A cura di don Ezio Del Favero

120 – I due fratelli Gelo

I fratelli si misero a discutere su chi avrebbero congelato. Naso-Blu, che era il più giovane, propose: «Io preferirei il contadino»

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I due fratelli Gelo passeggiavano tra i campi in mezzo ai monti, saltellando da una gamba all’altra e scuotendo le braccia. Il primo chiese: «Naso-Rosso, che cosa potremmo fare per divertirci? Congeliamo un po’ di persone?». L’altro ribatté: «Naso-Blu, se vogliamo congelare le persone, non dobbiamo rimanere qui. I campi sono tutti coperti di neve; le strade sono impraticabili; nessuno passerà di qui. Spostiamoci nella foresta, dove c’è meno spazio, ma sarà più divertente. Lì sarà più facile incontrare qualcuno».

Detto fatto, i fratelli Gelo partirono per la foresta. Correvano, divertendosi lungo la strada, saltellando da una gamba all’altra e spezzando i rami degli abeti e dei pini. Appena passavano sopra la neve soffice, si formava immediatamente uno strato di ghiaccio. Se qualche filo d’erba emergeva dalla neve, soffiavano e lo coprivano di gelo.

Improvvisamente, i due fratelli sentirono una campanella da una parte e un sonaglio dall’altra; la campanella annunciava l’arrivo di un “barine” (signore rispettabile), e il sonaglio quello di un “moujik” (contadino affrancato dalla schiavitù).

I fratelli si misero a discutere su chi avrebbero congelato. Naso-Blu, che era il più giovane, propose: «Io preferirei il contadino, più facile visto il suo caftano vecchio e rattoppato, il suo cappello bucato e i suoi miseri sandali. Penso stia andando a tagliare gli alberi. Mentre tu, che sei più forte, potresti inseguire il signore con la pelliccia d’orso, il berretto di volpe e gli stivali di pelle di lupo. Io non potrei combattere contro di lui!».

Naso-Rosso sorrise: «Sei ancora giovane, fratello! Facciamo come suggerisci: tu corri dietro al moujik, io mi occupo del barine. Ci ritroveremo stasera e allora sapremo chi avrà riscontrato maggiori difficoltà». Così si separarono per incontrarsi più tardi col resoconto delle reciproche imprese.

Al tramonto: «Ah! Naso-Rosso, immagino che tu sia molto stanco e che non sia stata un’impresa facile con il nobile signore!». Il fratello più vecchio cominciò a ridere: «Tu sei giovane e innocente! Il mio l’ho conciato così bene che gli ci vorrà del tempo per riscaldarsi di nuovo!». «E la pelliccia, il berretto e gli stivali?». «Non è stato difficile! Mi sono intrufolato nel suo cappotto, sotto il berretto e dentro i suoi stivali e ho iniziato a congelarlo! Mentre lui pensava: “Cercherò di non fare alcun movimento, forse in questo modo il gelo avrà meno presa su di me!”. Così ha peggiorato la situazione e hanno dovuto portarlo in paese quasi moribondo. E a te com’è andata?».

Il più giovane raccontò: «Mi sa che mi hai giocato un brutto scherzo! Perché non mi hai fatto capire, prima, la difficoltà dell’impresa? Pensavo di congelare il contadino, invece è stato lui a conciarmi per le feste! Stava andando a tagliare la legna quando ho iniziato a colpirlo, ma lui non si è scomposto, anzi mi ha canzonato “Gelo di qua, gelo di là”. Offeso, ho iniziato a colpirlo, pungendolo forte, ma ello è sceso dalla slitta, ha preso l’accetta e si è messo al lavoro. Pensando di sconfiggerlo, sono entrato sotto il suo caftano e ho iniziato a morderlo. Ma egli brandiva la sua accetta con tanta forza che le schegge di legno volavano su tutti i lati e il sudore gli copriva la fronte. A quel punto non potevo più stare sotto il suo caftano, visto il vapore che emanava, e mi sono allontanato rapidamente. Il contadino lavorava senza interruzione e, invece di sentire il freddo, provava caldo, al punto che si tolse anche il caftano. Allora mi rimisi all’opera: il caftano era umido per cui mi precipitai lì e lo gelai, indurendolo come pietra. Quando il contadino finì il suo lavoro e si avvicinò al caftano, prima si mise di nuovo a canzonarmi “Gelo di qua, gelo di là”, poi prese un grosso bastone pieno di nodi e cominciò a battere l’abito, con tutta la sua forza. Mi colpiva e mi insultava senza interruzioni. Avrei dovuto salvarmi, ma ero così intrappolato nella lana del caftano che non riuscivo proprio a uscirne. E lui si accaniva contro di me! Alla fine, pensai che così mi avrebbe completamente spezzato le ossa, per cui, con estrema difficoltà, uscii dal caftano e mi diedi alla fuga. Le mie costole sono ancora doloranti!».

«Un’altra volta – disse il fratello più vecchio – avrai più esperienza, starai più attento, sarai più saggio e saprai come comportarti!».

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La parabola – rielaborata da un racconto di Lev Tolstoj (1828-1910) – è tratta dalla letteratura popolare russa e insegna a essere scaltri e furbi, per non soccombere nelle difficoltà. L’esperienza, l’umiltà, l’età e l’aiuto degli altri contribuiscono a diventare saggi.