A cura di don Renato De Vido (27ª domenica del tempo ordinario - anno A)

Siate voi giudici fra me e la mia vigna

Ci sono vignaiuoli che uccidono la speranza della grazia, della vita, della comunione, della carità e dell’amore

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Isaia, profeta insuperabile nella varietà dei suoi messaggi, ha proclamato nella prima lettura: «Or dunque, uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Dio si aspettava uva pregiata ed ebbe uva acerba, si aspettava giustizia e rettitudine ed ecco invece violenza e oppressione».

1. I profeti ripetono, con monotonia, che Dio è coltivatore ostinato: si fa guidare da cura e da determinazione verso il terreno dell’umanità, ma i risultati non ci sono. Da una parte l’amore premuroso del Signore, e dall’altra un tradimento continuo.

La parabola di Gesù aggrava l’accusa: il popolo di Dio non solo ha disobbedito a Dio, ma ha tolto di mezzo i suoi profeti e, alla fine, anche il suo Messia. È un duro giudizio per le autorità religiose, e avrà come conseguenza che il Regno sarà loro tolto e sarà dato ai pagani: «Vi sarà tolto il Regno dei cieli e sarà dato a un popolo che lo fa fruttificare».

È esattamente il contrario quello che siamo chiamati a fare, essendo membri effettivi di questo Regno, mediante il battesimo. Noi siamo chiamati a diffondere questo regno, parlando con la testimonianza della nostra vita, con le nostre provvidenziali “conversioni” dalle strade sbagliate.

2. Nell’antico popolo di Israele come nella Chiesa ci sono vignaiuoli assassini che uccidono la speranza della grazia, della vita, della comunione, della carità e dell’amore. Perché il Regno di Dio è tutto questo: è verità, giustizia, pace, amore, unità.

La parabola appunto dei vignaiuoli assassini ci fa riflettere su come siamo oggi nella Chiesa. Se dalla parte di coloro che vogliono far crescere il popolo di Dio in santità e in espansione oppure vogliamo uccidere ogni prospettiva di vita spirituale e apostolica, pensando che non serve far conoscere il Vangelo della gioia ad un mondo che tante cose per la testa, ma che non sono Dio.

Era andata così anche agli inizi: la comunità credente cresce a Gerusalemme, in modo prodigioso, ma il successo dura poco. Le conversioni di ebrei diminuiscono, e si moltiplicano quelle dei greci pagani.

3. La storia perenne di amore e tradimenti tra Dio e l’uomo non si concluderà né con un fallimento né con una vendetta, ma con l’offerta di una nuova possibilità: darà la vigna ad altri. Tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far meglio risaltare l’amore di Dio.

«Il sogno di Dio resta una vigna, un mondo che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime; che non sia una guerra perenne per il potere e il denaro, ma che maturi una vendemmia di giustizia e di pace». Lui cerca qualcosa di più dei frutti nella vigna; cerca di convincerci che il suo amore è più forte, che lui è ostinato nel farci proposte di vita.

Insomma: è la rivoluzione della tenerezza, la cura di sé, degli altri e del creato.