La giornata della Memoria all’Arcobaleno di Feltre nel ricordo dei volontari della Comunità.

Una seminagione promettente

«Come nascono i lager? Facendo finta di nulla» (Primo Levi, in un’intervista di Enzo Biagi)

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Sabato  27 gennaio,  la Giornata della Memoria dedicata alle vittime della Shoah, è stata celebrata con diversi appuntamenti e modalità anche nella nostra provincia. Giornata che cade in un tempo di violenze inenarrabili, che non si possono nascondere nell’indifferenza.

Mentre i Tg davano notizia del pronunciamento della Corte internazionale di giustizia riunita all’Aja (decisione importante che lascia aperta la questione del possibile genocidio a Gaza), e i preziosi racconti dei sopravvissuti ai lager nazisti, attraverso i social-media, arrivavano nei nostri luoghi di vita, in molti eravamo presenti alle iniziative organizzate dalla cooperativa “Arcobaleno 86” per questa Giornata.

Aldo Bertelle, direttore della Comunità per minori Villa San Francesco di Facen e responsabile del Museo dei Sogni, alla conclusione del 75° anno di vita della Comunità stessa, ha proposto con i suoi ragazzi e collaboratori una singolare iniziativa, che ha visto coinvolte tante persone. Nel ricordo di numerosi amici che vi hanno lavorato, l’hanno sostenuta, amata, servita, e ora sono andati “oltre”.

Memoria. Parola decisiva per collocarci nel tempo e nello spazio, in questo nostro tempo. Parola che evoca fatti e storie impresse nella mente e nel cuore, a livello personale e comunitario. “La Memoria del futuro”, si intitola la composizione musicale offerta da Erik, giovane studente del Conservatorio di Venezia e membro della Comunità.

Una sintesi musicale che si accorda con il pugno di terra raccolta in luoghi significativi a ricordo di ciascuno dei tanti volontari e amici defunti che hanno lasciato la loro impronta all’Arcobaleno.  Terre versate in un’unica grande ciotola, nel silenzio e nei sentimenti custoditi nel cuore dall’assemblea alla proclamazione dei nomi, tra i quali quello del vescovo Vincenzo Savio a 20 anni dalla sua morte.

Sintesi che si fa speranza viva per l’oggi. Questa speranza ha gli occhi dell’ultimo ragazzo arrivato a Facen dalla Nigeria, solo e senza alcun parente nel suo Paese, che si intrattiene amabilmente con gli altri parlando in perfetto inglese.

“Un gesto di creazione” ha detto il vescovo Renato. “Quelle tante terre sono quello che Gesù racconta nella parabola del Seminatore, parlando del Regno di Dio”. Nel contenitore di terre,  nello “scarpone del seminatore”, c’è l’annuncio del Regno; un pensiero da coltivare, perché la terra ci ha preceduti e farà germogliare e portare frutto. Anche noi siamo seminatori e la memoria condivisa in questo incontro è una seminagione.

Nicola Castellaz, sindaco di Pedavena ha evidenziato i due “problemi” della memoria: dimenticare, che fa parte del genocidio, e l’indifferenza che può essere più colpevole della violenza. È stato importante fare memoria della terra calpestata dai testimoni cui appartengono le scarpe-simbolo: sentieri calpestati, orme che anche noi siamo chiamati a seguire.

Commovente la visita al Carro ferroviario dei deportati collocato all’ingresso del Museo dei Sogni e della Memoria, alla quale è seguito il racconto di alcuni particolari raccapriccianti e al tempo stesso capaci di mettere  in evidenza  gesti di bene e di fraternità suscitati da situazioni estreme.

La singolare mostra in corso presso “Arcobaleno 86” “Cammino a piedi in prestito verso la Notte Santa”, che racconta storie e testimonianze di persone del nostro tempo attraverso le scarpe da loro indossate, rimane aperta fino a Pasqua.

Paola