobello che fu vescovo di Feltre fino all’autunno del 1494, non volle mai mettere piede in diocesi. Unica traccia che ci resta del suo governo (si fa per dire) è una lettera patente su pergamena, con sigillo pendente in ceralacca: è la conferma dell’elezione di Francesco Guillermi a canonico fatta dal Capitolo dei canonici della cattedrale.
Venezia poteva a ragione denunciare che le cose dell’episcopato feltrino andavano male, dal momento che il vescovo non risiedeva. Nell’autunno del 1494 si uscì da questa contrapposizione con una soluzione che accontentò sia Venezia che Roma: a Robobello venne assegnata la sede arcivescovile di Zara, mentre la diocesi feltrina venne assegnata al candidato per il quale Venezia si batteva da tre anni: Andrea Trevisan.
don Claudio Centa
La lettera patente di Giovanni Robobello è data da Roma, 15 giugno 1493. È su pergamena (larghezza cm 44,5 e altezza cm 27,6). La scrittura è una gotica cancelleresca. Porta segni solenni che si ispirano alle Litterae gratiosae (lettere concedenti favori) della Cancelleria Apostolica: le lettere del primo rigo hanno le aste molto sviluppate (litterae elongatae), i segni abbreviativi sono ornati (il cosidetto titulus nei documenti papali). Leggiamo il primo rigo: “Johannes Dei et Apostolice Sedis gratia episcopus Feltrensis et comes dilecto nobis in Christo Francisco de Gulielmis precentori ecclesie nostre Feltrensis salutem in Domino sempiternam” (Giovanni, per grazia di Dio e della Sede Apostolica, vescovo di Feltre e conte al nostro amato in Cristo Francesco Guillermi precentore della nostra chiesa [cattedrale] di Feltre eterna salute nel Signore).