Con l’Associazione Medici Cattolici

Omelia a Belluno
13-12-2019

Is 48,17-19; Sal 1; Mt 11,16-19

Mi colpisce ciò che Isaia dice che piace a Dio. Lo fa in prima persona.

Dio vuole il nostro bene, guidandoci sulla strada giusta.

Poi il nostro benessere, la nostra giustizia, un’abbondante discendenza. Infine che il nostro nome sia davanti a lui.

Spesso mi chiedo se abbiamo parlato e testimoniato di Dio così. Quale volto ne abbiamo disegnato?

Penso che il volto di Dio dipenda da noi, da quello che riusciamo a imprimergli come tratto identificativo.

Possiamo ridare freschezza al volto di Dio. Le sue sembianze possono attraverso di noi diventare più empatiche.

Mi immagino che ognuno di noi ne abbia tratteggiato uno con la sua abilità, con le sue esperienze, i suoi affetti, le sue competenze – quella medica soprattutto – le sue fatiche, le sue fragilità e anche il suo peccato.

C’è una “chiave di volta” in questo brano di Isaia. Tutto dipende da come noi prestiamo attenzione ai suoi comandi. C’è un ascolto, un’attenzione, un prendersi a cuore che stanno all’inizio, anzi sono la condizione affinché tutto avvenga.

È interessante il racconto evangelico. Succede come un “fuori gioco”, un “fuori tempo dai ritmi del canto e della danza. Si tratta di un non saper stare al gioco.

Gesù fa capire che può succedere questo con Dio. Dio non è né la danza né il lamento, ma in essi, in entrambi, c’è una parola sua, un tratto del suo volto…

Stare alle regole del suo gioco, sia nel canto sia nel lamento…

E poi questo Figlio dell’Uomo mangione e beone, non solo che è anche amico dei pubblicani e dei peccatori… quale nuovo tratto del volto di Dio ci fa scoprire e tratteggiare con la vita?