A cura di don Ezio Del Favero (5ª domenica di Pasqua - anno B)

Vite e tralci, bisogno reciproco

«Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto»

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La vite e la nascita dell’uva

(Leggenda) – Molti anni fa la vite era una semplice pianta con riccioli e foglie. Cresceva al centro di un piccolo giardino e s’innalzava e si allargava più che poteva perché amava il sole. Riceveva tanta luce e i suoi rami si allungavano fino a coprire gran parte del terreno. Un giorno il contadino guardò quella pianta bella e rigogliosa, ma pensò che anche le piantine sotto di lei avevano bisogno del sole per crescere. Così decise di tagliare i rami più grandi della vite. Poi, visto che non bastava, sfoltì anche le foglie, eliminando le più grandi.

Non ci fu giorno più triste per la vite, che pianse disperata fino a quando un usignolo non si accorse del suo dolore e si posò delicatamente su di essa. L’uccellino cantò con un cinguettio così dolce che la vite si rasserenò. Le sue lacrime s’impregnarono della dolcezza del canto dell’usignolo e rimasero sui rami, come piccole perle. Quando la notte si dileguò, il primo sole avvolse la vite con i suoi raggi tenui regalandole un piacevole tepore. Da quel momento, una linfa nuova cominciò a scorrere all’interno della pianta e le sue lacrime si trasformarono in frutti, piccoli dolci chicchi sparpagliati sui rami. Il venticello soffiò tra i rami e riunì i chicchi in grappoli. Nei giorni successivi il calore del sole fece crescere i chicchi fino a farli maturare e diventare dolcissimi.

D’allora la vite sa che, quando i suoi rami vengono potati, da lì a poco nasceranno i dolci chicchi d’uva. «L’agricoltore pota ogni tralcio perché porti più frutto».

Vite e tralci: bisogno reciproco

Madre Teresa di Calcutta: «Una volta, a Roma, volevo dare qualche piccolo insegnamento alle mie novizie e pensai alla parabola della vite e del tralcio, per capire che cosa siamo noi per Gesù e che cosa è Gesù per noi. Ma non mi ero resa conto di ciò di cui si resero conto quelle giovani consorelle quando considerarono quanto è robusto il punto d’innesto dei tralci nella vite: come se la vite temesse che qualcosa o qualcuno le strappasse il tralcio. Le novizie aggiunsero che, se si guarda la vite, non si vedono frutti. Tutti i frutti sono sui tralci. Allora esse mi dissero che l’umiltà di Gesù è così grande che egli ha bisogno dei tralci per produrre frutti…»

Noi abbiamo bisogno di Dio (la vite), ma anche Dio ha bisogno di noi (i tralci) per portare frutti.  Madre Teresa: «Il frutto che dobbiamo produrre nel mondo è bellissimo: l’amore del Padre e la gioia». «Rimanete in me e io in voi!».

La vite e la sofferenza

La vita viene attraversata dalle sofferenze, perché fiorisca. Scriveva il poeta greco Eschilo: “πάθει μάθος”, “comprendere soffrendo” . Eschilo affronta i temi del male, del dolore e della paura che colpiscono gli uomini nei loro rapporti con il divino e la società. Secondo una prima concezione, il male e la sofferenza erano determinati solo dall’invidia degli dèi, ma più avanti acquistarono un nuovo valore diventando uno strumento per educare gli uomini alla giustizia, in quanto solo attraverso il dolore si può conoscere nel profondo se stessi.

Il male, la sofferenza, la potatura non sono voluti da Dio, ma sono necessari, “come il fuoco per purificare l’oro”. Ogni taglio è occasione per liberarci dalle catene che ci tengono prigionieri, per alleggerirci dai fardelli che ci portiamo appresso e ci rallentano il passo. L’esistenza è esodo, cammino di liberazione progressiva, gestazione, tempo necessario affinché ci formiamo e rinasciamo, tirocinio per imparare ad amare, conoscerci, sentirci amati e liberarci da noi stessi.  La sofferenza e il male subìto elasticizzano il cuore. Ogni potatura può diventare un’occasione di più rigogliosa crescita e fioritura.

 

Per riflettere
  • Dobbiamo restare innestati in Cristo, dal quale prendiamo la nostra linfa vitale e senza la quale saremmo tralci secchi, inutili…
  • Madre Teresa: «Essere collaboratori di Cristo significa dimorare nel suo amore, avere la sua gioia, diffondere la sua compassione, testimoniare la sua presenza nel mondo»…