Perché abbiamo perso il sogno di Dio?

Omelia nella solennità dell’Epifania – Cattedrale di Belluno
06-01-2022

Is 60,1-6; Sal 71(72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

Ci affascina la vicenda dei Magi. Non conosciamo le loro origini, la loro vicenda, i contesti di vita da cui provengono. Non sappiamo quali legami intercorrano tra di loro. Ci rimane oscuro il motivo più determinante per cui sono interessati a «colui che è nato, il re dei Giudei» (Mt 2,2). L’evangelista Matteo ce li presenta come venienti «da oriente a Gerusalemme».

Questo loro accorrere a Gerusalemme richiama quanto ha descritto il profeta Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura. Il profeta sembra liberare il sogno di Dio, cerca di ricordarlo e risvegliarlo in noi: «Cammineranno le genti alla tua luce […]. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio». È una visione straordinaria: vi appare un altro mondo rispetto a quanto conosciamo dalle informazioni e notizie che riceviamo; rispetto a quanto sperimentiamo nei nostri angoli di mondo, nei territori che abitiamo. Le immagini sognanti del profeta ci richiamano le parole cariche di stupore del salmo 87 in cui il salmista contempla Gerusalemme e canta: «Di te si dicono cose gloriose, città di Dio. […] Si dirà di Sion [Gerusalemme]: “L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda”. Il Signore registrerà nel libro dei popoli: “Là costui è nato”».

Potremmo dire: ecco il sogno di Dio; ciò che lui vede con il suo sguardo altissimo; quello che il Signore va realizzando, perché per lui siamo tutti nati nella stessa sua città.

Mi chiedo: perché abbiamo perso il sogno di Dio? Perché abbiamo abbandonato il suo sguardo capace di raccogliere a abbracciare tutti i suoi figli e le sue figlie?

Nella lettera agli Efesini è consegnato questo sogno e questo sguardo come “mistero rivelato”: «Che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».

I Magi, andando a Gerusalemme, si avvicinano a questo sogno di Dio, si fanno prossimi al suo sguardo. Trovato il bambino con Maria sua madre, nella casa a Betlemme, si prostrano e adorano. Nel silenzio e nello stupore entrano nel sogno di Dio e incontrano quel bambino che è nato per dichiarare a tutti e ovunque: anche tu sei nato lì, dal medesimo sogno di Dio, dal suo sguardo e abbraccio d’amore.

Oggi la celebrazione dell’Epifania ci manifesta che a quel bambino – realizzazione del sogno di Dio – occorre andarci come i Magi, fidandoci che tale sogno di Dio è come una stella che non si spegne, da seguire desiderando di cercare ancora, camminando oltre per non indugiare nei dintorni del disegno di potere di Erode che coltiva pensieri sospettosi, ingabbiati nella propria presunzione, perversi, falsi, incapaci di riconoscere la semplicità e l’umiltà del bene.

Tutto questo parla alle nostre comunità, alla Chiesa dentro il pellegrinare complesso di questa nostra umanità che fatica a inoltrarsi nel cammino che i Magi hanno intrapreso desiderando e inseguendo il bene e cercando luce.

Quanti viaggi e cammini di persone alla ricerca di bene e di luce anche oggi vengono impediti dalla logica di potere di Erode, dalle sue paure di perdere ciò che possiede e che non gli appartiene. C’è un particolare che ci fa riflettere nell’incontro tra i Magi ed Erode. A volte il bene e il male si mescolano e succede che azioni compiute a fin di bene vengono insidiate da esiti negativi. La ricerca dei Magi ha scatenato la reazione di Erode contro i bambini di Betlemme. Ma anche qui il sogno di Dio appare e apre un’altra strada al ritorno dei Magi. Ci auguriamo di saper accendere tante volte il sogno di Dio in noi e di avere il coraggio di intraprendere altre strade di bene, conforme al sogno di Dio.