Alza gli occhi intorno e guarda

Omelia solennità dell’Epifania – Cattedrale di Belluno
06-01-2021

 Is 60,1-6; Sal 71(72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

«Alza gli occhi intorno e guarda». Ci ha destati così il profeta Isaia. La sua voce si alza fin da alcuni secoli prima dell’anno di nascita di Gesù. Da tanto tempo questa voce sta tentando di guarire la nostra miopia. Non si può vedere realmente e vedere bene ciò che sta avvenendo se non si innalza lo sguardo.

Erode guarda a se stesso, al suo potere, ai suoi possedimenti di territorio e di popolazione. Che cosa vede? Se stesso in dimensione mostruosa, come se fosse il mondo intero, come se la realtà fosse solo ciò che è tra le sue mani.

Cambiamo scena: consideriamo i Magi. Essi vengono da lontano, da oriente. Sono usciti dai loro territori, dalle loro culture, dalle loro forme religiose e si sono affidati ad una ricerca aperta, senza delimitazioni: l’hanno riconosciuta riflessa nel simbolo di una stella che accende il loro desiderio, prolunga il loro sogno e li mette in cammino. Giungono a Gerusalemme e pongono delle domande, cercano interlocutori dialogando con loro per condividere una ricerca che, in questo modo, diventa più oculata, più efficace. I Magi intuiscono che la nascita di quel bambino di cui parlano le Scritture dei Giudei apre un mondo nuovo, costituisce una rigenerazione della vita, trasforma una vicenda rinchiusa in se stessa in un universo di condivisione e di fraternità. Di se stessi i Magi, presentandosi a Gerusalemme, dicono di aver visto spuntare una stella e aggiungono che sono venuti ad adorare «Colui che è nato». Il loro “venire ad adorare” comporta uno sguardo nuovo e “alzato”, un sogno da perseguire e condividere, un cammino da percorrere, un continuo interrogarsi e interpellare altri, un rischio da correre. “Venire ad adorare” è il coraggio di uscire da sé e dai propri pensieri, un fare breccia sulle proprie paure, un lasciar contaminare la propria identità culturale con la ricchezza valoriale altrui, un aprire il proprio cammino di fede all’incontro rispettoso con ogni sincera ricerca religiosa.

Erode – nel racconto dell’evangelista Matteo – ha escogitato un suo disegno, legato strettamente ai propri interessi, che lo porta alla strategia della menzogna, a strumentalizzare le circostanze che gli si offrono, a usare e abusare degli altri, a trasformare il dono di un bambino frutto di una grande promessa in un possibile pretendente, un nemico che può strappargli il potere.

Anche il dono incommensurabile di Dio viene travisato. Quanto coraggio di libertà, quanta disponibilità alla verità, quanta sete di bene, quanta ricerca interiore e spirituale, quanto esercizio di amore… riconosciamo, invece, in quegli «alcuni Magi che vennero da oriente a Gerusalemme».

E a riguardo non possiamo non cogliere l’avvertimento che ci viene da questo racconto dell’evangelista Matteo: si possono possedere le Scritture, le si può conoscere, ma senza scrutarle in profondità e con il cuore, senza aprirsi ad esse e alla chiamata di Dio. Così è successo a Gerusalemme: «Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, [Erode] si informava da loro sul luogo dove doveva nascere il Cristo. Gli risposero. “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”».

I Magi, invece, si sono avventurati e avvicinati fino ad incontrare e riconoscere il segno di Dio: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e adorarono».

Sarà, poi, l’evangelista Marco a portarci sotto la croce di Gesù nel Golgota, dopo che tutti coloro che erano con Gesù l’ebbero abbandonato e furono fuggiti (cfr. Mc 14,50). Lì ai piedi della croce un altro pagano, il centurione che si trovava di fronte a Gesù, sarà capace di riconoscere il Figlio di Dio in quel povero figlio di Israele crocifisso (cfr. Mc 15,39).

Sì, c’è un Dio più grande, più universale, più prossimo alla travagliata vicenda dell’umanità – “buon samaritano” di ogni uomo e donna caduti lungo la strada – che occorre desiderare ancora, cercare di nuovo, della cui salvezza essere assetati, interpellandoci a vicenda, imparando dall’altrui sapienza del cuore.

Quegli alcuni Magi che giunsero dall’oriente a Betlemme, sono oggi a invitarci a camminare con loro, alzando e allargando il nostro sguardo, come ci ha suggerito il profeta Isaia.