A cura di don Ezio Del Favero

104 – La stella sopra il monte

«Sire, ho sentito dire che voi rivendicate la proprietà di una stella recentemente apparsa in cielo». «Certo - precisò il Sultano - l’ho vista io per primo!»

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Una notte apparve in cielo una nuova stella. Il Sultano, dall’alto della torre del suo palazzo dichiarò: «Quella stella l’ho vista io per primo, è mia, mi appartiene, da oggi farà parte del mio impero! Mi recherò lì appena possibile con i miei astronomi per studiarla». Nessuno osò contraddirlo, ma gli scienziati confessarono che quell’astro era assolutamente ignoto: «Di fronte a questo fenomeno, sconosciuto nei nostri almanacchi, siamo stupiti e senza spiegazioni!». Il sovrano, spazientito, chiese loro: «Quella stella è così fenomenale da essere degna di appartenere a un personaggio come me! Come fare per raggiungerla? Come ben sapete, io non mi accontento di poco e adoro le realtà grandiose e meravigliose».

Osò rispondere l’astronomo più anziano: «Su quell’astro potremmo sicuramente raccogliere delle informazioni. Ma raggiungerlo sarà impresa pressoché impossibile!». Un altro aggiunse: «Sarebbe bene osservarlo per alcune notti così da valutarlo meglio!». A quel punto il Sultano perse la pazienza e urlò: «Siete dei paurosi e degli incompetenti! Costi quel che costi, mi recherò su quella stella! Molti sovrani e personaggi importanti posseggono uno o più astri che compongono le loro colonie celesti. Io non voglio essere di meno!».

Quando il sovrano si arrabbiava, era meglio non contraddirlo, a rischio della vita. Perciò uno degli astronomi propose: «Un mezzo per salire in cielo ci sarebbe, anche se non dobbiamo sottovalutare i rischi che tale impresa potrebbe comportare. Per avvicinarci alla stella, dovremmo anzitutto scalare la montagna più alta del deserto». A quel punto il Sultano, che stava per mandare a morte quegli studiosi incompetenti, si calmò e si mise a riflettere. Pensò per intanto di graziare i suoi astronomi e di convocare i più abili ingegneri del regno. Questi fecero varie proposte, tra cui quella di costruire, sulla cima del monte più alto, una gigantesca impalcatura munita di enormi scale così da raggiungere la colonia celeste. Entusiasta della proposta, il Sultano ordinò a tutti gli uomini validi del regno di mettersi all’opera. Nel frattempo avrebbe cominciato a pensare ai festeggiamenti per l’ingresso della colonia celeste nel suo impero. Così iniziarono i lavori di quell’impresa pressoché impossibile sulla cima del monte del deserto e, contemporaneamente, i preparativi della grande festa, che sarebbe stata memorabile.

Un giorno si presentò al palazzo del Sultano un uomo che affermava di avere a che fare con la famosa stella. «Fatelo entrare!», ordinò il sovrano. Si trattava di un vecchietto con un turbante polveroso: «Sire, ho sentito dire che voi rivendicate la proprietà di una stella recentemente apparsa in cielo». «Certo – precisò il Sultano – l’ho vista io per primo!». «Mi dispiace contraddirla, ma quella stella appartiene a me e non ho alcuna intenzione di cederla!». Il sovrano chiamò le guardie per punire quel personaggio insolente, ma esso sparì come per magia. Il ché apparve misterioso agli occhi del Sultano, ma non ci fece troppo caso essendo preso dalla costruzione dello scalone celeste e dai preparativi per la festa.Il tempo passò e l’impalcatura in cima al monte, fatta di corde e di bambù, diventava sempre più alta, mietendo anche molte vittime per le quali era riservato un posto d’onore nel giardino fiorito dei martiri della nazione. Da parte sua, il Sultano non smetteva di dichiarare: «Appena arriverò a prendere possesso della mia stella, sottometterò tutti i suoi abitanti. Poi da lì contemplerò l’universo e mi costruirò un palazzo con le pietre brillanti che compongono l’astro splendente. Il sovrano e i suoi cortigiani si lasciavano andare a quei sogni fantastici.

Una sera, mentre il sovrano stava osservando il cielo dalla cima del monte, ponendo lo sguardo sulla sua splendida stella, udì una voce, la stessa del vecchio col turbante polveroso: «Mi sa che non abbiate ben compreso che quella stella mi appartiene! Sono stato io a crearla!». Poi vide il vecchietto che sollevava la mano in direzione della stella, muovendola come per cancellarla e l’astro che spariva! Poi il vecchietto spostò la mano e, come un pittore, si mise a disegnare nel cielo una nuova stella… e lì apparve un nuovo astro! Di fronte a ciò, il sovrano si inquietò e ordinò di catturare il vecchietto, ma costui sparì di colpo. Il Sultano si sentì umiliato e sconfitto, fece distruggere il cantiere sulla cima del monte e da quel giorno non parlò più della sua colonia celeste…

__________________

La parabola – di origini arabe – termina precisando: «Quell’episodio segnò per sempre la vita del Sultano, ma gli insegnò anche a essere più realista, a sapersi accontentare e a dominare le proprie ambizioni».

Proverbio arabo: «Vivi sobriamente e sarai ricco quanto un re!».