A cura di don Ezio Del Favero

118 – Le pietre di cinque colori

A quelle creature diede il nome di uomo, che secondo i pittogrammi cinesi significa “stare in piedi”, mentre gli animali camminano a quattro

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Un tempo – racconta la tradizione cinese – non vi era alcuna forma di vita nel mondo. Un giorno, la dea Nüwa scese sulla Terra per fare una passeggiata e si mise a impastare l’argilla, modellando delle figurine a sua immagine per poi, con il suo potere, insufflare in esse la vita. A quelle piccole creature diede il nome di uomo, che significa, secondo i pittogrammi cinesi (), “stare in piedi”, a differenza degli animali che camminano a quattro zampe.

Passati molti anni dalla creazione, si verificò un evento grave. Il dio delle Acque (Gong Gong) e il dio del Fuoco (Zhurong), si dichiararono guerra per scoprire chi sarebbe diventato il padrone del mondo. Il dio delle Acque insieme a due complici arrivarono su di una grande zattera per combattere il dio del Fuoco. Questi sputò con forza fiamme e fumi sui suoi nemici che si trovarono circondati da tutti i lati. I due complici perirono, mentre Gong Gong, rendendosi conto che era impossibile per lui resistere più a lungo dopo la perdita dei suoi compagni, fu costretto a fuggire.

Umiliato dalla schiacciante sconfitta, l’orgoglioso e arrogante Gong Gong, folle di rabbia, nella sua furia colpì con la testa il monte Buzhou che si mise a tremare come vi fosse un terremoto. Ora, quel monte era uno dei quattro pilastri che sostenevano il cielo. A causa della colonna spezzata, una sezione di cielo crollò, lasciando un enorme vuoto. La terra s’incrinò e le acque sgorgarono dalle profondità del terreno, cosicché fiumi, laghi e oceani sommersero le rive e causarono gravi inondazioni. Le foreste presero fuoco – in quanto il crollo del monte aveva liberato il Drago Nero sputafuoco e divoratore di esseri umani – e le bestie feroci uscirono dalle tane e dai rifugi per scagliarsi contro gli uomini.

Assistendo al flagello causato dalla rabbia di Gong Gong, la dea creatrice decise di riparare la volta celeste danneggiata per salvare l’umanità a rischio di estinzione. Dopo aver ben riflettuto, la dea Nüwa andò a raccogliere sulle montagne pietre di cinque colori diversi, le fece fondere con il fuoco e preparò una specie di calce per riparare il monte Buzhou. Poi bruciò interi campi di canne e, con la cenere, fabbricò degli argini per contenere le ondate d’acqua. Inoltre la dea catturò e mise a morte la belva più feroce, ovvero il Drago Nero divoratore di uomini e donne. Terrorizzati da quella punizione esemplare, gli altri animali si rifugiarono sulle montagne e non osarono più attaccare gli esseri umani.

Dal momento della sua riparazione dopo il disastro, il cielo rimase leggermente ricurvo. Ecco perché le popolazioni locali cominciarono a dire: «Questo è il motivo per cui il Sole, la Luna e le Stelle scivolano da un lato, mentre i fiumi scorrono nella direzione opposta!».

D’allora apparvero anche le quattro stagioni dell’anno, come anche il giorno e la notte. Mentre la Terra cominciò a essere bene irrigata e la vegetazione divenne fiorente. Così l’umanità non solo si salvò, ma grazie alla sua dea creatrice divenne ancora più bella e più rigogliosa.

Da parte sua, la dea Nüwa, terminati i suoi compiti, lasciò gli esseri umani sul suo carro di fulmini e volò verso il nono cielo per riferire della sua missione all’Imperatore Celeste.

 

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La parabola – raccolta in Cina – è un mito eziologico, che spiega l’origine del mondo, degli esseri umani, delle stagioni annuali, del giorno e della notte… Nella tradizione cinese, i miti sulla Creazione e sulla dea Nüwa sono tantissimi e alcuni risalgono addirittura a prima della nascita di un popolo cinese propriamente detto. In tutti quei miti Nüwa sarebbe una dea con forma di donna dalla testa fino alla vita e con forma di serpente o di pesce (a seconda dei racconti) dalla vita in giù.

Racconta una tradizione simile alla suddetta parabola: «Nüwa si sentiva sola e vagava senza una meta. Un giorno, giunta sulle rive del fiume Giallo ebbe un’idea. Plasmò con l’argilla prima la donna e poi l’uomo. Per infondere loro vita soffiò nella donna un po’ di Yin e nell’uomo un po’ di Yang. Ora che le sue creature erano vive iniziarono a farle compagnia e a venerarla e lei, per assicurarsi che questo non finisse, regalò loro il matrimonio. Da quel momento l’umanità fu in grado di riprodursi e di popolare il pianeta».

Un altro mito racconta: «La dea Nüwa diede vita anzitutto agli uomini neri, che furono però cotti un po’ troppo; poi limitando eccessivamente i tempi di cottura sfornò gli uomini bianchi, che furono cotti troppo poco. Finalmente sfornò gli uomini gialli, che furono quelli giusti. Inoltre mentre Nüwa attendeva che le figure da lei create si asciugassero, alcune furono colpite e sciolte dalla pioggia. In questo modo nacquero le malattie e le deformità…».