Per questo con Lui amiamo la Chiesa

Omelia nella Messa del Crisma – Giovedì Santo in Cattedrale a Belluno
28-03-2024

Is 61,1-3a.6a.8b-9; Sal 88 (89); Ap 1,5-8; Lc 4,16-21

 

«Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (Lc 4,20b). Domenica scorsa eravamo con i molti – come racconta l’evangelista Marco – a stendere i nostri mantelli sulla strada, con dei rami d’ulivo, e abbiamo acclamato: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene!» (Mc 11,8-10). Nel racconto della passione, poi, a Betania, in casa di Simone il lebbroso, siamo stati sorpresi dal giungere di una donna che portava «un vaso di alabastro pieno di profumo di puro nardo di grande valore; ruppe il vaso e verso il profumo» sul capo di Gesù (Mc 14,3). I nostri occhi, ora, fissi su di Lui, che cosa vedono?

È una domanda decisiva per noi, suoi discepoli. La possiamo esprimere così, andando al cuore della questione del nostro credere in Lui: perché amiamo Gesù? Perché lo amo? Questa domanda in questi giorni è il nostro cercarlo, il nostro andare a Lui, il nostro collocarci sotto il mistero della croce. In una visione trasfigurata l’Autore dell’Apocalisse, citando il profeta Zaccaria, ci ha avvertiti: «Ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto» (Ap 1,7).

Perché lo amiamo? Mi permetto di condividere con voi una delle “perle preziose” che, come ci ha fatto capire Gesù, si può trovare dappertutto, perché i frammenti e i semi del Vangelo sono ovunque, non solo dove li abbiamo portati noi. Raccolgo questa testimonianza da un credente, Frédéric Boyer, uno scrittore di questo nostro tempo, da noi non conosciuto come non conosciamo la donna che in casa di Simone unse il capo di Gesù e che, invece, sarà sempre ricordata: «Dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che fa fatto» (Mc 14,9).

Leggo la testimonianza: «Perché amo Gesù? Non lo amo come si ama un personaggio. Non lo amo neppure come si ama una bella idea. Non lo amo come qualcuno di esemplare, come qualcuno in disparte, come qualcuno di lontano. Lui stesso non si lascia amare come qualcuno che sia interamente bello, perfettamente giusto. […] Perché amo Gesù. Perché non credo a un modello non incarnato, non personale, di amore e di giustizia. […]  Perché Gesù stesso ha amato gente malata d’amore. Come Maddalena per esempio, e forse Giuda. Prima ancora di aver iniziato ad amare, siamo tutti malati come loro. E dopo Gesù, ci solo dei malati d’amore, in eterno. Se no, che cosa saremmo? Che cosa potremmo fare? Se no, che cosa avremmo?».

Noi oggi siamo qui come suoi discepoli e discepole perché “malati d’amore”. Anche Pietro, il primo dei discepoli, lo è stato: «E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto» (Mc 14,72).

Ecco perché i nostri occhi sono fissi su di Lui.

L’olio con cui lo Spirito di Dio ha unto e consacrato Gesù fino alla croce conducendolo all’alba della risurrezione, diventa l’olio della nostra guarigione, l’olio del profumo d’amore di Gesù sparso sul nostro corpo, l’olio del Vangelo che spezza le nostre chiusure e che cura le nostre disperazioni, l’olio della nostra continua liberazione, l’olio della nostra vocazione, l’olio della responsabilità di ciascuno verso l’altro. È l’olio del nostro essere Chiesa, nel suo cammino sinodale, anche lì dove essa si scopre affaticata, sudata, piena di polvere della terra, addirittura ferita. Ma essa resta profondamente “malata d’amore”, assetata d’amore, e, nel mentre sparge Lei stessa l’olio sulle membra del corpo di Gesù che è tutta quanta la nostra umanità – l’umanità delle nostre storie, delle nostre vocazioni, del nostro ministero, dell’esserci l’uno accanto all’altro, ma anche l’umanità frantumata di tutto il mondo – mentre ancora si presta a spargere quest’olio che oggi benediciamo, la Chiesa stessa per prima – e noi tutti in essa – in questi giorni di passione si scopre tanto amata da Gesù, fino al punto di trovarselo dinnanzi, con le vesti deposte, chinato su di essa a lavarle i piedi, i piedi di ogni discepolo e discepola, sanando anche il suo estremo sbalzo di orgoglio, per cui Gesù le dice: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Ed ecco la Chiesa, “malata d’amore” osare: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!».

Per questo amiamo Gesù. Per questo con Lui amiamo la Chiesa.