Il discepolo che Gesù amava

Omelia nelle esequie di don Arrigo Campigotto - Concattedrale di Feltre
11-09-2023

Col 1,24-2,3; Sal 62(61); Gv 19,25-27

Presso la croce di Gesù stavano la madre di Gesù, la sorella, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Vi era anche «il discepolo che Gesù amava». In questa scena così sofferta e intima, noi possiamo anche raccontare dello stare del nostro caro don Arrigo presso quella croce. L’ultima sua stagione di vita si colloca vicinissima alla croce di Gesù. Don Arrigo vi è giunto esaurendo le sue parole fino a un silenzio totale che però non gli impediva di fissare il suo sguardo, di esserci con i suoi occhi, come se – alla fine – la sua vita, il suo ministero, la sua umanità, il suo canto, la musica che ha appassionatamente praticato fossero diventati una contemplazione presso la croce.

Ci avviciniamo così al mistero evocato dalle parole di Paolo che la Liturgia di oggi ci ha consegnato: «Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa».

Per don Arrigo “il corpo di Cristo che è la Chiesa” ha il volto concreto delle comunità a cui è stato mandato e affidato: Cesiomaggiore, il seminario, Aune, Pez, Anzù, Seren, Caupo e Valle. Lasciamo che a lui presti la voce l’apostolo Paolo: «Di essa – [la Chiesa] – sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare e compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli, ma ora manifestato ai suoi santi». Don Arrigo non ha fatto rumore, non era incline a prendere la parola, ma ha potuto “portare a compimento la parola di Dio” con il suo atteggiamento di perseverante attesa, con la sua fattiva e immediata azione pastorale, con la sua comprensione del dolore e della sofferenza, che ha saputo riconoscere nelle storie delle persone e delle comunità incontrate e servite e che ha sperimentato nella sua stessa pelle. Come fu per Paolo, così c’è in chi serve il Vangelo il vivo desiderio e il conseguente oneroso impegno che i cuori di tutti «vengano consolati». Di tale consolazione da portare ai cuori, don Arrigo si è fatto “servitore” con la sua passione e competenza musicale. Mai l’ostentazione o il successo l’hanno sospinto a inoltrarsi in quest’arte e a praticare quest’abilità. Gli sgorgava dal cuore per formare gli animi, per unire i cuori, per sollevare lo spirito.

In queste ultime settimane, mentre il corpo di don Arrigo si assottigliava, chi lo visitava restava colpito del suo persistere. Egli sembrava avere un’energia inesauribile. Così ha potuto continuare il suo ministero e la sua testimonianza di vita, stando presso la croce di Gesù. Il servizio di penitenziere svolto qui in concattedrale non è stato l’ultimo ministero esercitato. Presso la croce di Gesù, come racconta l’evangelista Giovanni, il servizio dell’amore non smette: «Gesù, allora vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”». È la croce di Gesù a manifestare «il mistero nascosto da secoli e da generazioni»! La sua croce apre un’infinità di storie di salvezza, origina e alimenta ogni ministero. Gesù, facendo dono a sua madre del discepolo che amava, apre una storia d’amicizia e di fraternità che perdura di generazione in generazione, consacrando ogni nostra disponibilità all’amore e oltrepassando la fine. In questa luce –  che è già alba di risurrezione – possiamo raccontare l’umile e concreta fraternità di due fratelli, Arrigo ed Evaristo, che anche nei mesi in cui la malattia di don Arrigo si è fatta più evidente, ha continuato a germogliare. È stata una reciproca coltivazione di fraterna frequentazione, intrecciata all’affetto della sorella e della famiglia. Casa Kolbe è stata arricchita della bellezza di questi affetti familiari, in uno scambio di premura e cura. E don Arrigo, silente e accogliente, presiedeva questo servizio d’amore. Così la morte di Gesù si offre a noi come profezia che, nell’ora finale, presso la croce di Gesù, sboccia il fiore della fraternità, annuncio di risurrezione.