E noi abbiamo compreso la Scrittura?

Omelia in Concattedrale al mattino della Domenica di Risurrezione
09-04-2023

At 10,34a.37-43; Sl 117(118); Col 3,1-4; Gv 20,1-9 o Mt 28,1-10

Il vangelo di Giovanni che la liturgia propone per la Domenica di Pasqua si chiude lasciandoci con una incertezza o un dubbio, ma sembra anche abbozzare una questione irrisolta e lasciare una domanda aperta. Dopo di aver cercato di dire gli atteggiamenti e il comportamento di due discepoli, Simon Pietro e l’«altro discepolo, quello che Gesù amava», a seguito del rientro preoccupato di Maria di Màgdala che si era recata «al sepolcro di mattino, quando era ancora buio», l’evangelista annota: «Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20,9). Sembra un’amara costatazione e una sorta di valutazione al negativo di ciò che è successo al gruppo dei discepoli. Con questo racconto evangelico del «primo giorno della settimana» la Liturgia oggi ci lascia “in sospeso”, riportando il proseguo della narrazione a qualche giorno più avanti. Dunque in questo «primo giorno» anche noi ci troviamo, messi in questione: io, noi abbiamo compreso «la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti?».

Il recarsi al sepolcro «di mattino, quando era ancora buio» da parte di Maria di Màgdala è ancora una ricerca, un’attesa, forse anche un tempo ancora troppo vincolato al giorno prima.

Un’unica prospettiva di sguardo nuovo e di comprensione della Scrittura viene discretamente attribuita al discepolo che accompagna Pietro – «quello che Gesù amava» –  il quale giunge per primo al sepolcro. Di lui è detto che entrò nel sepolcro «e vide e credette».

Nella Veglia pasquale di ieri sera è stato l’evangelista Matteo ad accompagnarci al sepolcro dove era stato posto Gesù. Matteo dice che «dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba». L’evangelista poi assume un linguaggio quasi apocalittico. Egli accenna a «un gran terremoto» e narra di un «angelo del Signore […] sceso dal cielo» che fa rotolare la pietra della tomba e poi, rivolto, alle donne dice: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete» (Mt 28,7).

Colpisce quel “non abbiate paura” e quel “cercate Gesù”. Sembra che la risurrezione comporti anche per noi, a motivo del Crocifisso che è risorto, un cammino, un passaggio, una pasqua che comportano la libertà e il coraggio di non intanarci nelle nostre paure. Ne abbiamo tante anche se le nascondiamo, ostentando un potere di bene che in realtà non abbiamo, perché il bene nelle sue infinite manifestazioni è un dono da accogliere insieme e da servire gli uni con gli altri. La paura umilia il bene e lo sottrae alla responsabilità di tutti.

Abbiamo ascoltato negli Atti degli apostoli la testimonianza di Pietro qualche tempo dopo quel «primo giorno della settimana» in cui aveva faticato a comprendere la Scrittura. Annunciando Gesù come inviato di Dio lo presenta così: «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui». Da risorto Gesù porta a maturazione questo “beneficare e risanare” tutti noi che siamo sotto il potere della paura, quella profonda del cuore che ci impedisce di votarci e dedicarci al bene di tutti.

Nel racconto dell’evangelista Matteo l’angelo riconosce che Maria di Màgdala e l’altra Maria sono cercatrici di Gesù. Si capisce che “cercarlo” è per noi discepoli l’esperienza possibile del Risorto. Forse oggi ci stiamo stancando di cercare Gesù. Invece questa è la condizione per incontrarlo nella pienezza di umanità che è risorta in Lui. Non è un miracolo come lo intendiamo noi, la risurrezione di Gesù. Paolo nella lettera ai Colossesi ci ricorda la nostra reale condizione: «La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!». Il Risorto si propone a noi lungo il cammino della nostra vita, mentre facciamo i passi faticosi del nostro amare; il Risorto entra nelle nostre piaghe, ci raccoglie nelle nostre cadute. Il Risorto abbraccia pienamente il nostro vivere.

Mi pare davvero significativa e incoraggiante per noi la narrazione di Matteo. Racconta che mentre le donne [Maria di Màgdala e l’altra Maria] «abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli», Gesù è andato loro incontro, dicendo: «Salute a voi!». Aggiunge l’evangelista con delle immagini molto significative che loro «si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono». È nella loro ricerca e nel loro andare ad annunciare che il Risorto si fa incontrare. Lui stesso lascia loro questa consegna di bene: «Non temete; andate ad annunciare».