In questa città ho un popolo numeroso

Omelia per l'ordinazione presbiterale di don Andrea Canal
04-05-2024

At 6,1-7; Sal 32(33); 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

All’incirca un anno fa – era il 7 maggio – la Parola di Dio proclamata nell’Eucaristia in cui tu, carissimo Andrea, sei stato ordinato diacono di questa nostra Chiesa, ci aveva immersi nella comunità madre di Gerusalemme: «I Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”» (6,2-4).

In quella prima Chiesa di Gerusalemme è iniziata la storia che oggi ci vede qui riuniti. Gesù stesso ne è l’origine, come ci ha detto nel vangelo appena proclamato: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: […] il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Oggi, invece, il racconto degli Atti degli Apostoli ci ha portati a Corinto, lì dove nasce un’altra comunità. Paolo vi giunge da Atene. Egli è l’ultimo arrivato tra gli apostoli. La sua vita è stata cambiata da un misterioso incontro. Lo racconta lui stesso nella Prima Lettera ai Corinzi: «Ultimo fra tutti apparve anche a me» (15,8a). E si riferiva al Risorto. A Corinto Paolo incontra Aquila e Priscilla, una coppia di sposi che lo ospitano nella loro casa. Si genera così la Chiesa: ovunque, inaspettatamente, come se fosse sempre agli inizi, tra mura domestiche, nelle nostre vicende di amicizia, tra i nostri affetti, nelle storie d’amore, perfino tra gente esule costretta a cambiare rotta. Aquila e Priscilla erano giunti dall’Italia «in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei». Il Risorto è lì, accompagna i passi di quei discepoli che rientrano nelle loro terre, come era successo lungo la via verso Emmaus. Non scordiamolo: la Chiesa del Risorto è un seme piccolo, ma sparso ovunque. La Chiesa del Risorto germoglia come esile pianta, esposta a tutte le intemperie e fiorisce con colori inaspettati.

Caro Andrea, oggi la tua ordinazione a prete sembra isolata, avviene due anni dopo quella di don Sandro, amico e compagno di viaggio. A qualcuno apparirà paradossale questo avvicendarsi di ridotte risorse umane, immaginando la tua ordinazione accerchiata da mille attese, pronta ad essere aggredita da incalzanti impegni pastorali, assorbita e frantumata da troppe comunità. Forse scorgerai anche tra noi dei volti tristi, come accadde sulla strada di Emmaus. Qualche sentimento o pensiero di esitazione probabilmente l’avrai anche percepito di riflesso in te: è il momento in cui le nostre attese si scostano dall’imprevedibile amore del Risorto, dalla sua inesauribile riserva di vita, dal suo intramontabile sogno sul Regno di Dio, dal suo annuncio inarrestabile di un tempo di grazia per tutti. A volte si tratta anche di certi nostri intrighi per cui lungo la via ci perdiamo a cercare chi sia il più grande tra noi, mentre Lui ci ha detto: «Non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (Mt 23,10-11).

Andrea, il silenzio e le mani che si poseranno sul tuo capo tra poco ti inducono a stare nella notte e nella visione con cui a Corinto il Signore si è donato a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». La notte del Signore è sempre quella in cui Egli risorge e in cui noi ci affidiamo e abbandoniamo a Lui, lasciando che il suo Spirito “rinnovi il volto della terra”. La visione in cui Egli ci parla è quella del suo vegliare accanto a noi, guarendo le nostre ferite e attendendo le nostre guarigioni. È lì per suggerire alla sua Chiesa di farsi umile, libera, amabile, cercatrice di giustizia, mendicante di amore, portatrice di fraternità, instancabile profezia di pace. Le chiede di non misurare le proprie dimensioni, di non confidare nei suoi numeri, perché Egli sempre la sorprenderà: «In questa città io ho un popolo numeroso», ben al di là dai confini da noi tracciati!

Tu diventi presbitero in questa nostra Chiesa di Belluno-Feltre, mentre il Risorto le chiede di compromettersi nell’amore, di rigenerarsi nella fede, di dedicarsi alla gioia, di consegnarsi alla speranza: «Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime».

Andrea, è il suo “per sempre” che non ti abbandonerà, che ti consacra, che ti abbellisce, che ti renderà ancor più e ancor meglio “nuotatore”, così come ieri sera hai evocato la tua passione: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).