L’assemblea dei referenti diocesani a Roma nei giorni 11-12 marzo

Un nuovo stile ecclesiale

È obiettivo del cammino che uno stile sinodale pervada la vita di ogni comunità diocesana e parrocchiale

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«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Isaia 43,19). È la profezia biblica evocata dal gesuita padre Giacomo Costa, riconosciuto ispiratore del cammino sinodale attuato da papa Francesco, mentre presentava le impressioni riportate a casa dai sette incontri continentali, recentemente svoltisi nel mondo: a Praga l’Europa ha considerato che Dio ama anche questo mondo secolarizzato; ad Addis Abeba i delegati hanno raccontato la giovinezza di quelle Chiese, le ferite degli ultimi decenni, la profondità spirituale della popolazione africana; a Beirut le Chiese del Medioriente hanno manifestato la loro vocazione a un vissuto sinodale, che viene dalla compresenza di vari riti in una medesima città. In tutti i continenti si è assaporata la ricchezza del metodo – la conversazione spirituale – che ha permesso a tanti cristiani di sentirsi interpellati dalla comunità cristiana.

Quella di padre Costa è stata la relazione conclusiva dell’assemblea dei referenti diocesani, raccolti a Roma nei giorni 11-12 marzo, per un evento che nel percorso sinodale della Chiese italiane ha segnato il passaggio tra la chiusura della fase narrativa (2022-23) e l’inizio di quella sapienziale (2023-24). Per la nostra Chiesa locale erano presenti i due referenti diocesani Giulia De Pra e don Davide Fiocco.

L’assemblea si è aperta sabato con una riflessione dettata dal biblista don Dionisio Candido, collaboratore dell’Ufficio catechistico nazionale, che ha guidato i presenti sui versetti di un libro biblico che sta sulla soglia tra i due Testamenti, il libro della Sapienza. Questa – ha detto il relatore – «appartiene a Dio, ma diventa amica degli uomini». Essa «salva, perché illustra la volontà di Dio sulle cose».

Quindi monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, ha richiamato l’appello a porsi «in un atteggiamento che non ascolta per dare risposte», ma ascolta e «si lascia raggiungere ed eventualmente provocare e persino ferire dalla domanda». Ha raccontato di aver raccolto nella sua diocesi quest’obiezione: «Durante il lockdown, abbiamo sentito la Chiesa lontana; per fortuna c’era la Caritas». La prima tentazione è stata quella di rispondere, chiarendo che anche la Caritas era espressione della Chiesa; invece si è trattenuto e ha cercato di capire perché la comunità cristiana venga identificata con quella liturgia parrocchiale, che le norme sanitarie avevano impedito per qualche mese. Così il cammino sinodale, prima di azzardare risposte, chiama le Chiese ad ascoltare ciò che lo Spirito dice loro attraverso il “senso di fede” dei cristiani, l’ascolto delle altre Chiese, l’ascolto dei mondi. «Non facciamoci prendere dall’ansia di rispondere».

Monsignor Antonio Mura, che ha guidato la delegazione italiana all’assemblea sinodale continentale di Praga, ha sottolineato «la complessità dell’Europa in questo momento», evocando l’immagine di una «Pentecoste europea», in cui tante lingue convergono pur nella loeo diversità, che incarna un vissuto ecclesiale tipico di ogni nazione del vecchio Continente.

E poi c’è stato un vero lavorio sui tavoli rotondi blu, chiamati “tavoli sinodali”, dove i 250 referenti diocesani presenti, suddivisi in piccoli gruppi, hanno raccontato i frutti e le criticità del secondo anno della “fase narrativa”, portando le istanze delle varie diocesi d’Italia, nelle quali – pur con qualche fatica – sono stati avviati i cosiddetti “cantieri di Betania”. Per esempio, la difficoltà di integrare lo stile sinodale nella pastorale ordinaria, ma d’altra parte anche una maturata attenzione alle relazioni e l’appello a una formazione condivisa tra vescovo, preti e laici alla sinodalità. L’obiettivo ultimo è che lo stile sinodale pervada la vita di ogni comunità diocesana e parrocchiale, come anche l’intera comunità ecclesiale in ogni suo livello, dalla diocesi alla conferenza episcopale nazionale, dal continente all’universalità. Come ha evidenziato don Francesco Zaccaria, resta la consapevolezza dell’importanza del momento, in cui è doveroso anche accettare la lentezza di un processo complesso. [DF]