Il 26 febbraio dello scorso anno eravamo qui in cattedrale raccolti in preghiera due giorni dopo l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. All’inizio della veglia avevo citato don Maurizio Patriciello che in quei giorni aveva scritto: «La pace. Va perseguita la pace. Ricercata, rincorsa, acciuffata, trattenuta. Solo la pace è vita. Solo la pace educa. La guerra distrugge la possibilità della convivenza presente e futura». A riguardo di una possibile nostra domanda se serva pregare per la pace, egli aggiungeva: «La preghiera può fermare la guerra? Certo. Noi ci crediamo Con quale modalità? Non lo sappiamo, e nemmeno ci interessa. Continuiamo a fidarci di Dio. […] Dio è amore […]. Amiamo, allora. Spassionatamente. Seriamente. Concretamente. Amiamo senza perdere tempo a misurare il tempo e le parole. Non temiamo di soffrire. Questa sofferenza ci promuove a uomini, a donne. Amiamo e preghiamo. Il Signore, amante della vita, non permetterà che, ancora una volta, questa vita unica, preziosa e irripetibile di tanti suoi poveri figli venga umiliata, calpestata e uccisa da una guerra stupida, assurda ed evitabile».
Desidero condividere con voi tre “iniziali” pensieri da custodire nella preghiera e da piantare e coltivare nella nostra vita.
1. A riguardo della citazione iniziale di I Tessalonicesi 5,1-2: «Il giorno del Signore verrà come un ladro di notte», vorrei ricordarvi che il venire di questo giorno del Signore è la nostra speranza. Il tempo della giustizia, della libertà, della pace è quel giorno. Il nostro tempo è il tempo della “conversione”, del cambiare la nostra vita, dell’assumere un cuore di carne rispetto a un cuore di pietra: è il tempo dove imparare l’amore. E questo tempo per noi è come un viaggio che non finisce, infinito… Mi piace molto nella parabola di Gesù che abbiamo ascoltato il giorno ulteriore che il samaritano ha dedicato a colui che aveva curato e raccolto. Gli serviva un altro tempo per aggiungere altri gesti di cura, altre parole di amicizia. E poi promette al locandiere di fare ancora dell’altro al suo ritorno…
Noi ora ci chiediamo che cosa resti da fare. Libertà, uguaglianza, fraternità, pace… se non sono per tutti, sviluppano ingiustizia e ciò è iniquo: ecco perché siamo in un viaggio infinito e non siamo arrivati in un porto definitivo, come spesso invece ci viene da immaginare la nostra vita. Il cambiamento del cuore richiede questo “viaggiare infinito” della vita, dunque, della libertà, della pace, della fraternità.
2. È in atto una “guerra infinita”. Oggi la guerra non è più solo di militari, ma è crescente in essa il coinvolgimento dei civili: 90 su 100 morti in guerra sono civili di tutte le età. È una guerra addirittura nello spazio stracolmo dei nostri satelliti: che ne sarà di questa libertà smodata, di queste conquiste dello spazio per potere di più, per possedere ancora? In questa guerra giunta alle porte dell’Europa ci siamo tutti. Da 80 anni non avveniva una guerra tra stati europei. Non possiamo starcene fuori o restare anestetizzati in una sorta di vita irreale. Non possiamo proprio dire: “Io non c’entro”. Ci dobbiamo anche chiedere come ci aiuta la tecnologia che abbiamo nelle nostre mani a sentirci in questa guerra. L’universo virtuale, il digitale, i social ci aiutano a sentire realmente questa verità del pianeta? Solo se ci siamo in questa umanità, solo se maturiamo in noi la vocazione ad “essere umanità, è possibile cambiare il cuore, cambiare il nostro mondo e cambiarci nel pianeta in cui conviviamo. Si tratta di una grande vocazione, sopra tutte: essere umanità: «Nessuno può salvarsi da solo!». Che cosa siamo chiamati a realizzare, come coinvolgerci? Accanto a quello che abbiamo ascoltato dal Vangelo e dal messaggio del Papa, vi propongo quanto oggi nell’editoriale in prima pagina di Avvenire ha scritto Mauro Magatti (sarà anche qui a Belluno, invitato da Scuole in rete). Egli riprende una proposta di Raimon Panikkar che invitava a passare dal “dialogo dialettico”, cioè dal conflitto, al “dialogo dialogico”. E Mauro Magatti commenta:
Il dialogo dialogico non è una camomilla per anime belle. È, invece un processo arduo, faticoso, incerto che può avanzare solo perché sostenuto da una grande forza morale, una forza d’animo che permette di superare difficoltà insormontabili, andando al di là di ciò che c’è, lavorando per ridurre passo dopo passo la distanza tra le parti. Questo processo di avvicinamento può avvenire solo identificando un punto terzo che non corrisponde né alla posizione di partenza dell’una o dell’altra parte, né al punto medio, a ciò che sta a metà strada. È, invece, un “oltre”, qualche cosa che si comincia a immaginare e che avvia un processo aperto che permette ai contendenti di uscire dal gioco perverso in cui si trovano incastrati […].
Magatti conclude avvertendoci di non desiderare la pace imposta dall’aggressore ma che distrugge l’aggredito, e neppure la pace dell’aggredito che distrugge l’aggressore ma, invece, occorre lavorare per «la pace che riconoscendo i torti e le ragioni, la giustizia e l’ingiustizia, lavora alla tela delicata ma fondamentale del “dialogo dialogico”, costruendo così le premesse di una futura convivenza pacificata».
Mettiamoci in questo “viaggio infinito” del “dialogo dialogico”!
3. Un ultimo pensiero per rilanciare il messaggio di papa Francesco che esprimerei così: Se non diventiamo poveri non riusciremo mai ad amare realmente. Ecco perché i poveri sono fonte di rigenerazione del pianeta…
A riguardo vi leggo una particolare poesia che si intitola “Brevità dell’amore” [di Franco Armino]. Mi è comparsa proprio oggi tra le mille carte della mia scrivania, non l’ho cercata e per questo la leggo. L’avevo trascritta perché mi aveva colpito e mi aveva dato motivo, in un momento particolare, di continuare il “viaggio infinito” che è la vita… Può essere una “parola buona” per qualcuno – qualcuna che qui stasera sente il soffio dell’amore che chiama…
Quando finisce una storia
bisogna proseguirla con dolcezza,
andare via in ginocchio,
andare via pregando
per chi non amiamo,
per chi non ci ama più.
Bisogna lasciare a tutti
un poco del nostro cuore,
tanto si riforma,
non c’è da temere di restare senza.
Bisogna essere clementi
coi nostri errori
se non vogliamo rifarli altrove.
Vi auguro di continuare a “cambiare il cuore, a lanciarvi ancora nel “viaggio infinito della vita”, come ha fatto il samaritano della parabola di Gesù!