Non dimentichiamo quel nome!

All'inizio dell'anno civile (solennità Maria Madre di Dio) - LV Giornata mondiale della pace
01-01-2022

Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

«Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù». È intensa l’annotazione dell’evangelista Luca. Potremmo riscriverla così: c’è un tempo che va a compimento; in esso, a caratterizzare fortemente il tutto, c’è un nome – Gesù – che prima di esprimere un’identità racconta una promessa e la realizza. L’evangelista Matteo narra che a Giuseppe è consegnato in sogno questo nome, ma anche Luca lo ricorda: quel nome significa “Il Signore salva”. Non dimentichiamo quel nome! Oggi all’inizio dell’anno civile fa bene a noi ricordarlo, ricollocarlo nei nostri pensieri, nei nostri affetti, nel nostro operare. Ci fa bene porre quel nome nel tempo che ci apprestiamo a vivere in questo nuovo anno. Nel libro dei Numeri, che racconta il formarsi del popolo di Dio, sono riportate le parole che l’autore mette in bocca a Dio mentre parla a Mosè: «Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Nella preghiera di Compieta del venerdì è riportato questo versetto del profeta Geremia: «Tu sei in mezzo a noi Signore, e noi siamo chiamati con il tuo nome: non abbandonarci, Signore Dio nostro». Vi auguro di portare quel nome e di essere chiamati così: “Il Signore salva”.

Il nome di Gesù da portare è anche la nostra ricerca della pace, anzi la nostra gestazione della pace. Essa scaturisce da un dono, ma va costruita dal di dentro delle nostre vite. Oggi ricorre la 55ma Giornata mondiale per la pace. Nel suo Messaggio papa Francesco ce lo ricorda: «In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati».

Il suo appello segue un’attenta analisi della situazione che vede la costruzione della pace lontana dalla nostra vita ordinaria, come se riguardasse “chissà chi”: «Ancora oggi, il cammino della pace, che San Paolo VI ha chiamato col nuovo nome di sviluppo integrale, rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa».

Dopo aver richiamato che «continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale», il Papa si fa portavoce di un’istanza travagliata: «Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace».

Francesco, nel suo sognare traboccante ma anche nel suo realismo intrigante per tutti noi, propone «tre vie per la costruzione di una pace duratura. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana».

E ci sollecita lungo queste tre vie a «“dare vita ad un patto sociale”». Molto opportunamente il Papa avverte che senza tale patto sociale «ogni progetto di pace si rivela inconsistente».

 Siamo qui come Chiesa, chiamata a conversione continua. Nell’anno, che oggi iniziamo, faremo insieme a tutte le Chiese d’Italia un “cammino sinodale”, così è stato chiamato. Offriremo anche un contributo al Sinodo dei Vescovi che papa Francesco ha aperto al coinvolgimento di tutti.

Raccolgo dallo strumento preparatorio il pensiero finale che penso possa veicolare l’augurio di costruzione della pace, di patto sociale, di cammino sinodale a cui siamo chiamati: «Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma “far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”».

Buon anno!