A cura di don Alessandro Coletti (17ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Vivere per far felice il prossimo

Mentre l’uomo ragiona secondo misura, Dio agisce secondo eccedenza

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

«Chi non vive per far felice il suo prossimo, non ha ancora cominciato a vivere». La frase non è mia, ma di Raoul Follerau. Non per tutti forse è un nome noto ma è un personaggio che vale la pena di conoscere.

Nasce in Francia nel 1903 da una ricca famiglia di industriali, studia diritto e filosofia ma si mette in luce come brillante giornalista e poeta. Proprio come giornalista nel 1935 va in Africa. Un famoso giornale francese, La Nation, vuole un reportage su un altro grande personaggio francese: Charles de Foucauld. Durante un safari la jeep sulla quale viaggiava ha un guasto e deve fermarsi in mezzo alla foresta vicino a uno stagno. Ecco dal fitto della foresta uscire uomini simili quasi a degli zombie, magrissimi, impauriti, distrutti dalla malattia, affamati… Raoul Follereau verrà così per la prima volta a contatto con i malati di lebbra e la sua vita cambia radicalmente. Capisce che deve fare qualcosa… Passano quattro anni, siamo nel 1939, e a seguito di un incontro con una suora missionaria, imbocca con forza la sua strada. La moglie lo sostiene, una fede forte lo illumina!

Inizia a percorrere tutta la Francia per sensibilizzare sulla condizione di queste persone, scuote le coscienze, chiede aiuto. È instancabile! Comincia a percorre il mondo. Tra i poveri per portare sollievo, tra i ricchi per sensibilizzare. Dall’Asia, all’Africa, all’Europa dove fonda associazioni di aiuto. Follereau morirà nel 1977 dopo aver percorso circa 2 milioni di chilometri e aver guarito quasi un milione di lebbrosi.

Nel 1942 lancia un’iniziativa: “L’ora dei poveri”. Ciascuno è invitato ad offrire, ogni anno, un’ora di lavoro o il ricavato di un’ora del proprio salario per gli ultimi, i più poveri. Non era certo un anno facile per parlare di solidarietà. Ma un’ora all’anno chi non può donarla? Eppure è un gesto importante! Un segno di solidarietà che può cambiare le cose. Un segno che dice agli ultimi agli emarginati: “Tu mi interessi”. Mettere quello che possiamo a disposizione dei fratelli per amore di Dio perché “nessuno ha diritto di essere felice da solo”, diceva il nostro Follereau.

Il collegamento con la Parola di oggi è chiara. Mettiamo nelle mani di Dio quello che possiamo. È poco? Mettiamolo nelle sue mani con fiducia! Nella prima lettura 20 pani per 100 persone, sembra poco… ma basta. Nel Vangelo: cinque pani e due pesci per cinquemila persone… praticamente nulla ma basta… e avanza. «Mentre l’uomo ragiona secondo misura, Dio agisce secondo eccedenza», ha detto il cardinal Martini. Dio ci sorprende perché non si limita a dare a ciascuno ciò che gli spetta ma supera la giustizia per far parlare l’amore. A Dio serve la nostra collaborazione.

Pensate quante persone tra quelle cinquemila aveva nella bisaccia qualcosa da mangiare… Quanti hanno chiuso il proprio cuore, pensando con soddisfazione che almeno loro non sarebbero rimasti a pancia vuota. Solo un giovane ha il coraggio di mettere nelle mani di Gesù quello che possedeva. Cosa sappiamo di questo giovane? Il Vangelo ci dice che una grande folla seguiva Gesù perché “vedeva i segni che compiva sugli infermi”… Ma questo giovane non è infermo, non è malato. Allora il motivo che lo spinge a seguire Gesù è un altro: vuole ascoltare la sua Parola, è affascinato dai suoi insegnamenti. Solo chi ascolta la Parola di Dio, solo chi la ascolta con il cuore aperto può trovare il coraggio di seguirlo, di mettersi nelle sue mani. Ecco: l’ascolto è condizione necessaria per la sequela. Solo chi ascolta trova la forza di seguire. Secondo elemento: questo giovane probabilmente non era ricco. Dona cinque pani d’orzo che era il pane dei poveri perché i ricchi si nutrivano di pane di grano, inoltre un altro vangelo ci parla di alcuni pesciolini… Non grandi pesci. Non è un giovane ricco, ma è un giovane libero. E in quanto libero è felice! Vi ricordate di un altro giovane del Vangelo che va da Gesù per chiedergli cosa fare per avere la vita eterna e se ne va triste? Non ha il coraggio di mettere ciò che possiede nelle mani del Signore.

Oggi il Signore chiede a noi di mettere nelle sue mani quello che siamo, quello che abbiamo. Ora! Oggi il Signore ci chiede i nostri cinque pani e due pesci per alimentare quelli che hanno fame e sete di Dio. Si aspetta la nostra collaborazione per portare la buona notizia del suo amore per noi. Non c’è nessuno che non abbia nulla da dare. Noi cosa siamo disposti a dare?

 

Cristo non ha…

Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri.
Cristo non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d’oggi.
Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé.
Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora.
Siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole.