A cura di don Claudio Centa

Il vescovo Alvise Lollino

La serie archivistica “Visite pastorali” di Belluno (2)

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Visite di Giulio Contarini in: ADB, I, Visite pastorali, b. 3 e b. 4.

Nella foto: busta 4, fascicolo 10, f. 1r. 17 ottobre 1609, il vescovo Alvise Lollino parte da Belluno ed arriva a Pieve di Alpago per la visita pastorale.

Riprendo il filo delle fonti archivistiche delle visite pastorali bellunesi rimasto sospeso due settimane fa. Abbiamo visto che i verbali di visita dei vescovi bellunesi alla loro diocesi conservati nell’Archivio Diocesano partono dal 1526. In questa serie sono di particolare importanza i verbali stilati durante le visite del vescovo Alvise Lollino, che resse la diocesi di Belluno per trenta anni: dal 1596 alla morte avvenuta nel 1625. I suoi atti visitali sono importanti per due aspetti. Innanzitutto dal punto di vista fisico: questi verbali occupano due buste, vale a dire contenitori in cui è stata organizzata la serie; si tratta di oltre 700 fogli. Una uguale mole di atti visitali sarà prodotta solamente dal vescovo Giulio Berlendis, che a metà del secolo ebbe un episcopato undici anni più lungo di quello del Lollino, dal 1653 al 1693. Questo materiale abbondante, quando è osservato da più vicino, ci fa conoscere che Lollino era in visita attraverso la diocesi quasi ogni anno, testimonianza di un lavoro pastorale costante e solerte.

Per naturale inclinazione, per personale passione e per doti coltivate, Lollino era un raffinato filologo, un uomo di studio a tutto tondo, che visse la seconda metà della sua esistenza immerso nell’attività pastorale.

Il vescovo Alvise Lollino (1552-1625)

Alvise Lollino venne al mondo nelle prime settimane del 1552 a Candia, capoluogo dell’isola di Creta, ove i suoi antenati si erano trasferiti da Venezia circa tre secoli prima. Tre le circostanze salienti dei suoi primi vent’anni: si dedicò ad uno studio appassionato e diuturno della lingua e della letteratura greca, mentre con minor dedizione si applicò al latino; svolse diversi viaggi nelle isole del Mediterraneo orientale governate dalla Serenissima ed infine entrò in contatto con importanti uomini di studio di lingua greca. Quest’ultima rimase una costante nella vita del Lollino: intrecciare rapporti con uomini che come lui nutrivano il culto per i classici e ricordare e celebrare queste amicizie nei suoi componimenti poetici.

Nel 1571, dopo che la vicina isola di Cipro era caduta in mano ai Turchi, la famiglia Lollino abbandonò Creta e si stabilì a Venezia, per trasferirsi poi, nel 1577, a Padova. In questi anni Alvise si perfezionò nella lingua latina, che giunse a padroneggiare perfettamente tanto da produrre il suo primo componimento poetico in latino; si dedicò anche allo studio dell’ebraico. Dagli Acta graduum (registro delle assegnazioni dei gradi accademici) dell’Università di Padova non risulta alcun conferimento del titolo di dottore in utroque iure a Lollino, che alcuni sostenevano avesse preso nel 1583. Ciò che invece è significativo nel suo percorso culturale è il fatto che Lollino tanto nella città universitaria, come pure a Venezia, ove si ristabilì nel 1583, annodò significativi legami con i letterati più in vista. All’inizio degli anni Ottanta, Lollino aveva dato incarico a due monaci di Candia di trascrivere per lui antichi codici greci conservati nell’isola di Patmos: era l’inizio di una raccolta di codici manoscritti, alla quale egli attese con solerzia per tutta la vita e lo portò a costituirsi una notevole biblioteca di codici latini e greci, che nel suo testamento divise tra la Biblioteca Vaticana (codici greci) e la biblioteca del Capitolo (codici latini).

