A cura di don Ezio Del Favero

105 – Sarai la mia piccola montagna

Un cucciolo di leopardo, dal mantello chiaro costellato di piccole macchioline scure, si era messo in viaggio...

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Un cucciolo di leopardo, dal mantello chiaro costellato di piccole macchioline scure, si era messo in viaggio, alla ricerca di un luogo che lo facesse sentire al sicuro, essendo rimasto solo. Aveva sentito parlare della montagna come il posto più affascinante e sicuro, per la sua posizione elevata e perché vicina al cielo, luogo sacro, dove risiedevano gli Spiriti protettori.

Una notte, mentre camminava dritto senza mai voltarsi alla ricerca di quella sua terra promessa, il piccolo Leopardo vide davanti a sé, contro luna, un rilievo in mezzo alla savana. «Che sia la montagna che sto cercando?», si disse. La presunta montagna sembrava viva, come se respirasse pesantemente a scatti, sonora e vibrante, facendo tremare il terreno intorno. Ma la montagna in effetti era un grosso leone, addormentato accanto a un cespuglio. Il Leone percepì la presenza di una creatura che si stava avvicinando, ma tenne gli occhi chiusi facendo finta di dormire, pronto a balzare all’improvviso e difendersi in caso di pericolo. Finché aprì un occhio impercettibilmente e si rese conto che si trattava di una piccola creatura elegante e non certamente pericolosa per un gigante come lui.

Il cucciolo prese coraggio e si avvicinò alla montagna, che non sapeva essere vivente, chiedendosi se dovesse scalarla subito o invece contornarla per osservarla sull’altro lato. Con prudenza la toccò, mettendovi sopra una zampa e la sentì vibrare. Si disse: «Devo farmi coraggio e provare a scalarla fin sulla cima!». In quel mentre una scimmietta passò di là e osservò alternativamente il piccolo Leopardo coraggioso e il grosso Leone dormente. La Scimmietta, tenendosi a debita distanza, si rivolse al cucciolo con un sorrisino: «Come mai stai lì fermo accanto a quel grosso Leone? Non hai paura? Come fai a essere così coraggioso?». Il piccolo Leopardo: «Ma che cosa dici? Questo non è un Leone, è la mia montagna!». «Ti assicuro che è un Leone e che un grosso felide così non può essere la tua montagna!». Ma il cucciolo non si mosse. Il Leone, che aveva udito tutto, spalancò gli occhi. Vide il piccolo Leopardo e la scimmietta e disse a se stesso che aveva ragione la Scimmia e che lui non assomigliava neanche lontanamente a una montagna. Si disse anche che il cucciolo che gli aveva messo sopra una zampa sembrava innocuo e gli faceva tenerezza.

Il piccolo Leopardo prese coraggio e mise l’altra zampa sulla sua montagna e poi, come fanno i cuccioli, si sdraiò e si strofinò delicatamente contro di essa. Il Leone provò un brivido di dolcezza e il cucciolo se ne accorse e disse: «Non aver paura di me! Sto cercando la mia montagna segreta, che mi appassioni avvicinandomi al sole, al cielo; cerco i sorrisi nel silenzio, le canzoni che la pianura non offre, la mia vetta felice, perché sono tanto triste e stanco di procedere da solo. Appaio forte e il mio aspetto sembra nascondere le mie paure e la mia dolcezza; sono feroce all’apparenza ma pieno di tenerezza. Diventa la mia montagna – ti supplico – il mio piccolo pezzo di mondo tra terra e cielo, dove poter vivere al sicuro e senza più sentirmi solo!».

La Scimmietta, che aveva ascoltato tutto ciò, non riusciva a credere che il piccolo leopardo continuasse a scambiare il grosso felide per una montagna. Il Leone guardò il cucciolo non più studiandolo da fuori come di solito faceva con gli sconosciuti, ma tuffandosi nel suo sguardo, nei suoi occhi. E nella profondità di quello sguardo vide le avventure che il piccolo aveva vissuto, le sue inquietudini, ma anche i suoi dolci desideri, i suoi sogni, la sua voglia di dare e di ricevere affetto, la sua tenerezza e tutto ciò che all’apparenza non aveva ancora scoperto. Poi ruggì con dolcezza: «Piccola creatura, non mi spaventi più, anzi! Sto cercando di indovinare chi sei e che cosa desideri. Tu stai cercando la tua montagna. Io sono solo un Leone, anche se gigante. Ma, se vuoi e se hai bisogno di me, sono disposto ad accompagnarti volentieri nel tuo viaggio, a tenerti al caldo con il mio pelo quando farà freddo di notte e a proteggerti con i miei artigli invisibili quando dormo e con le mie zanne se qualcuno dovesse farti del male».

Il piccolo Leopardo guardò a lungo il Leone senza dire nulla. Infine si fece avanti e gli sussurrò all’orecchio: «Tu sarai per sempre la mia piccola montagna».


La parabola – raccolta nella savana africana – insegna a non disperare.

La persona umana è spinta a cercare il suo rifugio la sua “montagna”, dove sentirsi al sicuro, felice, non più sola. La montagna è l’Altissimo, ma anche l’altro, la persona capace di far breccia nel cuore e di accettare di percorrere insieme il cammino della felicità. Il Leone potrebbe rappresentare la voce della Salvezza: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò!».