Nel pomeriggio del 1° maggio

Valle torna nella sua chiesa

Festa grande a Valle di Cadore per la riapertura della chiesa parrocchiale di San Martino

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«Oggi è la giornata della nostra comunità. Tutti hanno messo del loro, perché questo accadesse, dalle prime fasi all’ultima. Grazie per il cammino fatto assieme. Questa chiesa non è soltanto un luogo di culto: è un simbolo, è parte della storia di questa comunità, come ricorda la targa, conservata al suo interno, che narra della costruzione, in soli undici mesi, nel Settecento».

È il saluto che don Alessandro Coletti ha rivolto alla gente di Valle di Cadore e a tante altre persone, giunte dai paesi vicini e da più lontano, per la messa solenne, alla riapertura della chiesa di San Martino, dopo oltre due anni dalla chiusura. Fu disposta il 12 febbraio 2021 dalla sindaca Marianna Hofer, a causa dell’imponente frana che minacciava l’edificio.

Alla festa per la riapertura della chiesa hanno partecipato Luca Zaia, presidente della Regione Veneto; l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin; la consigliera regionale Silvia Cestaro; l’ingegner Siro Andrich, che ha progettato l’intervento di consolidamento; il geologo Danilo Belli, che ha studiato a fondo il sottosuolo; i titolari e le maestranze dell’impresa Tonet di Santa Giustina. C’erano tanti sindaci cadorini, una dozzina, con Renzo Bortolot presidente della Magnifica comunità, a testimoniare l’attenzione di tutto il territorio per i problemi vissuti da un paese.

«Che grande sfida abbiamo vinto, tutti assieme – ha esordito la prima cittadina di Valle – e siamo passati dall’ansia iniziale all’entusiasmo di oggi. La nostra chiesa, il simbolo del nostro paese, aveva soltanto bisogno di aiuto, per resistere. Siamo stati circondati da persone che credevano in questa sfida e ci volevano aiutare». Ha quindi ringraziato: «Innanzi tutto il vescovo Renato, che si è fidato di me ed è stato vicino alla nostra comunità, dopo la perdita improvvisa di don Giuseppe Bortolas. Grazie alla Regione Veneto, che ha scelto di aiutarci: a Venezia hanno dimostrato che la montagna è nelle loro priorità».

Il presidente Zaia ha ricordato:

«Se non ci fosse stata la tempesta Vaia, non avremmo trovato le risorse necessarie. Quel disastro ha portato nel Veneto un miliardo di euro, con cui abbiamo finanziato duemila interventi. Per la chiesa di San Martino abbiamo impegnato un milione 100 mila euro. Ora questa chiesa è l’emblema della volontà, della determinazione. Qualcuno avrebbe potuto pensare di lasciarla andare, tanto non c’era più niente da fare, con il pendio sceso di venti metri. Oggi sappiamo di aver preso la decisione migliore. Quando è stata trovata la roccia, sulla quale ancorarsi, abbiamo avuto un’altra conferma, che i vecchi hanno fatto la chiesa nel posto giusto».

Terminati i discorsi, dopo il tradizionale taglio del nastro, prima di entrare in chiesa per seguire la funzione, il Consiglio pastorale parrocchiale unitario di Valle, Venas e Cibiana di Cadore ha ringraziato istituzioni e tecnici:

«Un’immagine è quella delle campane che, dopo tanto silenzio, con i loro rintocchi hanno ricominciato a scandire i momenti delle nostre comunità. L’altra immagine è quella delle porte aperte. Le nostre chiese non dovrebbero mai essere chiuse. Poter di nuovo varcare la soglia di San Martino ha un valore simbolico forte: si entra nella chiesa parrocchiale per vivere i momenti significativi delle nostre vite. C’è la speranza di riprendere a vivere pienamente la storia centenaria della nostra chiesa. Soprattutto di non dimenticare il senso di appartenenza e di comunione, che siamo stati capaci di esprimere in questa occasione».

La chiesa di Valle di Cadore

La tradizione vuole che la chiesa di San Martino, a Valle di Cadore, sorga sulle rovine di una antica costruzione, eretta sullo sperone roccioso, a picco sul torrente Boite, per dominare la strada romana, diretta verso l’Alemagna. Nel 1309 viene ampliata la chiesa duecentesca. Ci sono continue opere, nei secoli successivi, sino al terremoto del 1709, che danneggia gravemente l’edificio. Tra il 1718 e il 1719 si demoliscono le strutture cinquecentesche e si costruiscono chiesa e campanile attuali. I movimenti del terreno creano apprensione e richiedono continui interventi, il più consistente nel 1864. Un duro colpo viene dall’alluvione del 1966. Nel 1987 l’edificio è provvisoriamente chiuso al culto, per pericolo di crolli, e si attiva un monitoraggio costante. Dal 2000 al 2005 c’è un ciclo di interventi, con un sistema di micropali. Il versante sud est del promontorio cede con la tempesta Vaia, a fine ottobre 2018. Concordato di salvare l’edificio, si eseguono sondaggi geologici. Il 20 luglio 2022 cominciano i lavori di consolidamento, collaudati il 27 aprile 2023. Si getta un nuovo cordolo, otto metri più basso dell’esistente, ancorato al colle con tiranti. Viene consolidata la vecchia palificazione, con calcestruzzo armato. Opportune condotte garantiscono il drenaggio dell’acqua, poiché non si accumuli nel terreno e non crei ulteriori spinte. Infine si piantano nel terreno altri micropali, del diametro di 220 millimetri, a distanza di 66 centimetri l’uno dall’altro, lunghi 22 metri. I tre interventi assicurano la stabilità de promontorio su cui sorge la chiesa di San Martino, anche se si dovessero verificare altre frane, che dovessero modificare il profilo del terreno. È attiva inoltre una rete di sensori, per il costante monitoraggio della situazione.

Marco Dibona


Foto a cura di Marco Dibona e Franco Olivieri