Nel frattempo Lollino fece conoscenza di un notevole prelato riformatore, che nutrì grande stima per il trentenne studioso: il cardinale Agostino Valier, vescovo di Verona. Con lui, Lollino fece il primo dei suoi due viaggi a Roma e grazie al vescovo Veronese poté conoscere personalmente Filippo Neri e due importanti porporati che all’attività di studiosi univano la sollecitudine per l’alto tenore spirituale e pastorale della Chiesa: Cesare Baronio e Guglielmo Sirleto. Entrò in contatto con importanti letterati romani, con i quali andò consolidando i suoi scambi culturali negli anni successivi. Il cardinale Valier, diede la possibilità a Lollino di incontrare anche il prelato che era riconosciuto già dai suoi contemporanei quale incarnazione del modello di vescovo delineato dal concilio: Carlo Borromeo.

Lollino che aveva intrapreso lo studio della teologia, il 13 aprile 1596 si addottorò a Padova in quella disciplina. Proprio quell’anno segnò l’inizio della seconda parte della sua esistenza. Il vescovo di Belluno, Giovanni Battista Valier, gravemente colpito da un cancro alla bocca, si era determinato a rinunciare alla diocesi e caldeggiò la nomina a suo successore del quarantaquattrenne Lollino, così stimato dal suo congiunto cardinale Agostino. Nel concistoro del 29 luglio Lollino veniva nominato vescovo di Belluno, ove egli fece il suo ingresso il 14 dicembre. Da quel momento, salvo che per brevi viaggi a Venezia, egli non si allontanò mai da Belluno. La sua fedeltà alla residenza in sede rende particolarmente ammirevole quest’uomo di Chiesa: egli che nella giovinezza aveva battuto il Mediterraneo orientale, egli che nell’età matura, sollecitato dalla sua sete di sapere, aveva viaggiato per molte città italiane per frequentare i maggiori centri culturali: Padova, Roma, Bologna, Urbino, Ferrara, Firenze, Cremona, ebbene quest’uomo si impegnava a non staccarsi da una delle sedi episcopali meno appetibili della Repubblica Veneta.

Le visite pastorali di Alvise Lollino

Se non mancano i contributi di notevole spessore scientifico sulla biblioteca del Lollino e sulla sua attività letteraria, manca ancora in verità un lavoro di ampio respiro sul suo ministero pastorale e sullo stile del suo governo episcopale a Belluno. Non nascondo che, dopo aver chiuso la prossima settimana un’opera sulla diocesi di Feltre nel Seicento e Settecento, avrei l’ambizione di dedicarmi, a partire dal prossimo autunno, alla vita della diocesi di Belluno sotto il governo pastorale del Lollino.

Accenno qui, solo per ricordare che ci sono, i due sinodi diocesani che egli celebrò a Belluno, a distanza di dieci anni, nel 1599 e nel 1608, e le lotte che sostenne con il Capitolo, in campo ecclesiastico, e con le autorità veneziane, in campo secolare, per affermare i diritti della giurisdizione vescovile.

In questo contesto mi soffermo sugli atti visitali conservati nell’archivio Diocesano, quale testimonianza di questa sua importante attività pastorale. Innanzitutto l’organizzazione degli stessi. Pur nel modo in cui sono attualmente conservati, ci sono tracce bastanti per concludere che il loro originario ordine di conservazione era diverso. I verbali non si trovavano in registri organizzati cronologicamente, in cui si susseguano i verbali delle visite alle parrocchie nell’ordine di tempo in cui venivano visitate; i verbali erano invece stesi su fascicoli dedicati ognuno ad una parrocchia. Ci resta ancora un numero consistente di fascicoli in cui sono scritti di seguito i verbali della visita della sola parrocchia a cui il fascicolo è dedicato.

Furono cinque le visite pastorali svolte da Lollino, ognuna delle quali più o meno diluita nel tempo: 1597-98, 1599-1604, 1607-1611, 1613-1614, 1618-1619. Alla vigilia della morte, nel 1624, Lollino visitò alcune delle curazie che facevan parte della pieve della cattedrale.

È da notare che in nessuna di queste visite Lollino è arrivato in tutte le parrocchie della diocesi, ma nella maggior parte di esse. La visita più completa fu la prima quella del 1597-98 in cui visitò le seguenti parrocchie: la cattedrale, Agordo, Canale d’Agordo, Pieve di Zoldo, Castion, Mussolente, Cadola, Pieve d’Alpago, San Gregorio, Sedico, Sospirolo e Limana. Un’eccezione è costituita dalla visita del 1613-1614, nella quale le parrocchie raggiunte furono appena quattro: Agordo, Canale d’Agordo, Sedico e Limana.

