Raccolti in turbata, ma sincera preghiera

Omelia durante la celebrazione in ricordo di Maria Grazia Carraro - Ospedale di Belluno
21-04-2023

At 4,1-12; Sal 26(27); Gv 6,1-15

Ci troviamo in un luogo particolare – l’Ospedale San Martino – e in un momento delicato e difficile: il nostro ricordo commosso è per la dott.ssa Maria Grazia Carraro. Ognuno di noi custodisce certamente un momento di incontro con lei, una sensazione interiore, un’immagine, un sentimento, un ricordo. Per tutti non è facile questo passaggio, anche per ciò che sta vivendo l’azienda ospedaliera e, dunque, il nostro territorio e il suo vissuto di persone, di famiglie, di comunità.

Non è indifferente che ora siamo raccolti in turbata ma sincera preghiera, proprio in questo luogo di cui condividiamo i palpiti di commozione e le lacrime del dolore.

Mi viene spontaneo evocare un’immagine molto significativa. Mi riferisco a una testimonianza, siamo negli anni ’70 del secolo scorso. Atenagora patriarca di Costantinopoli si chiedeva dove siano in nostri cari defunti. E rispondeva così: sono lì dove loro hanno abitato, dove hanno amato, dove hanno sofferto, dove hanno lavorato e si sono appassionati… Sono lì dove stanno i loro affetti. Mi pare molto bello potercelo dire oggi qui, nei luoghi di questa nostra azienda ospedaliera, ricordando la dottoressa Maria Grazia Carraro. Ci riferiamo a un suo tempo di professionalità esercitata fino all’ultimo, un tempo troppo breve, ma intenso, interiormente sofferto, avvicinato con sensibilità non comune e conosciuto con il cuore da lei.

Vorrei cogliere anche il dono della Parola che abbiamo poco fa ascoltato. L’evangelista Giovanni ci ha fatto notare che la folla «vedeva i segni che [Gesù] compiva sugli infermi». Sì, ci sono segni da compiere su ciò che ci rende “infermi”, sulla realtà della malattia, sulle persone che la vivono. E sorprende quello che Gesù compie: vuole dare da mangiare a tutti. Ci sono solo cinque pani d’orzo e due pesci. I discepoli sono realisti e gli dicono: «Ma cos’è questo per tanta gente?». Lui non molla: «Fateli sedere». Rende grazie e poi dà a tutti pani e pesci. L’evangelista annota: «Quanto ne volevano». Infine, ecco il suo invito: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». In questa immane azione di saziare tutti da parte di Gesù, in questo suo prodigarsi nonostante tutto, riconosciamo anche un segno di quanto abbiamo potuto vedere e riconoscere in Maria Grazia Carraro. Certamente avrebbe desiderato, voluto, atteso e preparato molto di più di quanto anche Lei ha potuto raccogliere, rendere grazie e dare. Le siamo riconoscenti.

Ma un’altra verità ci offre il racconto evangelico: nei gesti e nelle parole di Gesù noi riconosciamo un Dio che dà, anzi che si dà, che si dona e, poi, sorprendentemente, un Dio che desidera e intende raccogliere ogni pezzo avanzato, «perché nulla vada perduto». È quello che ora poniamo come preghiera per la nostra cara dottoressa Maria Grazia.

Oltre questa vicenda di Gesù, nel racconto degli Atti degli Apostoli (I lettura) si narra del «beneficio recato a un uomo infermo», anzi «per mezzo di chi egli sia stato salvato». La testimonianza degli apostoli Pietro e Giovanni giunge limpida fino a noi e ci coinvolge. Essi attestano: «Nel nome di Gesù Cristo […] che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato».

Ora il nostro dolore di perdita e di smarrimento si fa preghiera di fiducia e, unitamente, desiderio di operare per il bene e la salute di ogni umanità attraversata dalla malattia. È anche lo sguardo di fiducia con cui teniamo vivo e riconoscente il ricordo di Maria Grazia Carraro.