Il volto dell’Addolorata è il volto di tutta l’umanità

Omelia nella V domenica di Quaresima - Madonna Addolorata, chiesa di Santo Stefano, Belluno
03-04-2022

Is 43,16-21; Sal 125(126); Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

Il nostro sguardo, anzi il nostro affetto e, dunque, la nostra confidente invocazione si rivolgono oggi a Maria, da noi venerata come l’“Addolorata”.

Il suo volto manifesta un enorme dolore materno, perché è innanzi al suo Figlio appeso alla croce. Possiamo trasferire in lei le parole che Paolo ci ha confidato scrivendo ai Filippesi: «Io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dei morti».

Non possiamo oggi dimenticare il tenero volto di ogni madre carico di lacrime per ogni figlio e figlia esposti all’immane dolore della guerra e travolti dalla sua forza distruttrice. Oggi il volto dell’Addolorata è il volto di tutta l’umanità. Attraverso quello che sta avvenendo alle soglie dell’Europa dell’Est si riversa su di noi tutto ciò che l’umanità sta soffrendo nelle tante guerre che la insanguinano e la lacerano. Si aprono anche le fessure del passato da cui non ci siamo lasciati ammaestrare peggiorando tale male della guerra.

Eppure i tratti di dolore portati dall’immagine di Maria Addolorata sono già una guarigione promessa e seminata. Nel suo cuore amante già vi sono i germogli di una generazione nuova. Dio non può lasciare l’umanità in un destino di morte, infatti la sua parola con cui ci chiama alla vita è sempre una parola creatrice. Ed essa apre una strada nuova: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Il cuore materno di Maria è già irrorato di tale “cosa nuova” che germoglia. Il suo cuore non si arresta trafitto di morte, ma diventa un grembo che si apre e genera: la novità generata hai i tratti esili e teneri della misericordia, di un amore che non lascia nulla perduto, che giunge a lenire e sanare ogni ferita, che libera da ogni vincolo e da ogni condanna. Ce lo rappresenta il sorprendente racconto del Vangelo appena proclamato. In mezzo, come al tempio di Gerusalemme, davanti a Gesù c’è una donna. Più avanti l’evangelista, nel momento più decisivo della narrazione, ci avverte: «Lo lasciarono solo e la donna era in mezzo». Una scena eccezionale Gesù davanti a quella donna che era stata condannata per adulterio. Scorgiamo due destini che si incontrano: quello di Gesù messo «alla prova per avere motivo di accusarlo» e quello della donna «sorpresa in flagrante adulterio» condannata ad essere lapidata. Gesù guardandola in volto e raggiungendola nel cuore ferito si riconosce in lei. Sì, nel suo sguardo di misericordia Gesù scorge in quella donna condannata tutta la nostra umanità e vi si riconosce. Domenica scorsa nella lettera di Paolo ai Corinzi ci è stato detto: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio». Ecco perché Gesù, rinnovando la parola creatrice di Dio, le dice: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Ecco come è rigenerata questa nostra umanità, tutta quanta: fin nelle sue ferite più dolorose, fin nelle profondità delle sue brutture – quelle che in questi giorni nelle guerre sembrano prevalere – fin nei luoghi più nascosti di questa storia.

A noi tutti resta la limpida verità che Gesù dichiara: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Fino a questo punto giunge il coraggio della misericordia che Dio ci dona in Gesù, nelle sue parole, nei suoi gesti, nel suo vivere tra noi. Ogni guerra, ogni condanna, ogni morte di cuore e di vita, di dignità e di giustizia sono quel “gettare per primo la pietra contro di lei”. Gesù ci permette una terapia di guarigione: è quel «se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani». Ancora e di nuovo c’è la via della misericordia da reimparare, da ripercorrere, da abbracciare… per tutti noi.

L’Addolorata, assumendo i nostri tratti di umanità ferita, è in questa via per accompagnarci alla fonte della misericordia – «Neanch’io ti condanno» – e ritrovare la vita rigenerata quella che possiamo godere insieme: «Va’ e d’ora in poi non peccare più».

Nel salmo 125 abbiamo così pregato: «Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia». Maria ci raggiunge con l’eco di queste parole di risurrezione e ci canta: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi».

 

PREGHIERA A MARIA

Maria, il tuo sguardo di Addolorata è lo specchio di tanto dolore che noi ci provochiamo lungo la strada della vita che insieme stiamo percorrendo. In questi giorni i segni delle guerre sono più vicini, più evidenti. Immaginiamo più facilmente lo strazio provocato.

Fa’ che nel tuo volto di dolore noi cerchiamo il cuore della misericordia, del perdono, della riconciliazione, della pace. Ci rivolgiamo a te per quella consegna d’amore che è venuta da Gesù che tu hai ricevuto come tuo figlio e che hai donato a noi tutti come nostro fratello, primogenito di tutta la moltitudine dell’umanità.

Accarezza i pensieri, i sogni, i desideri, i sentimenti, il cuore, le mani di chi tra noi sente più forte l’istinto mortifero della violenza, della rivendicazione, dell’usurpazione del bene altrui, dell’ingiustizia, dell’auto possesso della vita propria e degli altri.

Il tuo dolore entri come parto di luce, di vita, di fraternità lì dove prevalgono i segni dell’odio. Lenisci con le tue lacrime di madre le asperità, le durezze, le colpe, le condanne depositate nelle profondità del cuore di questa nostra umanità.

Donaci oggi, ovunque, in ogni terra e popolo il tuo sguardo di fiducia, di speranza, di vicendevole visitazione, di trepidazione materna, di purificazione fraterna che ci permetta di aprirci al dono di essere fratelli e sorelle del Risorto.