Ed ecco il secondo motivo (enunciato in apertura e che sviluppo solo ora) per cui le visite di Lollino sono interessanti: la metodologia, in particolare circa la raccolta di informazioni. Lollino arrivava nella parrocchia da visitare solitamente il pomeriggio. I fedeli guidati dal clero erano ad accoglierlo ai confini della pieve e in corteo lo scortavano alla parrocchiale. Non vi erano solennità liturgiche per quel giorno, Lollino si dedicava invece all’ispezione della chiesa parrocchiale e disponeva gli interventi da eseguire all’edificio o i provvedimenti da prendere per l’arredo liturgico.

Il giorno seguente era dedicato alle celebrazioni liturgiche che prendevano tutto il mattino, mentre nel pomeriggio erano interrogati, non in gruppo, ma singolarmente degli uomini di età diverse e di diverse località della parrocchia. E qui due elementi sui quali porre l’attenzione. Lollino interrogava un numero sempre notevole di testimoni, ciò comportava l’impiego di uno ampio arco di tempo. Ad esempio, giunto a Pieve d’Alpago il sabato 17 ottobre 1609, il pomeriggio di domenica inizia l’udienza dei singoli testimoni, che si protrae anche il mattino di lunedì 19 in quanto ne interroga sette; di essi il più anziano era Giovanni De Marco, di 70 anni, del villaggio di Borsoi, e il più giovane Girolamo Livinali, di 43 anni.

Anche nell’ultima sua visita, quella del 1618-1619, il numero dei testimoni interrogati, sempre uno ad uno separatamente, è assai alto: a Sedico tra il 29 e il 30 settembre 1619 interroga 12 fedeli; a Sospirolo interroga 6 testimoni e gli basta il giorno 2 ottobre; nella seguente pieve, San Gregorio, come già a Sedico, interroga 12 fedeli nell’arco di due giorni, il 5 e 6 ottobre.

Nella seconda e nella terza visita i testimoni esponevano prima le notizie di cui erano in possesso sulla vita dei fedeli e quindi sulla vita dei sacerdoti. Questo avviene seguendo una scaletta alquanto sommaria di argomenti. Circa i fedeli: la presenza di aderenti a eresie, di praticanti arti magiche, di pubblici peccatori, di persone che non osservano i digiuni e le astinenze; circa i preti: la condotta di vita e lo svolgimento del ministero (predicazione, insegnamento del catechismo, amministrazione dei sacramenti agli ammalati).

Invece nella visita del 1618-1619 siamo alla presenza di un vero e proprio questionario, assai dettagliato; una autentica griglia per raccogliere e ordinare dati sul clero che permette di farsi un quadro chiaro sulla vita e l’attività dei sacerdoti bellunesi in cura d’anime ad inizio Seicento. Il questionario è composto da 13 domande sui sacerdoti e una finale, generica sui laici. È bene che sentiamo come il vescovo Lollino raccoglieva informazioni sui suoi preti dai fedeli nel corso della sua ultima visita:

  1. Predica la domenica e nelle feste comandate?
  2. Celebra la Messa degnamente?
  3. Insegna il catechismo?
  4. È sollecito ad esercitare la cura d’anime?
  5. È morto qualcuno senza ricevere gli ultimi sacramenti?
  6. In quale modo viene portata la comunione agli ammalati?
  7. Con le sue azioni ha mai suscitato scandalo tra i fedeli?
  8. Ha dato scandalo a causa di relazioni con qualche donna?
  9. Esercita qualche genere di commercio o attività di lucro?
  10. Tiene nella casa canonica persone che sono motivo di scandalo per i fedeli?
  11. Dà lettura in chiesa dei decreti vescovili?
  12. Si assenta dalla pieve?
  13. Fa i conti amministrativi delle chiese?
  14. La vita dei laici, soprattutto circa la presenza di pubblici peccatori.

Alvise Lollino chiuse la sua vita terrena a Belluno il 28 marzo 1625. Il suo fu uno degli episcopati più lunghi della vita della Chiesa di Belluno, ma soprattutto uno dei più significativi.